Domani, come da tradizione in tutto il Paese, si celebra la giornata dedicata alla Festa del lavoro o, meglio ancora, dei lavoratori. Ma anche quest’anno purtroppo la ricorrenza avrà un sapore particolare. Un po’ amaro. Poco o niente lavoro e tanti, ancora troppi lavoratori a casa.
Gli ultimi decreti governativi finalmente non si ispirano come unico criterio di scelta solo alla salute, che invece col Governo Conte era diventato il criterio ultimo dell’intera vita economica, sociale e politica del Paese. La Festa odierna ci conferma in questa tesi. E cioè che oltre alla salute, nel senso strettamente medico del termine, esiste anche il valore del benessere, nel senso più umano e sociale del termine. E di questo valore il perno è costituito dal lavoro: strumento principe di socialità, espressione di dignità umana e fattore di prosperità. Non solo un dovere, ma un diritto.
Questo del 1 maggio 2021 non sarà quindi il solito momento di lotta tanto caro ai sindacati, ma un momento di impegno civile e di preghiera, perché san Giuseppe lavoratore, di cui il 1 maggio ricorre la festa, ci faccia la grazia di un’Italia dove al più presto si possa tutti tornare al lavoro, e dove questa sana e insostituibile attività possa ricominciare a essere il perno centrale delle nostre giornate. Lo abbiamo già detto: in questi lunghi mesi di quarantena in tanti abbiamo reimparato a pregare, per noi e per tutti i ns cari. Ora però vogliamo tornare anche a lavorare. Siamo diventati un po’ tutti benedettini. Ora et labora. C’è solo da provarci. Purché ci lascino fare entrambe le cose. Meno smart e più working.
*Presidente Club Santa Chiara
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