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Cronache
Carne coltivata, parla Biressi: unico scienziato in grado di produrla
Carne coltivata, nel cerchio il Professor Stefano Augusto Maria Biressi

Carne coltivata vietata in Italia, il no del governo, e il dissenso della comunità scientifica

Lo stop alla carne coltivata – erroneamente chiamata sintetica – sancito dal voto della Camera di ieri impone l’altolà alla produzione, ma non ferma la ricerca che (almeno per ora) non è illegale. Semmai, il paradosso più evidente risiede nel tentativo di vietare qualcosa che non è sul mercato, e che si trova ancora in una fase di studio e sviluppo. Da qui nascono tutte le perplessità della comunità scientifica.

La rissa tra Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, e Benedetto Della Vedova, deputato di +Europa è solo la punta dell'iceberg della questione sul divieto di produrre e commercializzare carne coltivata, e innumerevoli sono le contraddizioni del veto imposto dal governo Meloni. Pochi nutrienti, costi alti,  impatto penalizzante sugli allevatori e il Made in Italy, rischio di tumori derivanti: queste solo alcune delle critiche avanzate nei confronti della carne coltivata.

Nonostante ci si trovi in una fase sperimentale attiva, in Italia la ricerca ha trovato ampio spazio accademico all'Università di Trento. Per fare chiarezza e comprendere meglio l'argomento, affaritaliani.it ha interpellato il professore Stefano Biressi, l'unico scienziato italiano impegnato nella ricerca e progresso della carne coltivata, nonché associato al Dipartimento di Biologia cellulare, computazionale e integrata dell’Università di Trento, ma anche collaboratore della startup Bruno Cell, tra le pochissime realtà attive sul fronte della carne a base cellulare.

Professor Biressi, passa il no del Parlamento riguardo la produzione e commercializzazione della carne coltivata: che cosa ne pensa la comunità scientifica?

C’è preoccupazione per questa presa di posizione e per l'approvazione di questa legge. Non ne capisco i motivi e non riesco a cogliere questi aspetti di rischio per la salute. Non riesco a comprendere l'idea di un protezionismo verso un particolare prodotto, siamo un paese che non è autosufficiente nella produzione della carne bovina e suina, siamo molti lontani dall'autosufficienza.

E che cosa dice a chi la definisce una carne "sintetica"?

Siamo tutti vittime di una manipolazione mediatica, la comunità scientifica non usa questa parola ed è stata inventata per suscitare una reazione negativa nella comunità pubblica.

Se da un lato ministro all'Agricoltura Lollobrigida spera che "l'esempio italiano venga seguito a livello europeo”, sorge inevitabilmente il dubbio sui rischi che l'Italia potrebbe correre se l'Europa dovesse concedere la commercializzazione di prodotti a base di carne coltivata.

Secondo le normative europee noi non potremmo impedire che i produttori esteri la vendano in Italia, questo di fatto ci esporrebbe ancor di più a una competizione all'estero. Poter produrre carne coltivata in Italia ci renderebbe più autosufficienti e ci permetterebbe di liberarci. Stiamo rinunciando alla possibilità di essere più autonomi, si parla tanto di autonomia nazionale, ma questa presa di posizione va in senso opposto.

A che punto sono gli altri paesi Ue?

La consumazione per uso umano in Ue non è stata ancora approvata da nessuno, è un prodotto che non viene ancora commercializzato e prodotto in Europa. È chiaro che ci sono aziende che si stanno muovendo in quella direzione, ed è plausibile che presto ci sarà una richiesta di autorizzazione che sarà valutata dagli organi competenti europei. In questo senso l'Italia sta retrocedendo piuttosto che favorendo il progresso.

Molti ritengono che la produzione di carne coltivata vada a minare il settore agricolo, ritiene che il progresso possa distruggerlo?

I processi di produzione della carne coltivata dipendono fortemente dal mondo agricolo: molti degli ingredienti che vengono usati per la nutrizione delle cellule sono proprio di origine agricola. Non vedo competizione tra i due mondi, ma piuttosto una possibilità di coesistere, e di farlo con successo partendo dalla riduzione delle importazioni dall'estero.

E sulla salvaguardia del Made in Italy?

Non capisco la questione del Made in Italy, e ne parlo con la stessa autorevolezza di altri italiani. Ci si sta cristallizzando in frasi fatte che non capisco. L'Italia ha tutte le carte in regola, in termini di carne coltivata, per potersi esprimere con successo a livello mondiale. Abbiamo imprese di altissimo livello tecnologico, e alcune delle tecnologie sono simili a quelle che verrebbero utilizzate per produrre la carne coltivata. Si può fare un made in Italy di qualità anche con la carne a base cellulare.

Giorgio Calabrese, presidente del Comitato nazionale sulla sicurezza alimentare, sostiene che il consumo di carne coltivata vada a bloccare alcuni geni che danno una condizione di freno allo sviluppo delle cellule tumorali. Lei che cosa risponde?

Leggo con molto stupore alcune dichiarazioni perchè il punto cruciale sulla falsa propaganda riguardo la carne coltivata è che i tumori non si trasmettono per via orale, per quanto ne sappiamo noi comunità scientifica. Non trovo rilevanti queste questioni. Potrebbe avere senso l'ipotesi del tumore solo se io trapiantassi delle cellule vive nel paziente.

A che punto si trova la ricerca?

Non siamo ancora ad un prodotto definitivo. Al momento sono ibridi, metà vegetali metà carni, con prezzi elevati e quantità ridotte. Siamo "all'infanzia" della ricerca che proprio adesso andrebbe stimolata piuttosto che limitata.

Dopo il veto, che prospettive ha per il futuro? È ottimista?

Noi facciamo oggi la ricerca che facevamo ieri. Non siamo diventati illegali. Viviamo dei finanziamenti dei privati e dell'imprenditoria, che di fronte all'impossibilità di convertire la scoperta in qualcosa di produttivo e renderlo reale, prima o poi potrebbero tirarsi indietro e smettere di finanziarci. Siamo preoccupati che la ricerca ne risenta.

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