Cronache
"Con azioni legali infondate e all'estero a rischio la libertà di stampa"
Intervista all'Avv.Caterina Malavenda, massima esperta del tema: "Bisognerebbe introdurre l'obbligo di versare una cauzione parametrata al danno che si chiede"
Mi occupo della materia ormai da 35 anni e di azioni legali ne ho viste tante, ma direi che solo il 20% circa era palesemente finalizzato solo a creare problemi alla controparte. Questo perché la diffamazione presenta profili di forma, oltre che di sostanza, e quindi lascia molto spazio alla legittima discrezionalità del giudice. Dei tre requisiti già citati, quello della verità del fatto è il più semplice da accertare, mentre sono da interpretare sia il suo interesse pubblico, che la continenza nel raccontarlo. Basti pensare al caso in cui si accostino alcuni fatti veri, dando luogo ad una ulteriore informazione diversa, lesiva e non vera. Per questo motivo, i casi in cui un'azione parte senza effettiva attinenza con la realtà sono piuttosto rari, anche perché gli avvocati fungono da primo filtro, rispetto alle intenzioni dei loro clienti, sconsigliando loro di procedere, se non ci sono i presupposti. Poi, ovviamente, è il cliente a decidere il da farsi, anche chiedendo di agire ugualmente. Mi è effettivamente capitato di vedere cause senza capo ne' coda, ma non sono certo la maggioranza
Secondo lei, queste azioni mettono a rischio la libertà di stampa e quindi richiederebbero un intervento da parte del legislatore?
Purtroppo la libertà di stampa si esercita anche attraverso la capienza economica: se ti condannano a pagare 20.000 euro, ogni volta che scrivi qualcosa e sbagli, magari in buona fede, alla quarta volta, se non hai forti introiti, chiudi il giornale o il sito! Diciamo che rischia di essere indirettamente compromessa dai rischi economici che fare informazione comporta. Se ti fanno causa, tu comunque devi pagare un avvocato che ti difenda. Solo in sede civile, se vinci, le spese deve pagarle la controparte, sempre che abbia i soldi per farlo, o meglio beni aggredibili, se non lo fa spontaneamente. Altrimenti, ti ritrovi con un credito che non potrai mai riscuotere. Il sistema in questo momento non garantisce a chi vince la certezza di recuperare ciò che gli spetta. Quindi la somma che spendi per difenderti è comunque un esborso, quindi un “danno” che subisci, anche se esci vincitore dalla contesa legale. E ci sono tanti modi per sottrarre i beni al pignoramento: basta intentare la causa come persona fisica e avere profitti solo da una società, che non può essere aggredita, in quanto estranea al processo; o avere dei beni all'estero e, quindi, difficili da scovare e pignorare, per fare solo due esempi. Per risolvere il problema, basterebbe obbligare chi intenta una causa civile a depositare una sorta di cauzione, parametrata in percentuale al danno di cui chiede il ristoro, a garanzia della controparte: se vinci, te la riprendi, altrimenti la si usa per ripagare il convenuto