Cronache

Mafia in Italia, sempre più reati riguardano il potere politico ed economico

di Cecilia Sandroni

Il rapporto della Fondazione Antonino Caponnetto

All’alba di giovedì 21 gennaio, nell’ambito di un’operazione svoltasi sull’intero territorio nazionale denominata “Basso profilo” e coordinata dal personale della Dia, congiuntamente con quello della Polizia, dei Carabinieri e della Guardia di finanza, sono state arrestate 13 persone e 35 sono finite agli arresti domiciliari. L’accusa è quella di associazione per delinquere, associazione di tipo mafioso, voto di scambio, intestazione fittizia di beni, appalti, turbative, rivelazioni del segreto istruttorio. Fra le persone coinvolte spiccano numerosi “colletti bianchi” di Catanzaro e provincia, anche politici di livello nazionale.

Come sottolineato dal Procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, durante la conferenza stampa tenuta a seguito di tale operazione assieme al Direttore della Dia, Maurizio Vallone, l’indagine «dimostra appieno il rapporto diretto, questa volta, tra 'ndrangheta, imprenditoria e politica… ci sono sempre meno omicidi, ci sono sempre meno reati violenti ma sempre più reati che riguardano il potere politico e sempre più reati che riguardano il potere economico».

Tali parole sembrano andare in pieno accordo con le conclusioni del rapporto 2020 stilato dalla Fondazione Antonino Caponnetto, inviato alla Commissione bicamerale per le ecomafie e presentato alla stampa la scorsa settimana dal suo presidente Salvatore Calleri con Renato Scalia della Commissione Antimafia. Calleri: «Oggi ci troviamo nel momento più buio degli ultimi trent’anni. La lotta alla Mafia non è più un tema che trova spazio politico o che viene trattato. Bisogna essere chiari sul punto… Una parte delle istituzioni e del ceto politico guarda con fastidio chi si batte contro la mafia e la sua cultura senza essere un membro dell’apparato giudiziario o investigativo», si legge chiaramente nel documento consultabile sul sito della Fondazione www.Fondazioneantoninocaponnetto.it e consultabile sulla press area dedicata alla Fondazione  https://www.italienspr.com/fondazione-antonino-caponnetto/ dove è linkata la registrazione della conferenza stampa ad opera del Corriere Etrusco.

Fra gli aspetti di maggior rilievo messi in evidenza nel rapporto è l’allarme suscitato dai possibili risvolti malavitosi legati all’attuale pandemia di Covid-19. Lo sfruttamento da parte delle cosche mafiose dell’enorme bacino rappresentato dalla Sanità, pubblica e privata è ben noto da tempo: dal traffico di farmaci alla produzione degli stessi (falsi), dall’acquisizione e gestione delle farmacie e parafarmacie agli appalti per le forniture sanitarie. Anche la gestione delle Asl locali e quella delle ambulanze fanno parte di un quadro, oggetto di inchieste ed analisi degli esperti. Tuttavia quello che non si era preso finora in considerazione è la forte spinta che l’emergenza sanitaria ed economica dovuta alla pandemia ha dato alla criminalità organizzata di stampo mafioso.

Già il rapporto del secondo semestre del 2019 pubblicato dalla Direzione investigativa antimafia metteva ben in evidenza tale problematica: “…Alla fascia di una popolazione tendenzialmente indigente secondo i parametri ISTAT, se ne va ad aggiungere un’altra, che inizia a “percepire” lo stato di povertà cui sta andando incontro. Un focolaio che finisce per meglio attecchire soprattutto nelle regioni di elezione delle mafie, dove una Questione meridionale non solo mai risolta, ma per decenni nemmeno seriamente affrontata, offre alle organizzazioni criminali da un lato la possibilità di esacerbare gli animi, dall’altro di porsi come welfare alternativo, come valido ed utile mezzo di sostentamento e punto di riferimento sociale. C’è poi l’aspetto della paralisi economica, che in questo caso ha assunto dimensioni macro, e che può aprire alle mafie prospettive di espansione e arricchimento paragonabili ai ritmi di crescita che può offrire solo un contesto post-bellico”.

Il Covid-19 rappresenta dunque terreno fertile per la criminalità organizzata, laddove lo Stato risulta essere assente o comunque incapace di garantire un adeguato argine ai possibili commerci e taglieggiamenti dovuti all’emergenza sanitaria e alle sue conseguenze economiche. Anche il primo canale televisivo tedesco “Ard” ha messo in evidenza il problema. Intervistato dall’emittente tedesca così si è espresso in merito il generale dei carabinieri Pasquale Angelosanto, che dirige l’unità antimafia dei ROS: «Le imprese del settore della ristorazione o del turismo, per esempio, se non vengono rapidamente aiutate dallo Stato, potrebbero soccombere alla tentazione di prendere soldi dalla Mafia. Sperando che in qualche modo risolvano la situazione. Ma soprattutto rimane un’illusione: quella di poter restituire il denaro e poi liberarsi del partner scomodo».

Per far questo la Mafia approfitta dell’ingente quantità di denaro che ha a disposizione, proveniente dai suoi traffici illeciti, soprattutto all’estero. Secondo Calleri infatti ammonterebbero a ben 3mila miliardi di euro le disponibilità economiche dei clan mafiosi, «ben superiori all’attuale debito pubblico italiano», ha sottolineato.

IMG 2330Salvatore Calleri
 

La Mafia in Toscana

Il rapporto della Fondazione Caponnetto, tuttavia, non si è limitato ad uno sguardo d’insieme sulle attività malavitose delle cosche, ma si è soffermato anche in particolare sulle crescenti attività della Mafia nigeriana in Toscana, e su quelle malavitose che colpiscono in particolare l’area di Livorno e della Val di Cornia, ossia sul territorio della Maremma di Piombino.

Sarebbero ben 132 i clan che fanno lauti affari nella terra di Dante: famiglie d’onore ripartite tra ’Ndrangheta, Camorra, Sacra Corona Unita e Mafia siciliana. Secondo il “rapporto 2018” sulla mafia in Toscana della Fondazione Caponnetto oltre ad avere, per così dire, una vocazione “imprenditoriale” dei gruppi criminali, atta soprattutto al riciclaggio di denaro sporco, rimane centrale nei traffici nazionali e transnazionali di stupefacenti. Livorno in particolare, dove negli ultimi anni sono state sequestrate oltre 7 tonnellate di cocaina. Altra attività malavitosa è lo sfruttamento sessuale, messo in atto prevalentemente dai clan nigeriani di cui si parlava sopra, clan che oramai si sono rafforzati occupandosi sempre di più del traffico di droga.

Due capitoli a parte sono rappresentati dal riciclaggio e l’occultamento di capitali attraverso il settore immobiliare e quello ricettivo-turistico da una parte, e quello del traffico di rifiuti, soprattutto nell’area di Livorno, dall’altra. Nel suo porto, come messo ben in rilievo dal rapporto della Fondazione Caponnetto, migliaia di container vengono movimentati ogni giorno. Assieme all’interporto Vespucci e all’autoparco del “Faldo”, la cittadina toscana si configura come una piattaforma logistica di importanza nazionale, quindi come un possibile crocevia per traffici poco leciti della criminalità organizzata.

In conclusione di questa non invidiabile carrellata di notizie non si può non citare la piccola e bellissima, isolata Piombino, che da polo industriale si è purtroppo tristemente trasformata in un luogo a rischio infiltrazioni mafiose con alcune problematiche. Non si può non trattare il tema rifiuti, tenendo anche conto che l’intera area di Piombino è da diversi anni una SIN in attesa di essere bonificata, con una discarca che sorge alle porte della città, e che attualmente ha una volumetria di 1.850.000 metri cubi di rifiuti. Questi ultimi  5 anni sono rimasti  anche in fondo al mare nel golfo di Follonica. Per l’esattezza stiamo parlando delle  56 ecoballe di rifiuti inerti, imbarcati sul Porto di Piombino e gettati in mare nel 2015 dalla motonave Ivy, all’epoca battente bandiera Isole Cook, e destinata a scaricare il suo contenuto inquinante in Bulgaria.

Sono solo il simbolo di numerosi traffici sommersi e non che martorizzano il nostro povero Paese. La conferenza di presentazione del Report evidenzia quanto sia importante una rete di cittadini impegnati a concretizzare l’appello che Salvatore Calleri ha fatto, fondamentale infatti il supporto dell’ opinione pubblica a chi combatte le mafie nell’ ambito dello Stato. Non si può vincere una organizzazione criminale  senza convincere e proteggere la popolazione civile, non basta l’aspetto poliziesco e giuridico. Lo Stato necessita il supporto dei cittadini, un supporto non solo di tipo ideale o morale ma soprattutto fattivo, non omertoso. A volte anche coraggioso.