Cronache
Stresa, "La fune è giù nella scarpata con il forchettone aperto". La prova
La telefonata tra Tadini e Perocchio è decisiva, entrambi sapevano. Poi la mail ai pm: "Ho elementi utili alle indagini" e l'ammissione di colpa
Stresa, "La fune è giù nella scarpata con il forchettone aperto". La prova
La tragedia del Mottarone costata la vita a quattordici persone a causa del crollo di una cabina della funivia, ora ha dei colpevoli. Sono tre gli indagati per la strage di Stresa. Per almeno due di loro il motivo del cedimento era chiaro fin da subito. Domenica 23 maggio, ore 12.09. Nell’immediatezza dell’incidente, - si legge sul Fatto Quotidiano - Enrico Perocchio, responsabile tecnico dell ’impianto, riceve una chiamata da Gabriele Tadini, capo degli operai della funivia: “Enrico, ho una fune a terra. La fune è giù dalla scarpata. La vettura aveva i ceppi”. La chiamata si interrompe subito e a Perocchio, ingegnere con 25 anni di esperienza alle spalle nel settore, si gela il sangue nelle vene. È nella sua casa nel biellese, in quel momento. Si mette immediatamente in macchina. E alle 12.20, mentre è già in auto verso Stresa, il cellulare suona una seconda volta. È ancora Tadini. È agitatissimo e gli ripete la stessa cosa: “La vettura aveva i ceppi”.I “ceppi” sono un altro termine gergale per indicare le “forchette” o i“forchettoni”.
C’è anche - prosegue il Fatto - una mail che potrebbe avere un peso rilevante nelle indagini. Nella tarda mattinata di martedì, quando non è ancora indagato, Perocchio è pronto a collaborare con gli inquirenti. Il suo legale invia una Pec alla Procura di Verbania. Nel testo scrive di avere “elementi” potenzialmente utili alle indagini, avendo appreso da un dipendente della società di gestione informazioni riguardo “all'utilizzo improprio del sistema frenante”. Non c’è il tempo per chiarirlo, nella notte fra martedì e mercoledì. Le dichiarazioni di Tadini sono di una “gravità tale”, per gli inquirenti, da trasformare in indagati Perocchio e il proprietario Nerini.