Ponte Morandi, l'accusa della procura: "Sensori non messi dolosamente"
Sensori che nel 2014, un anno prima del crollo, avevano fornito i dati per il documento in cui si definiva il Ponte Morandi "a rischio crollo"
Ponte Morandi, la nuova accusa della procura
Dalle carte dell'inchiesta relativa al crollo del viadotto di Genova del 14 agosto 2018 emerge una nuova accusa: i sensori che avrebbero dovuto monitorare il ponte Morandi non vennero sistemati "dolosamente", nonostante fossero stati tranciati nel 2015 durante alcuni lavori, e caldeggiati dal Cesi nel 2017.
Quei sensori, secondo la ricostruzione dei finanzieri del primo gruppo coordinati dal colonnello Ivan Bixio, fa sapere Tgcom24, un anno prima della rottura avevano fornito i dati con cui era stato stilato nel 2014 il documento in cui venne scritto che il ponte Morandi era a "rischio crollo", unico viadotto in tutta Italia a riportare quella dicitura. Un documento che, secondo gli inquirenti, dimostrerebbe che la società era a conoscenza di tutto, e, nonostante ciò, non fece nulla. Una circostanza che, si legge su Tgcom24, porterebbe alla contestazione del dolo eventuale e non più a una contestazione colposa.
Ponte Morandi, il punto delle indagini
71 sono le persone indagate tra ex dirigenti di Autostrade e Spea, dirigenti del ministero delle Infrastrutture e tecnici, oltre alle due società. Le accuse principali spaziano dal disastro colposo, all'omicidio colposo plurimo, attentato alla sicurezza dei trasporti, crollo doloso, falso e omissione di atti di ufficio.
Il primo febbraio, fa sapere Tgcom24, inizieranno le udienze per il secondo incidente probatorio. A fine dicembre 2020 i periti del giudice per le indagini preliminari Angela Nutini, si legge, hanno depositato la perizia. Per esperti e tenici il ponte presentava dei difetti di costruzione, sottolineando come la società era a conoscenza dei punti "no", nonostante ciò non aveva svolto le manuntenzioni necessarie. Dopo la discussione della perizia, si legge, la procura chiuderà le indagini.
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