Cronache

Verbali Cts, desecretati altri 95: spuntano screzi e scudi per gli scienziati

Se il piano segreto per contrastare l’epidemia da coronavirus, esistente già da febbraio e adottato all’inizio di marzo, non è stato reso ancora pubblico, nonostante la pressione dei media e le polemiche politiche, è perché il 2 marzo il Comitato tecnico scientifico sottolineò, nero su bianco negli atti ufficiali, la necessità di mantenere riservato il contenuto. È quanto scrive il Corriere della Sera che ha analizzato i primi 95 verbali del Cts pubblicati ieri pomeriggio sul sito della Protezione civile.

Carte in cui sono scritte le decisioni cruciali, ma anche i ripensamenti degli esperti, nei primi sei mesi dell’emergenza Covid. Raccontano gli attriti tra gli scienziati e il commissario straordinario per l’emergenza, Domenico Arcuri.

Sempre come racconta il Corriere della Sera, il verbale numero 15 rende la drammaticità di quei giorni. Nella riunione del 2 marzo, aperta dal ministro della Salute, si parla di un nuovo decalogo di comportamenti per l’opinione pubblica, si raccomanda a tutte le persone sopra i 75 anni di evitare luoghi affollati, si ricorda che il giorno prima è stato deciso di aumentare del 50% i letti in terapia intensiva. E infine si fa cenno al “Piano di organizzazione della risposta dell’Italia in caso di epidemia”, con la raccomandazione che resti secretato.

Il 4 marzo il tema del piano, “redatto dall’Istituto superiore della Sanità, d’intesa con il ministero della Salute e l’ospedale Spallanzani di Roma”, è affrontato in apertura di riunione, con il Cts che invita ad aggiornarlo “in considerazione dell’avvenuta evoluzione della dinamica epidemiologica nel Paese”. E di nuovo si raccomanda: “Resta inteso che il documento dovrà essere considerato secretato”. Tanta riservatezza si spiega con le parole del direttore generale del ministero della Salute Andrea Urbani.

Il 21 aprile, intervistato dal Corriere, rivela l’esistenza del piano segreto e spiega che il documento conteneva tre scenari, uno dei quali troppo drammatico per essere divulgato. “La linea — disse Urbani — è stata non spaventare la popolazione e lavorare per contenere il contagio”.

Dalle carte emergono le incertezze degli esperti su mascherine e tamponi e trapelano i dubbi riguardo alla chiusura totale delle scuole. Il ministro Speranza chiede un parere sull’opportunità di mandare a casa gli studenti di ogni ordine e grado in tutto il Paese e il Cts il 4 marzo scrive “non esistono attualmente dati che indirizzino inconfutabilmente sull’utilità di chiusura delle scuole...”.

Il verbale del 7 marzo è uno dei più voluminosi, l’allarme per la diffusione dell’infezione è altissimo e gli ospedali sono al collasso. Già il 28 febbraio era stata evidenziata la necessità di creare aree interdette e quel giorno gli scienziati propongono di superare la distinzione tra zone rosse e zone gialle e impongono una stretta ulteriore per la Lombardia e le province di Parma, Piacenza, Rimini, Reggio Emilia e Modena, Pesaro Urbino, Venezia, Padova e Treviso, Alessandria e Asti. Chiuse le scuole. Stop agli eventi sportivi, chiusi gli impianti sciistici, giù le saracinesche dei cinema, dei teatri, delle discoteche. Misure che tre giorni dopo verranno estese all’Italia intera.

Tra le pagine e le righe dei verbali, le tensioni di quei giorni durissimi. Il primo scontro istituzionale si registra il 15 marzo, in pieno lockdown, quando il Cts invoca “con fermezza” una norma di salvaguardia che tuteli l’operato dei suoi membri, altrimenti “il Cts rassegnerà in maniera unitaria le dimissioni». Il secondo scontro istituzionale è del 3 maggio, come si evince dai tanti omissis che listano a lutto le pagine. In presenza ci sono, in ordine alfabetico, il coordinatore Agostino Miozzo e poi Ciciliano, Antonelli, Bernabei, Iavicoli, Ippolito, Magrini, Richeldi, Sebastiani, Urbani e Villani. In videoconferenza sono collegati Brusaferro, D’Amario, Dionisio, Guerra, Iachino, Locatelli, Maraglino e Zoli. Ci sono anche la sottosegretaria alla Salute Sandra Zampa, la dottoressa Adriana Ammassari (Aifa) e il capo di gabinetto del ministro Speranza, Goffredo Zaccardi.

La seduta inizia alle ore 11.10 e il verbale rivela che in apertura “si è svolta una accesa discussione” sul ruolo e la funzione del Cts: “Grande preoccupazione e profondo rammarico sono emersi da parte di tutti i componenti del Comitato, in ragione di alcune note pervenute dal commissario (Arcuri, ndr), interpretabili come una delegittimazione del lavoro svolto dal gruppo in ragione di presunti ritardi da lui imputati al Cts”. Gli scienziati non vogliono assumersi la responsabilità della “eventuale mancanza di mascherine”, il cui reperimento spetta ad Arcuri e chiedono al ministro di rivedere il loro mandato, altrimenti lasceranno l’incarico. Un altro passaggio inedito riguarda l’uso delle mascherine nei luoghi di lavoro. “Non vi è evidenza per raccomandare indiscriminatamente ai lavoratori di indossare mascherine chirurgiche”, si legge nel verbale del 13 marzo.

 Dal Corriere della Sera