Culture

Il Nobel Pamuk e i suoi “Ricordi di montagne lontane”

di Chiara Giacobelli

Il Premio Nobel Orhan Pamuk in visita a Genova e poi a Milano per presentare il nuovo libro

Esce in libreria per Einaudi Ricordi di montagne lontane, un libro in cui il Premio Nobel Orhan Pamuk pubblica per la prima volta alcune parti dei suoi taccuini privati e dei disegni che realizza quotidianamente. Il tour di promozione è l’occasione per visitare varie città italiane, tra cui Genova, a cui lo scrittore è molto legato.  

Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura era al massimo della sua capienza per l’arrivo in città, lo scorso 16 novembre, del Premio Nobel Orhan Pamuk, da sempre molto legato a Genova. Non a caso ha chiesto di poter fare una visita approfondita nel corso del suo soggiorno, prima di volare verso altre destinazioni, tra cui il Book City di Milano. Pamuk è in Italia per presentare il suo ultimo libro Ricordi di montagne lontane, edito da Einaudi con un formato più grande della norma, interamente illustrato. Si tratta infatti di un volume particolare, all’interno del quale il Premio Nobel ha selezionato e raccolto alcune pagine dei suoi taccuini, costituiti da pensieri e disegni. Ha spiegato lui stesso a Genova, dopo l’introduzione del Sindaco Marco Bucci e in dialogo con i colleghi Marco Ansaldo e Andrea Canobbio, la genesi di questa opera speciale: “Dipingo sin da quando ero un bambino, ma per un lungo periodo ho smesso di farlo per concentrarmi prima negli studi di ingegneria e poi nei miei romanzi. Dopo oltre vent’anni di scrittura mi sono accorto che il pittore in me non era mai davvero morto, perciò un bel giorno sono andato a comprare i colori e ho ricominciato a disegnare. Realizzo piccoli schizzi quotidianamente, che illustrano i miei stati d’animo, i miei ricordi e in buona parte i paesaggi che osservo, specie dalla mia casa. In questo libro ho scelto alcune annotazioni e una serie di dipinti: scrittura e pittura, le due attività che mi rendono felice”.

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A Genova l’apprezzato incontro con il Premio Nobel è avvenuto nell’ambito delle iniziative per Capitale Italiana del Libro ed è stato ospitato da Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura, in collaborazione con il Comune di Genova e la casa editrice Einaudi. Non è stato un caso se a intervistarlo sono stati chiamati Andrea Canobbio, suo editor italiano, e Marco Ansaldo, giornalista da anni inviato e consulente a Istanbul per Turchia, Medio Oriente, Caucaso. A detta di entrambi esiste uno stretto legame tra Genova e Istanbul dovuto agli scambi commerciali del passato, tanto che nella bella città turca – che molto spesso Pamuk descrive nei suoi libri – esiste persino un quartiere genovese. “Ci sono gli scrittori visivi e quelli di linguaggio – ha spiegato il Nobel sempre raccontando origine e sviluppo del suo nuovo lavoro Ricordi di montagne lontaneIo ho sempre fatto parte della prima categoria, nel senso che nella mia mente si formano delle immagini e solo in seguito cerco le parole per descrivere le scene al meglio possibile. Ce lo insegna, d‘altra parte, anche la grande letteratura: Tolstoj, Proust, Nabokov sono scrittori visuali, mentre Dostoevskij è narrativo: a lui non interessava mostrarci i colori o descrivere accuratamente un dialogo entrando nei dettagli dell’ambiente, quanto piuttosto studiare l’interiorità e la psicologia dei personaggi”.

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Il Bosforo è spesso protagonista dei dipinti di Pamuk, in parte perché lo osserva quasi ogni giorno, nelle sue diverse forme e colori, dal balcone di casa, in parte per l’amore che prova nei suoi confronti. Ricorda, infatti, che sin da bambino il Bosforo ha sempre avuto su di lui un effetto calmante e positivo: quando era triste o nervoso ne osservava il paesaggio inconfondibile e si sentiva subito meglio. “Ho scoperto il potere delle parole molto presto, mentre ho impiegato più tempo per capire quanta forza ci sia nei paesaggi, in grado di modificare l’umore di una persona. Ho sempre pensato che la scrittura fosse l’arte più nobile e completa, ma con gli anni ho compreso che quando un paesaggio è puro non ha bisogno di testo, come per la musica. La sua funzione per l’essere umano è quella di ispirare e consolare, ecco perché la maggior parte dei dipinti che ho scelto per questo libro esprimono un sentimento di felicità. Ciò non significa che io sia un uomo e un artista sempre felice e sereno, non lo sono affatto; tuttavia in questo caso ho compiuto una scelta precisa che tende alla gioia”. A detta di Pamuk sono stati i giapponesi e i cinesi a scoprire prima di chiunque altro l’importanza del paesaggio e il suo legame intrinseco con la letteratura, tanto che diversi autori orientali contemporanei mantengono una forte traccia di onirico e metafisico all’interno delle proprie opere: uno tra i tanti, Murakami.

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Dunque, attraverso un atto di estrema apertura nei confronti del proprio pubblico, il Nobel scrittore e pittore ha deciso di svelare a tutti il contenuto dei suoi quaderni privati, ai quali per anni ha affidato il racconto degli avvenimenti della giornata, le sue riflessioni più sincere sull’attualità e la politica, le emozioni e le sensazioni che il mondo offre con i suoi paesaggi, quando agli occhi si mostra “il nostro vero posto nell’universo”. A tal proposito Orhan Pamuk ha confidato all’incontro presso Palazzo Ducale di Genova: “Scrivere mi appaga quando mi rendo conto di aver dato vita a una bella frase, a una scena ben descritta o a una pagina particolarmente significativa, e ovviamente quando termino un’opera pensando di aver fatto qualcosa di valore. Tuttavia spesso mi assale la pressione di dover scrivere per forza anche quando sento di non aver più niente da dire, perché ormai la maggior parte delle persone mi vede come uno scrittore di successo ed è questo che tutti si aspettano da me, dalle case editrici agli agenti sino al pubblico stesso. Dipingere invece è un’azione spontanea e senza secondi fini, che proprio per questo mi rende sempre contento come un bambino. È un esercizio spontaneo durante il quale percepisco tutta la mia creatività e mi piace molto”.

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Dal momento che è in corso a Genova la mostra Calvino Cantafavole sempre presso Palazzo Ducale e in Italia si tengono numerose iniziative in occasione del centenario della sua nascita, è stato inevitabile nel corso dell’incontro a Palazzo Ducale affrontare l’argomento. La domanda sull’influenza che Calvino ha avuto sia su Pamuk che sulla letteratura italiana è stata posta da Marco Ansaldo, il quale ha anche portato il Nobel a visitare la mostra, lo ha accompagnato in una lunga passeggiata in città e ha stabilito una connessione tra questo libro ed altri suoi precedenti, soprattutto Il museo dell’innocenza, Neve e ovviamente Istanbul, che gli ha fatto vincere l’importante riconoscimento internazionale. “Calvino è un autore che mi ha influenzato moltissimo e vedere questi omaggi così curati nei suoi confronti mi commuove – ha detto Pamuk a Genova – Ancora oggi, a distanza di tanti anni, continuo a leggere i suoi libri e mi lascio ispirare. Io credo che egli abbia cambiato il cuore stesso del romanzo, specie di quello storico: se prima ci si atteneva con scrupolosità ai fatti e alle cronache, con Calvino il fantastico è entrato nella storia e nella letteratura. La sua lezione più importante è per l’appunto l’aver introdotto la fantasia nell’ambito del realismo, cosa che potrebbe sembrare un paradosso, invece non lo è”. Un po’ come Ricordi di montagne lontane, dove i frammenti narrativi e le immagini hanno sempre una base di verità, nascendo dalla quotidianità dell’autore, ma poi si slegano dalla realtà per procedere sul piano dell’immaginazione, del possibile, della memoria e di una speranza ottimista che condiziona il lettore stesso, indirizzandolo verso potenti e profonde riflessioni sul mondo, sulla vita, sul senso dell’esistere.

Al mattino a volte vado in spiaggia da solo, prestissimo. Prima di entrare in acqua guardo la sabbia, le colline lontane, aureolate di foschia. Potente impressione metafisica: perché sono qui, che cosa significa questa presenza? Sensazione di riscoprire, come grazie a tanto colore giallo, il senso del mondo e degli uomini – del tempo e dello spazio. Nessuno!

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Genova Capitale Italiana del Libro è ora pronta ad accogliere altri ospiti di calibro internazionale, tra cui nel 2024 la scrittrice statunitense Premio Pulitzer per la Narrativa 2000 Jhumpa Lahiri, che è ambasciatrice d’eccezione del titolo vinto dal capoluogo ligure. Il Sindaco Bucci ha così sintetizzato lo spirito delle iniziative in corso: “Vogliamo senza dubbio essere una città di mare e di incontro tra popoli, ma anche un luogo che venga ricordato per la letteratura. Arriveranno quindi tanti altri autori, a dimostrazione del fatto che qui a Genova su vari ambiti non siamo secondi a nessuno e di certo non vogliamo esserlo in merito alla cultura”.

   

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