Cronache
I tatuaggi rafforzano il sistema immunitario, ecco perchè
Alcuni danni alla pelle, somministrati da un professionista che utilizza attrezzature sterili, potrebbero addirittura mantenere attive le cellule immunitarie
Sandrine Henri, immunologa presso il Centro d’immunologia di Marsiglia-Luminy, in Francia, e i suoi colleghi hanno scoperto che il gusto dei macrofagi per l’inchiostro può spiegare in parte perché i tatuaggi resistano così tenacemente, anche dopo la morte delle cellule. Alla fine dei giorni o delle settimane di vita di un macrofago, questo comincia a disfarsi, rilasciando il pigmento al suo interno. Ma quell’inchiostro viene immediatamente raccolto e divorato da un altro macrofago nelle vicinanze, che prende più o meno il posto del suo predecessore, a non più di qualche micrometro di distanza, meno della larghezza di un capello umano.
Nel corso del tempo i bordi dei tatuaggi possono diventare un po’ più sfumati man mano che l’inchiostro passa da una cellula all’altra. Un po’ di pigmento può anche finire nei linfonodi. Questi importanti centri immunologici sono normalmente di colore bianco sporco. Ma nelle persone molto tatuate possono diventare “del colore dell’inchiostro”, dice Gary Kobinger, immunologo presso il Galveston National Laboratory della facoltà di medicina dell’Università del Texas. In linea di massima, tuttavia, l’inchiostro rimane all’interno dei macrofagi e quindi non si muove. Si ritiene che questa infinita staffetta fatta d’ingestione, rigurgito e reingestione, dice Henri, spieghi anche perché è così difficile rimuovere i tatuaggi con il laser. Potrebbe essere anche una delle ragioni per cui i tatuaggi “temporanei” di alcune nuove aziende non svaniscono come invece pubblicizzato.
Gli scienziati non sono ancora sicuri del fatto che questo intasamento d’inchiostro dei macrofagi abbia delle conseguenze. “E se li obbligasse a occuparsi di questi grumi di pigmento estraneo invece di effettuare la sorveglianza immunitaria?”, si è chiesta Morrison. I macrofagi bloccati potrebbero essere meno capaci di assorbire sostanze più pericolose, come gli agenti patogeni. Uno studio pubblicato l’anno scorso ha rilevato che il pigmento dei tatuaggi potrebbe alterare le proteine che essi producono e i segnali che inviano alle altre cellule. Tutto questo potrebbe non significare nulla, oppure che la cellula inizia a reagire in modo eccessivo o insufficiente al materiale di origine estraneo, mettendo potenzialmente il sistema immunitario in una posizione di svantaggio qualora un nuovo tatuaggio finisca per infiammarsi, infettarsi o scatenare allergie.
Le infezioni sono rare con i tatuaggi – si verificano al massimo nel 5 o 6 per cento dei casi – e sono perlopiù d’origine batterica. Ma in casi molto, molto rari, gli appassionati di body-art possono ritrovarsi con virus pericolosi, tra cui l’epatite c. Fortunatamente, soprattutto grazie ai moderni progressi nel campo dell’giene, la maggior parte delle persone con tatuaggi “se la cava benissimo”, spiega Danielle Tartar, dermatologa dell’Università della California-Davis.
Henri, per esempio, non è preoccupata: il sistema immunitario è multiforme e rifornisce costantemente le sue cellule; in caso di attacco grave, le cellule che si occupano d’inchiostro sarebbero probabilmente in grado di chiamare rinforzi per allontanare la minaccia. Inoltre, è molto probabile che i macrofagi siano solo temporaneamente disorientati dall’inchiostro che ingeriscono e finiscano per recuperare rapidamente il loro assetto.
Il sistema immunitario, inoltre, non è composto solo dalle cellule che amano mangiare l’inchiostro. Qualche anno fa un gruppo di ricercatori guidati da Jennifer Juno, immunologa dell’Università di Melbourne, in Australia, ha mescolato l’inchiostro di un tatuaggio in un composto di vaccino per monitorare dove finiva il contenuto di quell’iniezione nei topi e nei macachi. Non è emerso che i pigmenti rendessero le cellule immunitarie, nel loro complesso, “infelici”, mi ha detto Juno, o che le uccidessero. Né l’inchiostro sembrava modificare l’efficacia del vaccino.
Alcuni piccolissimi danni alla pelle, somministrati da un professionista che utilizza attrezzature e materiali sterili e ipoallergenici, potrebbero addirittura mantenere attive le cellule immunitarie vicine. Da alcuni studi sta emergendo che i macrofagi e altre cellule immunitarie cosiddette innate potrebbero essere in grado di memorizzare brevemente alcuni dei loro incontri passati con altri tipi di materiale estraneo e rispondere meglio agli attacchi futuri (questo, naturalmente, è lo scopo della vaccinazione, ma i vaccini hanno come bersaglio le cellule immunitarie adattative, che sono molto più predisposte a questo processo). È anche possibile – anche se non ancora dimostrato dai dati – che imparare a coesistere con l’inchiostro del tatuaggio possa aiutare le cellule immunitarie a calibrare le loro reazioni ad altre sostanze, forse anche a prevenire gli attacchi autoimmuni, dice Tatiana Segura, esperta di biomateriali alla Duke University. “Se il corpo tollera un tatuaggio, significa che il sistema immunitario si è adattato”, sostiene María Daniela Hermida, dermatologa di Buenos Aires.