Culture
Assalto alla diligenza per il business delle sculture invisibili
Dopo la vendita ad Art-Rite auction di “Io sono” di Salvatore Garau, artisti di tutto il mondo rivendicano la primogenitura della art immateriale
Tra 15 mila euro e 69 milioni di dollari, c'è sicuramente una bella differenza. Ma, a livello mediatico, le distanze tra due cifre così diverse possono quasi annullarsi. La battuta d'asta dello scorso 18 maggio, di “Io sono”, di Salvatore Garau. la prima scultura immateriale aggiudicata (per quanto sia dato sapere) presso una casa d'asta ufficiale, la milanese Art-Rite, appunto per 15 mila euro, ha avuto una risonanza sui media internazionali paragonabile alla vendita, lo scorso marzo, a Christie's New York, di “Everydays The First 5.000 days”. Eppure l'opera digitale, dotata di NFT (Token Non Fungible) di Mike Winkelmann, in arte Beeple, aveva stabilito, con 69 milioni di dollari, il terzo record mondiale per un'opera di un artista vivente.
Anche se è difficile pensare che la battuta d'asta dell'artista sardo darà vita a un business ultramilionario come quello della digital art, tuttavia, il mercato ha subito risposto, tanto che Affaritaliani può confermare che ad Art-Rite sono giunte richieste per altre opere immateriali di Garau.
Come spesso succede, quando parte un business potenzialmente rilevante, si crea una bagarre. Artisti di varie parti del mondo si stanno attribuendo una sorta di paternità delle opere d'arte invisibili. Rivendicazioni che potrebbero anche toccare aspetti economici in termini di richiesta diritti.
Sul tema, Affaritaliani ha sentito Salvatore Garau.
Maestro, sulla stampa internazionale stanno apparendo articoli in cui si parla di artisti che reclamano una primogenitura sulle sculture invisibili. Cosa ci dice a proposito? Ed è stato contattato direttamente da qualcuno di questi suoi “colleghi"?
«Si, messaggi e email che dichiarano una fantomatica proprietà sull'invisibile me ne sono arrivati dall'America e dalla Spagna, (qualcuno si è già ritirato porgendomi le scuse!) E' tutto quasi grottesco, consiglierei chi fa queste rivendicazioni di mettersi d'accordo e sporgere un'unica denuncia Addirittura dall'America ho ricevuto la lettera di un avvocato che mi chiede di trovare un accordo pacifico con il suo cliente. Mi domando come si possa pensare di appropriarsi di un concetto sull'invisibile, sarebbe come appropriarsi dell'esclusività di usare il rosso, per esempio. Qualcuno dimentica che la libertà di espressione sta alla base dell'arte. Mi sembra anche che non sia a conoscenza della storia dell'arte, concettuale in questo caso. Bisognerebbe che si informassero sugli artisti concettuali americani e gli europei degli anni 50 e 60 che hanno abbondantemente affrontato il tema dell'invisibile in forme ogni volta diverse a seconda del proprio stile (ndr: come ad esempio Marcel Duchamp negli anni 20, Yves Klein negli anni 50, Joseph Kosuth nei 60, oltre agli italiani Piero Manzoni e Gino De Dominicis, tutti spesso citati da Garau nelle sue interviste sulle sculture immateriali)»
Dal punto di vista mediatico, la notizia che ha scatenato un clamore planetario non è stata quella della realizzazione di opere invisibili. Quando lei creò i lavori immateriali, oramai più di un anno fa, l’interesse fu molto più contenuto. A suscitare scalpore è stato il fatto che una scultura immateriale fosse stata venduta a un’asta, Art-Rite di Milano, per 15 mila euro. Quindi lo scalpore è stato legato all’aspetto economico della vicenda. Ora, è vero che alcuni artisti già negli anni passati sostenevano di avere collezionisti che pagavano forti cifre per opere invisibili (sul web si cita Lara Newstrom). Ma, a quanto è dato sapere, l’asta di Art-Rite rappresenta il primo caso di vendita all’incanto effettuato in un’asta pubblica. Ricordiamo che una casa d’asta è un soggetto professionale che, per operare necessita di particolari autorizzazioni lasciate dalle pubbliche autorità. Le sue vendite, quindi, hanno il timbro dell’ufficialità.
«Infatti, nessuno ha sostenuto accuse di plagio fino a che non c'è stata l'asta milanese, con un'aggiudicazione che ha raddoppiato il prezzo di stima massimo Sembrerebbe che quest'occasione abbia attirato appetiti economici, ma soprattutto, per alcuni artisti, il desiderio di affiancare il loro nome al mio in un momento in cui si parla di me in tutto il mondo. Nella rete si scrive di tutto, quello che conta sono i fatti e, il risultato di un'asta, presso ovviamente una auction house accreditata, è la testimonianza inconfutabile».
Ad Affaritaliani risulta che dopo l’asta di Art-Rite, le sono arrivate altre offerte d’acquisto. ce lo conferma, e con quale ordine di prezzi? Ritiene possa nascere un mercato di opere immateriali, così come è nato quello della digital art?
«Sì, sono arrivate già domande di sculture immateriali. Le mie richieste ovviamente corrisponderanno a una cifra superiore al risultato dell'asta. Non ho comunque fretta di prendere decisioni. Ma vorrei precisare una cosa importante. Complessivamente realizzerò sette sculture immateriali in spazi aperti al pubblico. Dopo la mia nativa Oristano, Milano e New York, sceglierò accuratamente le restanti quattro città in diversi continenti, tenendo conto della rilevanza socio-politica del momento. Sono del parere che l'arte debba parlare del mondo in cui viviamo; l'ha sempre fatto e continuerà a farlo. Per quanto riguarda invece le opere immateriali per i privati, come quella aggiudicata nell'asta milanese, queste saranno un numero limitatissimo. In questi giorni sto dipingendo, tutto ruota attorno alla mia pittura, anche l'immateriale. La digital art non mi è mai interessata. Gli NFT non sono un tema che affronterò. la ragione principale è che non voglio partecipare producendo NFT e tutto il mondo di crypto-valuta che vi ruota intorno, all'inquinamento del pianeta. Le mie opere immateriali sono una precisa risposta anche in termini di sostenibilità ambientale».