Cronache

Emirati vietano passaggio all'aereo dei giornalisti italiani in Afghanistan

Italia-Emirati: rapporti complicati, inaspriti dal divieto italiano all'export di armi ad Abu Dhabi

L'Italia lascia l'Afghanistan, sgarbo degli Emirati Arabi

 La cerimonia dell'ammainabandiera per il ritiro delle truppe italiane dall'Afghanistan e' stata rovinata dagli Emirati Arabi Uniti: Abu Dhabi ha negato il passaggio nel suo spazio aereo al C130 dell'aeronautica militare che portava giornalisti e militari a Herat per l'evento. Su indicazione del ministro, Luigi di Maio, la Farnesina ha convocato l'ambasciatore emiratino al quale il segretario generale, Ettore Sequi, non ha nascosto "la sorpresa e il forte disappunto per un gesto inatteso che si fa fatica a comprendere".

“Mi dispiace per i disagi che avete subito sul volo per arrivare qua – si è limitato a dichiarare Guerini durate il suo intervento a Herat – La questione è di carattere diplomatico rispetto a decisioni che erano state assunte e garantite”.

Uno sgarbo, con l'aggravante che la tratta di volo era stata inizialmente autorizzata, ma che si innesta su rapporti complicati, inaspriti dal divieto italiano all'export di armi ad Abu Dhabi e dal supporto emiratino, con armi e mercenari, all'esercito guidato in Libia dal generale Khalifa Haftar.

Le autorita' emiratine sono state irremovibili, riservandosi fino all'ultimo di dare un via libera che poi non e' arrivato. Dopo un lungo scalo nell'aeroporto saudita di Dammam, il C130 e' decollato verso l'Afghanistan, con una rotta piu' lunga per aggirare il territorio degli Emirati. Il volo e' arrivato a Herat in tempo per la cerimonia, in cui il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, ha avvertito che nel Paese la sfida "e' ancora aperta": "Dobbiamo continuare ad essere al fianco degli afghani. I nemici della pacificazione cercheranno di fermare questo processo", ha avvertito, "continueremo a fare la nostra parte".

"Non abbandoniamo il personale civile afghano che ha collaborato con il nostro contingente ad Herat e le loro famiglie", ha assicurato il ministro, "270 sono gia' stati identificati e su altri 400 si stanno svolgendo accertamenti. Verranno trasferiti in Italia a partire da meta' giugno". Un modo per non esporli a ritorsioni dopo il completamento del ritiro. Si conclude cosi' il piu' imponente sforzo logistico-militare italiano in un teatro operativo all'estero, uno sforzo costato la vita a 53 italiani.

La cerimonia si e' svolta nella base di Camp Arena, a Herat, presente anche il capo di Stato Maggiore della Difesa, generale Enzo Vecciarelli, dopo 20 anni di missione in una provincia importante e delicata per gli equilibri politici del Paese asiatico; e dove l'Italia, con le sue attivita' di cooperazione civile ad ampio spettro - dall'istruzione alla sanita', alla parita' di genere -ha giocato un ruolo fondamentale. Anche il ritiro delle truppe americane procede di gran carriera, e' gia' stato completato al 50% e si prevede che verra' ultimato prima della scadenza dell'11 settembre indicata dal presidente americano, Joe Biden.

In parallelo, pero', procede l'avanzata dei talebani: nelle ultime 24 ore due nuovi distretti sono caduti nelle mani dei miliziani, ora in totale sono 11. E c'e' il timore che la stessa Kabul possa cadere nelle mani dei miliziani nel giro di qualche anno. 

Afghanistan, truppe italiane lasciano dopo 20 anni. Bilancio: 53 soldati morti

L'Italia dopo 20 lunghissimi anni dice basta alla guerra in Afghanistan. La decisione è stata presa dalla Nato. "Ma sosterremo questo Stato nel difendere i successi raggiunti", dice il ministro della Difesa Lorenzo Guerini. Assieme - si legge sul Corriere della Sera - al capo di Stato maggiore, generale Enzo Vecciarelli, ricordano i 53 militari caduti.

"Non sono morti invano. L’Italia ricorderà sempre", ribadiscono. Dal 15 maggio il processo di ritiro è stato accelerato. «Ormai è solo una questione pratica. Stiamo andando veloci. Sino a poche settimane fa avevamo decine di migliaia di metri lineari di materiali da essere imballati e messi sugli aerei. Ora ne restano meno di mille», aggiunge il generale Luciano Portolano, che coordina la logistica per il Comando Operativo Interforze, lasciando intendere che anche gli ultimi circa 800 paracadutisti della Brigata Folgore al comando del generale Beniamino Vergori (un veterano dell’Afghanistan), assieme alle unità di supporto dell’Aviazione potranno lasciare il Paese addirittura prima del 4 luglio. Campo Arena è già vuoto.

L’intera missione internazionale - prosegue il Corriere - se ne va accompagnata dall’incubo dell’avanzata talebana, il timore che Al Qaeda e Isis approfittino del nuovo «Stato fallito» per allargare le loro basi locali utilizzandole come trampolino di lancio per le operazioni all’estero. I discendenti del Mullah Omar nei negoziati di Doha con gli americani e il governo di Kabul promettono «un futuro di pace» e che loro saranno diversi dal tempo in cui davano asilo a Osama Ben Laden. Intanto però numerose scuole per ragazze vengono chiuse o limitate nei loro programmi, cresce il numero degli ufficiali governativi, soldati e poliziotti afghani rapiti o uccisi giorno dopo giorno nei territori sempre più vasti che via via cadono sotto il loro controllo.