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La passione per gli scoop e i doveri della giustizia

L'inchiesta "riservatissima" di Domani riapre il dibattito: forse uno scoop non giustifica qualunque cosa. Perchè certe scorciatoie non possono essere prese. Commento

di Fabio Massa

La passione per gli scoop e i doveri della giustizia

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A me piacciono gli scoop. Davvero. Mi piacerebbe vederne uno al giorno, su Affaritaliani.it e su tutti gli altri giornali. Perché? Perché le esclusive, gli approfondimenti, il poter svelare qualcosa che per gli altri è segreto o sconosciuto, è il sale di questo mestiere e della nostra democrazia. Rendere visibile ciò che è nascosto.

Un tempo pensavo che qualunque cosa giustificasse uno scoop, oggi invece non lo credo più. In questi venti anni di mestiere ho capito che ci sono curve che non si possono tagliare. Ora, vediamo di capirci bene. C'è un giornale, Il Domani, che è fatto da ottimi professionisti con ottime fonti. Qualche tempo fa viene coinvolto nella vicenda dello spione Pasquale Striano perché pare che costui avesse fatto delle "verifiche" per i colleghi. Bene? No. Ma in fondo la regola è che i giornalisti non possono accedere a fonti riservate illegalmente. Se però - senza che loro lo sappiano - qualcuno passa loro qualcosa che potrebbe aver ottenuto legalmente oppure no, allora si può andare avanti. In pratica l'importante è che il giornalista non compia alcun illecito e che non sappia che chi gli passa le informazioni lo ha fatto illecitamente. E sono certissimo che in Italia non ci siano giornalisti che hanno accesso diretto alle banche dati riservate.

L'inchiesta "riservatissima" di Domani: qualcuno sta commettendo un reato?

Oggi il Domani fa un nuovo scoop, bellissimo, su una inchiesta che definisce "riservatissima". Il che è bello e buono. Ma se l'inchiesta è così riservata, e dunque i documenti non sono pubblici, e se - cosa della quale sono certo - i giornalisti non li hanno rubati, c'è qualcun altro che sta commettendo un reato. E' matematico: c'è qualcuno che sta commettendo un reato. E bisognerebbe aprire immediatamente una inchiesta su questo. Il punto è semplice: c'è una legge in Italia che vieta di diffondere le carte riservate delle inchieste in corso. Specialmente se queste non sono ancora neppure state notificate agli avvocati, ma anche quando le carte sono state messe a disposizione degli avvocati. Invece ormai i faldoni girano in digitale su whatsapp che manco i meme su Lautaro, e le diffondono le procure, l'autorità giudiziaria e gli avvocati.

Gli scoop si possono fare. Ma senza scorciatoie

Le vittime? Gli indagati tutti. Anche quelli che verranno poi riconosciuti colpevoli. Perché fino ad allora dovrebbero essere innocenti e invece sono già alla pubblica berlina: una sorta di anticipo di pena. Che cosa c'entra questo con la libertà del giornalismo e la sacrosanta volontà di fare gli scoop? Niente. Non c'entra niente. Gli scoop si possono fare lo stesso, ma senza scorciatoie. Il problema è che un tempo, prima di Mani Pulite, il sistema giustizia "proteggeva" i propri segreti proprio per garantire gli indagati. Adesso invece il sistema giustizia usa il sistema dell'informazione per garantirsi un qualunque vantaggio: gli avvocati magari per affondare un assistito e aiutarne un altro, alcuni magistrati per accendere il faro dell'opinione pubblica, altri per motivi di carriera. Fin quando i due sistemi non saranno divisi, ma complementari, non se ne uscirà mai.