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Cronache
Il grande pericolo dell'Identità digitale: "Sfruttamento dei dati biometrici"
Azienda e digitale

Oggi l’identità digitale ha tendenzialmente applicazioni parziali, ma la tendenza di molti governi è sempre più ampliarne il raggio d’azione, estendendone l’uso e le ricadute su tutta la vita della persona, fino agli averi materiali, il lavoro, il patrimonio economico e la libertà individuale.

"Nei casi in cui vengono raccolti dati sensibili, ci sono anche rischi di emarginazione e oppressione, con l'utilizzo dell'ID per facilitare l'identificazione, la sorveglianza e la persecuzione di individui o gruppi", spiega il WEF. Lo abbiamo visto di recente con il Covid e quali discriminazioni hanno subito le persone contrarie alle gestioni della pandemia di alcuni governi, escluse dai diritti fondamentali come il lavoro e le cure idonee. Immaginate con un ID onnicomprensivo cosa potrebbero fare gli stessi governi.

Il World Economic Forum continua dicendo che il grosso “di questo rischio deriva dalla collegabilità. Se una parte può collegare i dati tra domini attraverso l'uso di un identificatore comune, allora le persone possono essere tracciate da parti che cercano di sfruttare i loro dati”. Quando parla di "gruppi emarginati", ovviamente il WEF si riferisce a rifugiati, donne e minoranze razziali sorvolando su una realtà ben più complessa.

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