Culture

A Lucca uno sguardo attento sul primitivismo italiano

Raffaello Carabini

La mostra, corredata di foto, pagine di libri, fumetti, documenti si snoda dalle prime opere con la presenza di graffiti di bimbi ai pioneristi tosco-apuani

Una piccola, piacevole e interessante mostra dentro un ex-convento trasformato in fondazione culturale in una città-gioiello della Toscana. Andiamo al contrario. Siamo a Lucca, dentro le imponenti mura del XVI secolo, prossimi al Duomo romanico con il monumento funebre di Ilaria del Carretto, capolavoro di Jacopo della Quercia, e affacciati sull’Orto Botanico, risalente ai tempi del Ducato borbonico. L’ex-Convento di San Micheletto ospita la Fondazione Centro Studi sull’arte Licia e Carlo Ragghianti, che raccoglie una delle più importanti biblioteche italiane di storia dell’arte.

Donazione dello studioso e critico di cui porta il nome, riunisce quasi 100mila libri e oltre 160mila immagini (alcune risalenti all’ultimo decennio dell’800), 30mila documenti, con oltre 3000 corrispondenze con tutto il gotha della cultura, da Croce a Morandi, e con politici come Spadolini e Fanfani (Ragghianti fu anche sottosegretario alle Belle Arti nel governo Parri di Unità Nazionale del ’45), che ne fanno la Fondazione più ricca in Italia dopo la Zeri e la Cini.

Non solo. Nei locali appena oltre i giardini del chiostro a pilastri ottagonali, unica parte rimasta della quattrocentesca costruzione originale e sede della pregevole collezione permanente di sculture raccolte dal primo presidente Giancarlo Santini, si tengono mostre d’arte di pregio e di “culto”.

A quest’ultima categoria appartiene l’interessante L’artista bambino. Infanzia e primitivismi nell’arte italiana del primo 900, aperta fino al prossimo 2 giugno. Un’esposizione che ci porta a recuperare una prospettiva tutta italiana, sottolineata da Carlo Carrà nel 1914 con il saggio Vita moderna e arte popolare, di collegamento al primitivismo europeo non in veste afrocentrica, o comunque esotica – come avveniva a Parigi negli stessi anni di fine XIX secolo -, bensì in una chiave più attenta ai disegni e agli schizzi eseguiti “per semplice diletto da bambini, operai, donne” al fine di “osservare e assimilare le leggi plastiche manifestate nella loro primordiale purezza”. Quindi infantile sì, ma anche legata saldamente alla tradizione popolare e autoctona. Così come, in una sorta di commistione tra “arte bassa e arte alta” (ammesso e non concesso che tale forbice abbia senso), sempre attenta in maniera determinante alla lezione di un po’ tutta l’arte medievale del Due-Trecento, con il suo affascinante “arcaismo espressivo”.

Un modo di sentire post-positivista (e, in seguito, anti-futurista), che Giovanni Pascoli aveva sintetizzato nel celebre scritto del 1897 sulla “poetica del fanciullino”: “guarda tutte le cose con stupore e con meraviglia, non coglie i rapporti logici di causa-effetto, ma intuisce” e “riempie ogni oggetto della propria immaginazione e dei propri ricordi (soggettivazione), trasformandolo in simbolo. Non a caso una porzione della mostra è dedicata agli esiti delle iniziative intraprese dal comune di Barga, vicino Bologna, dove il poeta romagnolo visse a lungo fino alla morte nel 1912.

Il percorso espositivo – corredato di foto, pagine di libri e di fumetti, documenti – si snoda dalle prime opere con la presenza di graffiti di bimbi (“Fallimento” di Balla, “Ritratto di Yorick” di Corcos) ai pioneristi tosco-apuani (una dovuta attenzione ad artisti locali: le sottili illustrazioni di Spartaco Carlini, i grandi “polittici” di Alberto Magri, un pittore da rivalutare, i bambini di Adolfo Balduini e le xilografie di Lorenzo Viani). E poi dagli studi di Soffici e Carrà (con un disegno di Picasso e uno del Doganiere a fare da riferimento) alle opere sia illustrativo-propagandistiche che di tristezza e testimonianza del periodo della Grande Guerra (due particolari Rosai, De Chirico, Sironi, il capolavoro di Carlo Erba “Le trottole del sobborgo”, una sorta di “quinto stato” infantile e di schiena), fino alle propaggini degli anni Venti e Trenta, con Birolli, Breviglieri, Usellini e l’ermetico notissimo “La casa dell’amore” di Carrà.

Artisti di diversa provenienza e formazione ci mostrano il contrario della “man che ubbidisce all’intelletto” di michelangiolesca memoria, ovvero il primato delle emozioni e le sensibilità che vengono prima della ragione, e che, in fondo, sono le uniche che conducono verso la felicità.

 

info

L’artista bambino. Infanzia e primitivismi nell’arte italiana del primo 900

Fondazione Ragghianti – via San Micheletto n. 3, Lucca

fino al 2 giugno

orari: da martedì alla domenica, ore 10/13 e 15/19; lunedì chiuso

ingresso: € 5; ridotto € 3 (gruppi, under 18, scuole, universitari, insegnanti, convenzioni); gratuito (fino a 6 anni, universitari toscani, disabili e accompagnatore, accompagnatori gruppi, militari, guide, giornalisti)

informazioni:  tel. 05834672056; www.fondazioneragghianti.it