Cronache

Caso Ramy, né con i criminali né con i carabinieri. Il commento

Nessuno può essere dalla parte di chi scappa o di chi ignora le regole. Ma neppure si può sorvolare sulle dinamiche di un intervento che, forse, poteva avere un epilogo diverso

di Marco Scotti

Caso Ramy tra la responsabilità di chi fugge e la revisione di alcune procedure operative. Il commento 

La vicenda di Ramy è una di quelle che dividono l’Italia in due schieramenti opposti. Da una parte, chi difende i carabinieri senza riserve, vedendoli come pilastri dell’ordine e della sicurezza. Dall’altra, chi li accusa di abuso di potere e di eccesso di zelo. Ma questa storia, come spesso accade, non si lascia incasellare in una semplice dicotomia.

Il video emerso ieri, che mostra la dinamica dell’inseguimento, lascia emergere molti interrogativi. Chi scappa all’alt delle forze dell’ordine commette un errore gravissimo, mettendo in pericolo non solo se stesso ma anche chiunque si trovi sulla strada. Le procedure di controllo sono chiare: chi si sottrae deve essere fermato. Non c’è spazio per ambiguità o per giustificazioni su questo punto.

Ma un inseguimento di otto chilometri in città solleva dubbi legittimi. Era davvero necessario proseguire così a lungo per fermare due ragazzi che non erano stati colti in flagranza di reato? È stata valutata con attenzione la pericolosità dell’operazione? Guardando quelle immagini, viene spontaneo chiedersi se non si poteva agire diversamente, con meno rischi per tutti.

La tragedia di Ramy ci obbliga a riflettere su due fronti: il primo, la responsabilità personale di chi fugge, ignorando un ordine chiaro. Il secondo, l’opportunità di rivedere certe procedure operative per garantire sicurezza senza trasformare le strade in un campo di battaglia.

Nessuno può essere dalla parte di chi scappa o di chi ignora le regole. Ma neppure si può sorvolare sulle dinamiche di un intervento che, forse, poteva avere un epilogo diverso. E tra il video e le domande che lascia aperte, c’è una verità che ancora va cercata.

 

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