Cronache
I rischi dello smartphone come "ciuccio digitale" - I consigli della psicologa
"Fare i genitori è difficile e nessuno ce lo insegna, ma usare la tecnologia come scorciatoia è pericoloso. Vi spiego perchè"
Intervista a Sabrina Priulla, Psicologa - Responsabile Progetti Piramis Onlus
Siamo in un mondo ultramoderno, cosa pensa dei genitori super moderni?
"Il progresso viaggia veloce e può essere molto positivo. È l’utilizzo che viene fatto di questa modernità che può diventare positivo o meno, nel caso dei genitori non condivido l’utilizzo della tecnologia come ciuccio digitale".
"Ciuccio digitale", cosa intende?
"Alcuni genitori mi raccontano di aver usato il cellulare a tavola per calmare i bambini nelle prime occasioni di capricci e poi questa è diventata un’abitudine. Ma perché i bambini davanti allo schermo smettono immediatamente di urlare, di agitarsi o di disperarsi? È vero che lo schermo ha un positivo effetto calmante? Secondo gli esperti che si occupano del benessere dei bambini, accanto a questa interpretazione c’è il grande rischio di alimentare in questo modo una dinamica di dipendenza. Apparentemente il bimbo davanti allo schermo sembra aver placato il suo disagio, ma la verità è che in realtà semplicemente se ne dissocia. Il bambino non elabora la sua emozione, semplicemente, calmandosi davanti allo schermo, impara a non sentire più ciò che gli accade dentro. Il ruolo dell’adulto è invece quello di insegnare al bambino a risolvere (non a negare o a dimenticare) il suo disagio emotivo, attraverso le relazioni con gli altri. Nei primi anni di vita “gli altri” sono generalmente la mamma e il papà e poi gli educatori, gli insegnanti, i compagni e gli amici. Nel confronto con “l'altro”, fatto di parole, di sguardi e di contatto, il bambino impara a riconoscere e a capire le proprie emozioni, a comprendere e poi gestire il proprio disagio. Ognuno di noi, soprattutto in tenera età, ha diritto ad affrontare la propria frustrazione, a sentire la delusione, a vivere le proprie emozioni per imparare a conoscerle e a gestirle. Utilizzare un cellulare per interrompere un pianto può essere comodo, soprattutto se si ha fretta, si è in pubblico e ci si sente in difficoltà. Ma pensiamo davvero che sia la soluzione migliore? Il bambino così non gestisce le sue emozioni, le blocca!".
Perché i genitori non sanno gestire queste emozioni dei più piccoli e cercano una scorciatoia?
"Questa credo che sia la domanda delle domande. Il compito genitoriale è sicuramente complesso e nessuno ci insegna ad essere genitori. Né tanto meno bravi genitori. Non esiste la ricetta magica. Esistono però delle linee guida, a seconda dei diversi approcci scientifici, che possono supportare questo compito. La tecnologia ha forse complicato maggiormente il lavoro genitoriale. Non solo per definire al meglio come e quando avvicinare i propri figli all’uso della tecnologia ma soprattutto per il fatto che, spesso, sono proprio i genitori che abusano dello smartphone, sottraendo così tempo per stare con i bambini a favore dei vari social network. La frase più comune, nelle ricerche condotte riguardo al rapporto tra i ragazzi, la tecnologia e la famiglia, è «un attimo». Esattamente quella che dice il genitore al figlio che lo sta chiamando, mentre ha lo smartphone in mano. Per quanto riguarda l’età per l’accesso dei figli agli smartphone e al mondo digitale purtroppo continua ad abbassarsi, nonostante ci siano molti inviti a non farlo. La Società italiana di pediatria giudica non opportuno proporre ai bambini dispositivi digitali prima dei due anni e comunque invita i genitori a non utilizzare mai lo smartphone per calmare o distrarre i bambini, durante i pasti o prima di andare a dormire. Le stesse case produttrici di cellulari ne consigliano l’uso solo dopo i 13 anni. Se poi entriamo nel merito dei social network sappiamo ormai che l’età per l’accesso è stata regolamentata. Ma se il genitore permette al figlio di utilizzarlo, non c’è nessun obbligo di legge che possa evitarlo. I genitori devono ricordarsi di avere la responsabilità genitoriale. E devono sapere dire di no. Per il bene dei bambini e dei ragazzi".