Culture
Chi osa e chi rischia. Nonché...
Di Armando Verdiglione
Il matricidio è un fantasma, il fantasma di morte della materia, per tanto anche della madre. Il fantasma di morte agisce, si fa sistema. Nessuna funzione di madre: ma il matricidio postula la funzione di madre come funzione di morte, togliendo idealmente la madre. Sta qui il discorso occidentale. Sta qui ogni sistema di gerarchia sociale e politica. Il fantasma materno si erige a principio della paura come principio di dominio del mondo, in tutti gli apparati propri di questa che diventa una fallocrazia. Il fantasma di morte è anche il fantasma di fine del tempo, quindi il fantasma di segreto e rivelazione. Il tempo non finisce: non c’è più segreto, non c’è più segreto di mamma. Il tempo finisce: il segreto è apocalisse, strip-tease.
Chi osa non è un soggetto. Chi osa non è “chi osa cercare” o “chi osa fare”, “regnare” o “governare”, “comandare” o “osservare”, “intraprendere” o “fermarsi”. Chi osa: l’audacia, come proprietà dell’ostacolo, della causa, proprietà del sembiante, proprietà dell’oggetto. Chi osa non è “l’audace”. L’audace nega l’audacia, la assume, assume il fantasma di morte come fantasma di paura.
Chi osa sul principio della paura è eroe. Togliete l’autismo: e avete l’eroismo. Togliete l’automatismo: e avete l’autonomia, quindi l’automaticismo. Il coraggio e l’altra sua faccia, la codardia, confermano la paura, la esaltano, la dimostrano. L’eroe si dimostra pavido. Togliere l’autismo “significa”, idealmente, togliere l’identificazione, la mimesi, significa fondare il mimetismo. La negazione del mimetismo come caricatura comporta il principio della paura, come principio di morte, che è il principio di ereditarietà, il principio del dominio del mondo.
Ancora Eschilo riporta la superstizione religiosa, cioè che la hybris umana viene punita con la nemesi, con la vendetta, per diverse generazioni. Non altrimenti nella Bibbia, dove si discute del principio di ereditarietà della pena fino alla settima generazione. Sofocle descrive l’eredità, e sospende il principio di ereditarietà. Sofocle fa ciò che l’ideologia psichiatrica e la genetica non hanno mai fatto. Alcune acquisizioni moderne di Euripide emergono già in Sofocle, che sospende la coppia hybris-nemesi. L’hybris, come la fierezza, è proprietà del sembiante. Non è umana né soggettiva né collettiva.
I corollari dell’eroismo e del mimetismo sono il cannibalismo economico, chiamato altrimenti pasto senza amore (ovvero senza il custode della sintassi e della frase), e il cannibalismo finanziario, chiamato altrimenti pasto senza odio (ovvero senza il custode del pragma). Questi corollari sono la struttura chiusa del labirinto e la struttura chiusa del giardino del tempo. Senza l’audacia l’accesso al labirinto appare diretto: accesso diretto al senso e al dispendio, al sapere e alla ripetizione. E senza il rischio l’accesso al paradiso appare diretto: accesso diretto all’evento, nonché alla verità e al riso.
Chi osa. Chi rischia. Sul principio della paura nessun rischio, quindi nessun dispositivo finanziario. E nessun rendimento, quindi nessun dispositivo clinico. Il rischio è assioma e la sicurezza è teorema. Mater secura, senza più preoccupazione, senza più affanno, senza più indaffaramento, senza più studium, senza più abbandonarsi. Il rischio è proprietà dell’odio, quindi, del tempo che non finisce e della finanza. Il rischio: non abbandonarsi mai, non cedere mai sulla riuscita, non buttarsi mai. “Buttati, non rischi nulla, ti salvi”. Mai abolire il rischio. Il fare senza rischio? È il fatto, cioè il fantasma di morte, quello che istituisce nel fare il finito, il definito.
Nell’intervallo, nel giardino del tempo, il rischio è temporale, finanziario. Rischio proprio dell’influenza e della finanza. La base del rischio è il malinteso. Abolire il malinteso è abolire la madre, è abolire il rischio e fondare il pericolo come pericolo di morte.
Il fantasma di morte appartiene al “visionario”, che si preclude l’ascolto. Il visionario è il “venditore sordo”, il venditore senza avvenire, senza ascolto. Il “venditore illuminato”, cioè senza luce. Il pericolo prospetta la morte come necessità, probabilità, possibilità. L’eroe e l’autonomo scelgono di affrontarla come possibilità incondizionata, come propria della condizione umana.
Hobbes: la condizione dell’uomo è una condizione di guerra di ogni uomo contro ogni altro uomo (Leviatano, I, cap. XIV). La guerra dei sessi, la guerra delle classi, la guerra degli stati, la guerra propria dell’uno che si divide in due. Proprio la guerra definisce la condizione umana, una volta accettata la morte, quindi la vendetta, quindi la colpa e la pena. La volontà di Osiride è la volontà di bene che giustifica la guerra, in nome della libertà, in nome della pace, in nome della vita.
La preparazione è un aspetto dell’apparato: la preparazione della guerra, la preparazione della morte. “Preparati!”. Para. Para bellum, para mortem. In questo discorso, che è il discorso della guerra come discorso della morte. George Santayana può scrivere: “Only the dead are safe; only the dead have seen the end of war” (Soltanto i morti sono al sicuro; soltanto i morti hanno visto la fine della guerra) (Soliloquies in England, 1922). E il generale Douglas MacArthur, nel 1962, attribuisce il detto a Platone. L’economia politica è economia della guerra. E ogni tribunale del popolo è il tribunale di guerra. Il tribunale di Osiride. Il perno del tribunale di Osiride è biforcuto, cioè si avvale della sostanzialità e della mentalità, della negazione del due e del tempo.
Il concetto di guerra globale è arcaico. Non riguarda soltanto un esercito contro un altro. La guerra sostanziale e mentale avviene dove si nega il due. Questo è il “sistema” che esercita il monopolio della guerra. Quella che viene chiamata guerra è la guerra negata, la guerra che, negata, viene assunta dal discorso. Il tribunale di Osiride è il tribunale che nega il dispositivo della battaglia e della lotta, quindi anche il dispositivo chiamato dibattito, e lo tramuta in dispositivo del dibattimento come dispositivo conformista. La guerra, la battaglia e la lotta sono proprietà industriali, che non dipendono dalla volontà, tanto meno dalla volontà di bene.
L’industria. Ingenium industria alitur (Cicerone): parodiando, scrivevamo Ingenio industria alitur. Industria: la struttura dell’Altro. Anche questa, struttura originaria. Struttura originaria è la ricerca, quindi la sintassi e la frase. Struttura originaria è anche il fare, la struttura dell’Altro.
Come avvengono e come divengono le cose: de rerum natione. La nazione è l’industria. E non è popolare. L’ingegno: proprietà e virtualità dell’Altro. La ragione e il diritto senza l’ingegno sono la ragione e il diritto senza l’Altro e senza il tempo. Sono la ragione e il diritto sotto il fantasma della fine del tempo.
Baltasar Graciàn: “L’ingegno aspira al bello”. Il bello, qui, è il bello della differenza e della varietà innegabili, senza mediazione e senza superamento.
Machiavelli: “La ‘ndustria vale più che la natura”. Non la causa vale, non l’oggetto vale, non l’ostacolo vale. Non è la condizione a valere. L’ostacolo, la causa, l’oggetto sono la condizione del processo di valorizzazione. Il processo di valorizzazione è il processo della parola e è strutturale, è la struttura chiamata sintassi, la struttura chiamata frase, cioè la struttura propria della ricerca. La struttura vale, la memoria vale. Per valere, si scrive. L’esperienza vale. Per valere, si scrive. “Più che la natura”. La natura è il “dove”: da “dove” e “dove”, il punto e il contrappunto. Da dove vengono e dove vanno le cose: de rerum natura. La natura: nascita e rinascimento. La natura: nella dimensione di sembianza. E il rinascimento: nella dimensione di linguaggio.
La lotta intellettuale. La guerra intellettuale. La memoria si scrive, la struttura si scrive, l’esperienza si scrive. L’amministrazione è impossibile senza la narrazione, senza la scrittura dell’esperienza, e senza l’intervento dell’idea, dell’idea assoluta, dell’idea originaria, dell’idea che opera, non dell’idea che agisce. Questa accezione vale sia per l’amministrazione rispetto alla scrittura della ricerca sia per l’amministrazione rispetto alla scrittura dell’impresa. Il principio della paura come principio di dominio del mondo è il principio di severità e di purismo, quindi è principio che non tollera l’amministrazione e non tollera il dispositivo intellettuale, la guerra intellettuale, la lotta intellettuale, l’ingegno, la poesia, l’ingegneria, le opere e i prodotti d’ingegno, i servizi intellettuali, gli assets che non siano sostanziali e mentali, cioè che non neghino il due (l’apertura) e il tempo (lo squarcio).
Il modo del due e il modo del tempo. Il modo del due: la famiglia senza principio di ereditarietà, senza principio della parentela. La famiglia come traccia. La famiglia come disegno. La famiglia come diagrammatica. Il disegno ha due accezioni: il modo del due e il modo del tempo, nella dimensione di linguaggio, e il modo dell’anatomia, nella dimensione di sembianza. L’amministrazione sta dove la fiaba si scrive e dove la favola si scrive. Il disegno è anche modo della scrittura: modo di quella che viene chiamata la grafica, nella dimensione di sembianza, e modo della scrittura, nella dimensione di linguaggio.
Scrive Leonardo: “Il disegno è di tanta eccellenza che non solo ricerca le opere di natura, ma infinite più che quelle che fa natura”. La lezione di Leonardo viene raccolta da Machiavelli: “La ‘ndustria vale più che la natura”. Il disegno non ha nulla di naturale né di sovrannaturale. Il disegno è industriale, disegno della struttura dell’Altro. “La ‘ndustria vale più che la natura”. Sta qui il disegno originario. Non è il disegno ideale. È il disegno pragmatico e scritturale. Disegno industriale. La combinatoria fra il corpo e la scena è impossibile senza il disegno. Dei “Centoventi libri di anatomia” di Leonardo è rimasto poco, ma quanto è rimasto è molto indicativo. I quaderni di Leonardo sono attraversati dal disegno. Il pittore, Leonardo lo indica anche come “disegnatore”.
Il disegno, il ghiribizzo, il rebus, l’aforisma. Il disegno. Essenziali alla struttura sono la macchina e la tecnica, l’invenzione e l’arte, quindi il disegno, perché l’invenzione e l’arte, la macchina e la tecnica si scrivano. Il disegno è essenziale, oggi, nel pianeta. Il disegno e la moda. Il disegno e la telematica. Il disegno e l’informatica. Nel festival del 1983 (L’informatica e il secondo rinascimento, Milano, 20-22 maggio 1983), definivamo l’informatica come qualcosa che attiene alla questione: dove si scrivono le cose. Ma come si scrivono? Né la tecnica né la macchina sono manuali. A Roma sta un meccanico tedesco di cui Leonardo si avvale, in una conversazione impossibile, perché riesca a “porre in atto” alcuni suoi disegni. Il meccanico è lo specialista, ma non del disegno.
Il disegno come traccia è il disegno dell’ombra, dell’inconciliabile, ed è contraddistinto dalla verticalità. Il disegno come modo dello squarcio, a proposito del tempo e dell’anatomia, è il disegno industriale.
Come irrompe il tribunale di Osiride per la guerra, irrompe il tribunale di Osiride per il disegno. Il tribunale di Osiride per il disegno diventa il tribunale di Aristotele, il tribunale del disegno ideale, il disegno in nome del bene, il disegno sotto la volontà di bene, quindi il disegno di ciò che deve essere automatico, di ciò che deve essere robotico, di ciò che deve servire alla scala mondiale, di ciò che deve tenere conto della severità e del purismo. È il disegno puro, che deve epurare l’invenzione e l’arte. In Italia, in Europa, in America, in Giappone, in Corea, in India, in Australia, in vari paesi, lo iato sta fra il disegno originario e il disegno d’origine, che è il disegno come standard della produzione industriale, modello ideale della produzione industriale. Non è il modo, ma il modello ideale o modulo ideale. La modellistica ideale, la modulistica ideale, la formulistica ideale. Il disegno che risponde all’idealità è il disegno che risponde al fantasma materno. Così il disegno di Osiride, il disegno di Aristotele.
La diagrammatica e la programmatica: il disegno. La vera cartografia è quella che si attiene alla carta intellettuale. Il disegno dell’ombra – quello per cui l’alto e il basso, la montagna e la pianura sono inconciliabili – o il disegno dello squarcio: ciò che si fa si disegna.
Il disegno ideale è il disegno senza l’Altro. Disegno spirituale. La robotizzazione è spiritualistica. Il postulato di tanti centri di elaborazione dei disegni per il mondo è il postulato che l’idealità diventi disegno, è il postulato dell’ideografia. Il disegno non è ideografia, cioè non è l’idea che agisce. Se l’idea agisce, allora l’ideografia. Siccome l’idea non agisce ma opera, non c’è più ideografia.
Avevamo indagato, negli anni settanta, negli anni ottanta, la questione del disegno, così essenziale, a Parigi, a Venezia, a Roma, a Tokio, a Gerusalemme, a Barcellona, a New York, a Francoforte, a Londra, a Caracas. Oggi, ancora di più. Nel settembre 1985, intitolavamo un numero del “Giornale di cultura internazionale Spirali”, Parlare video, la lingua diplomatica. Ma il video e il disegno sono la lingua diplomatica, oggi. Sono la nuova lingua diplomatica. E vale a Tokio, a Seul, a New Dehli, a Berlino, a Parigi, a Milano, a Londra, a New York, a Los Angeles, a Gerusalemme e in molte altre città. Vale nella casa, vale nella città planetaria. Perché il video? Perché nel video è in atto il disegno. Il disegno dell’ombra indica che il due è originario. Il disegno dello squarcio, del tempo, indica che l’intervallo non si spazializza. Siccome il due è originario, non può lasciare il “posto” (non è un posto) al sistema.
Nella parodia, diciamo “pensare” la pittura, “pensare” la storia, “pensare” l’esperienza, “pensare” il disegno. Ovvero senza più l’eroe, senza più chi “osi pensare”, senza più chi si ponga come soggetto del cogito. Pensare l’esperienza, la memoria, la storia, la ricerca, l’impresa, pensare il disegno: il pensiero è l’operazione. L’esperienza non si scrive senza l’operazione, ma anche il modo della scrittura non s’instaura senza che l’idea operi. Se l’idea agisce, niente disegno, ma l’ideografia, il tribunale di Osiride, il tribunale di Aristotele.
Per ciò avevamo convocato a un confronto i cosiddetti designer, importanti designer che avevano lavorato in Italia negli anni sessanta, settanta, ottanta. Non s’incontravano mai tra loro: ognuno guardava l’altro, anzi, per non ridere, non lo guardava. Ognuno restava nella sua autonomia, come chi crede di stare in questo mondo come una monade caduta da un luogo d’origine. Poi, abbiamo costituito alcune società per gli assets rispetto al progetto e al programma, che si chiamavano “Design City” e “Design Galaxy”, non per il postulato ideografico, il postulato del disegno ideale. È la questione del dispositivo, del Designbrain.
Bisogna interrogarsi intorno al Designbrain. Siamo qui, a Milano, città del design: il Designbrain dove s’instaura? In che modo il Designbrain è indispensabile per chi, da qualche parte, coglie il disagio delle generazioni? In che modo è indispensabile instaurare questo dispositivo del modo di valorizzazione della memoria, quindi dell’esperienza, per ciò del modo con cui l’insegnamento e la formazione si scrivono? Perché l’insegnamento e la formazione sottostanno al disegno ideale oppure si scrivono in virtù dell’idea che opera e in virtù del dispositivo. Quindi: Designbrain.
Le dottrine e le ideologie che hanno sistematizzato le religioni perpetuano il disegno ideale, il disegno ideografico, cioè la standardizzazione della vita civile e sociale, dell’industria, delle famiglie, dell’educazione. Il disegno ideale è il disegno che si rende anfibologico, disegno divino, “il disegno di Dio” come dice papa Francesco, e disegno diabolico. L’umano deve sottostare a questo disegno. Così, il disegno fonda il destino. Sta qui la predestinazione, sta qui il disegno sotto la volontà di bene.
I passi principali della dottrina di Aristotele li troviamo enunciati nella tragedia greca, dove però, accanto a tanti altri passi, dimorano in un tessuto linguistico, la cui lettura può restituirci un altro testo. Aristotele compie un’epurazione rispetto al mito, rispetto alla poesia, rispetto all’arte e all’invenzione. Il primo principio è il disegno ideale.
Così, il Pubblico ministero può dire che il disegno è una “costruzione a tavolino”. E, in effetti, è una costruzione a tavolino quella inaugurata il 18 novembre 2008 e perseguita con fatti conseguenti, dove ciò che dev’essere colpito anzitutto è il Designbrain.
Qui, giunge quello che il Pubblico ministero chiama “un numero spropositato”. Quindi, abbiamo un “numero propositato” e un “numero spropositato”, c’è un numero a proposito e un numero a sproposito: sarà un numero ordinale e ordinario il “numero propositato”! E il “numero spropositato” è il numero cardinale. La distinzione tra il “numero propositato” e il “numero spropositato” sarà quella tra un numero ordinale e ordinario, ideale (di un disegno ideale, di un disegno dettato dalla volontà di bene) e un numero cardinale. “Un numero spropositato di società e di associazioni culturali rappresentate da persone”. Quindi, questi non sono dispositivi, sono soggetti. E importa la rappresentazione: “rappresentate da persone”. E non basta: perché sono “persone legate”. Non “persone slegate”, ma “persone legate”. Quindi, “un numero spropositato” e, poi, “di società” – quindi, di dispositivi intellettuali – “e di associazioni culturali”. L’associazione è la condizione del dispositivo intellettuale.
Sia le società sia le associazioni sono “rappresentate da persone”. “Legate”. Non è che importi ciascuna persona: no, “persone legate”, quindi soggetti, perché la persona non legata non è soggetto. “Persone legate”. Non importa verificare in che modo siano legate: con lo spago, con la corda, con il filo, con una treccia? Sono “legate in qualche modo”, non importa come? “In qualche modo”: in modo demoniaco. “Un numero spropositato di società e di associazioni culturali rappresentate”: quindi, abbiamo un numero ordinale e ordinario, il numero ideale, il disegno ideale, poi, abbiamo “un numero spropositato”, un disegno spropositato che è “una costruzione a tavolino”. Quale tavolino? Da una parte il vaso di Pandora, il computer, dall’altra il tavolino. Al tavolino spetta la costruzione. Nel vaso di Pandora, dove vengono immessi i frutti della costruzione, i malefici. Un maleficio si fa “a tavolino” (perché ci vuole il tavolino per fare un maleficio!) e, poi, i frutti di questo maleficio, i mali veri e propri, i prodotti, li mettiamo nel vaso di Pandora. “Un numero spropositato di società e di associazioni culturali rappresentate da persone legate”: non sono persone che pensano, persone che fanno, persone che rischiano. Leggete l’arringa di Alberto Dall’Ora (A.A. V.V., Il tribunale contro le idee, Spirali/Vel 1987): trovate uno spessore intellettuale, una nozione precisa del Movimento, delle persone, un’annotazione sul rischio in un’accezione intellettuale, di estremo interesse. Il rischio intellettuale. No, qui sono “persone legate”, persone che sottostanno a un disegno diabolico. Un disegno che è sempre ideale, ma diabolico. L’idea prospetta qualcosa che appare come bene, ma che in realtà è male. Ed è la volontà di bene, la volontà divina, a riconoscerlo come male.
“Un numero spropositato di società e di associazioni culturali rappresentate da persone legate in qualche modo al Verdiglione Armando”. Tutto qui. Questo è il capo d’imputazione. Il “tavolino”, il “vaso” (il computer): tutto qui. È chiaro che “un numero spropositato” che cosa può fare? Può fare giri, convulsioni, contorsioni, può mettersi a svolazzare. E, quindi, ci sono i “giri vorticosi”. Ma questi “giri vorticosi” non si mettono a girare dappertutto. Una parte dei “giri vorticosi” sta nel vaso, un’altra parte sta fuori dal vaso e, lì, meglio non andare a indagare. Nel vaso, ci sono solo “giri vorticosi” di fatture. Fuori dal vaso, “giri vorticosi” di assegni. Pacchi, pacchi, pacchi, armadi: lasciamoli lì, non ne parliamo. Estratti conto, contabili bancarie… niente. Via! C’interessa un solo “giro vorticoso”: quello che sta nel vaso. La “costruzione a tavolino” del Pubblico ministero è quella che deve scoprire il vaso.
Questa procedura vi sembra erotica?