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Riforma della giustizia, Imparato: “Un provvedimento per i cittadini, non contro una categoria”
Il Sostituto Procuratore, membro della Commissione Ecomafie, spiega ad Affari: “Chi sciopera contro la riforma non è professionale”
Riforma della giustizia, Annalisa Imparato ad Affari: "Un provvedimento per i cittadini. Chi sciopera non è professionale"
Lo scontro tra toghe e politica non è mai stato aspro come in questo momento storico, un clima di grande tensione in cui sembra che l’intero potere giudiziario, nelle articolazioni delle correnti, sia unitario contro il DL giustizia. La sensazione che si evince dall’esterno è che si abbia “molta ritrosia” tra le fila dei Magistrati di esprimere punti di vista differenti, e questo, in un sistema realmente democratico, non dovrebbe esistere, perché la pluralità di idee e di vedute è fondamentale.
Affaritaliani.it si è confrontata con uno dei nomi più influenti -a livello nazionale - nell’ambito della Magistratura Italiana, la Annalisa Imparato, Sostituto Procuratore della Repubblica nonché membro della Commissione Parlamentare Ecomafie presso la Camera dei Deputati.
Dottoressa Imparato, perché è così osteggiato dai Suoi colleghi questo Disegno di Legge?
Guardi a mio avviso deve essere spostato il punto di vista. Questo disegno di legge, per come lo interpreto io, non è fatto contro nessuno. Le norme si scrivono per i cittadini, non per gli avvocati o per i magistrati. Personalmente mi immedesimo in un soggetto che si trova a varcare come imputato un’aula di giustizia, e potrebbe essere chiunque di noi, nel modo in cui lo stesso possa sentirsi giudicato nel miglior modo possibile.
Due soggetti ben distinti, per genesi, potrebbero aumentare questa percezione di terzietà costituzionalmente stabilita. Il “padre fondatore” del Codice di procedura penale, il giurista Vassalli, ai tempi Presidente della Commissione Giustizia del Senato, affermò lui stesso che il sistema accusatorio che era stato introdotto fosse assolutamente incompatibile con l’ordinamento giudiziario e che si rendesse necessaria, pertanto, la separazione delle carriere.
Sicuramente si arriverà al Referendum. Cosa accadrà?
Cosa accadrà non lo so, ma, ad ogni modo ritengo che la volontà popolare sia divina. Non bisogna dimenticarsi che la Giustizia è amministrata nel nome del popolo Italiano, per cui non bisogna avere paura. Allo stesso modo, non bisogna dimenticarsi, però, che le leggi le fa il Parlamento.
Gli organi rappresentativi della magistratura, nelle sedi opportune, hanno rappresentato come giusto che fosse le perplessità del caso, ma nel momento in cui l’attività parlamentare non ha concordato nella visione, non si può fare altro. Così come “pretendiamo” nelle aule di giustizia il rispetto delle sentenze, dobbiamo applicare le norme e le geometrie disegnate e volute dall’organo Costituzionalmente preposto.
E qui le direi: “E allora si sciopera!”
Ovviamente non sono concorde per i motivi sopra descritti e men che mai nei modi e nelle forme. Esiste un comportamento professionale da preservare ed una grammatica istituzionale da rispettare. Lo sciopero è legittimo se tutela un interesse professionale collettivo e, a mio avviso, nella casistica non rientra la contrarietà ad una riforma voluta dal Parlamento.
Non ritengo che ci sia, ovviamente, alcun “problema” per la tenuta della Carta Costituzionale, anche perché esiste già il garante della stessa che è il Presidente della Repubblica, il quale non necessita certamente di suggerimenti sul come e quando eventualmente intervenire. Inoltre esiste, per chi lo avesse dimenticato, un organo Costituzionale chiamato Corte Costituzionale che, se non erro, in virtù dell’articolo 134 della Costituzione decide in merito alle controversie di legittimità costituzionale ed è composto da Giudici e costituzionalisti di grandissima esperienza.
Ritornando alla separazione delle carriere Lei ha parlato anche di altri benefici pratici su cui, ad oggi, altri non si sono soffermati? Cosa intende?
Si, nel senso che siamo in una società professionale sempre più specializzata ed è necessario questo cambiamento anche per noi magistrati. Quando sento i ragazzi dire “voglio fare il magistrato”, personalmente rimango dubbiosa, perché non vuol dire nulla. Si può dire voglio fare il Pubblico Ministero piuttosto che il giudice, perché sono due lavori diversi per approccio, per metodo e visioni totalmente differenti.
E, ugualmente, ogni volta che ascolto colleghi dire “cambio funzione e vado a fare il giudice”, mi interrogo a fondo, perché sono due lavori totalmente diversi. Poi si eviterebbe un altro aspetto che non avrebbe più ragione di essere, ossia la presenza nelle “chat” delle correnti, per motivi organizzativi interni, di un grande calderone in cui sono presenti inquirenti e giudicanti che personalmente eviterei, sempre al fine di far comprendere, a chiunque, la ovvia e già comunque assicurata limpidità dell’azione.
Sorteggio dei membri del Csm: sì o no?
Ritengo positivo il sorteggio per svariati motivi. In primo luogo, si interrompe il potere delle correnti, terminerebbe così la campagna elettorale che esiste all’interno dei palazzi della giustizia italiana. Con il sorteggio non ci sarebbero vincitori e vinti, per cui i sogni di carriera consequenziali alla sconfitta eventuale della corrente di appartenenza non andrebbero infranti.
Vede, queste sono dinamiche proprie della politica che a mio avviso non dovrebbero appartenere anche alla magistratura. Inoltre ho una considerazione talmente alta culturalmente della categoria dei magistrati che ritengo, unicamente in questo settore, che uno valga uno, per cui chiunque fosse chiamato a sedere negli organismi di vertice saprebbe districarsi ed operare in modo perfetto, in modo libero.
Le sedi decisionali non dovrebbero mai diventare campi di battaglia per pareggiare i conti o ricordare gesti di amicizia, pertanto è opportuno eliminare ogni minimo dubbio ed il sorteggio dei membri del Csm potrebbe contribuire a migliorare il già ottimo funzionamento.