Cronache

"Con azioni legali infondate e all'estero a rischio la libertà di stampa"

Lorenzo Zacchetti

Intervista all'Avv.Caterina Malavenda, massima esperta del tema: "Bisognerebbe introdurre l'obbligo di versare una cauzione parametrata al danno che si chiede"

Questa potrebbe essere una buona soluzione, ma ovviamente dovrebbero pensarla così anche i parlamentari che dovrebbero fare una legge apposita. E spesso sono proprio i politici a intentare queste azioni contro i giornalisti...
Certo, sarebbe come chiedere ai tacchini di festeggiare il Natale. Aggiungo un'altra cosa: le indennità parlamentari non sono pignorabili. Se vinco una causa, intentata da un parlamentare che non rimborsa le mie spese, non posso aggredire quell’emolumento, quindi, a meno che non abbia altri introiti o beni intestati da poter pignorare, non recupero nulla! Ecco perché i giornalisti sono in una posizione difficile: se perdono la causa, devono pagare, oltre alle spese legali, anche risarcimenti, spesso molto elevati, che fanno passare la voglia di fare questo mestiere; se vincono è molto difficile che riescano a recuperare i soldi dalla controparte. C'è quindi uno sbilanciamento economico assai incisivo

Com'è la situazione negli altri Paesi?
Negli Stati Uniti le condanne sono molto severe, ma arrivano solo in sede civile e solo se vengono diffusi consapevolmente fatti falsi e diffamatori, dunque comportamenti molto più netti, da parte dei giornalisti, che non possono essere perseguiti, invece, per le opinioni espresse. In Inghilterra la diffamazione è stata depenalizzata e i processi civili per diffamazione sono meno frequenti. Però sono contesti diversi: il diritto anglosassone applica la "common law", cioè tiene conto dei casi precedenti, mentre il nostro applica i principi, tratti dalle sentenze. Il problema comunque è diffuso, tant'è che la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ha sanzionato diversi paesi membri, tra cui Francia e Belgio, per alcune condanne, inflitte ai giornalisti

Un trend degli ultimi tempi sono le cause civili intentate all'estero. Come funzionano?
E' un problema che riguarda anche piccoli giornali, che distribuiscono anche solo poche copie all'estero e, ovviamente, quelli online, che possono essere letti ovunque. Facendo cause in Paesi esteri, si aggravano le spese, necessarie per difendersi. Mi è capitato di seguire una causa in Inghilterra, per un articolo scritto in Italia, e ci sono stati costi aggiuntivi per circa 80.000 euro, tra traduzione degli atti e spese legali, anche se è andata bene e la controparte probabilmente le rimborserà

Con che criterio si può fare causa all'estero?
I ricorrenti intentano cause civili nel Paese dove, secondo la loro tesi, si è verificato il danno. Quindi se abbiamo a che fare con un'azienda che ha più sedi internazionali, essa può sostenere che, su un determinato mercato specifico, è stata danneggiata da un articolo, letto anche in quel determinato Paese e, in campo civile, la causa può essere promossa là dove si è verificato il danno.