Milano ricorda il centenario dalla morte di Angelo Morbelli
Un percorso fra i temi del pittore di Alessandria, ma milanese di adozione, protagonista della pittura italiana del secondo Ottocento e del divisionismo
di Raffaello Carabini
Diffidate di chi non si appassiona. Diffidate di chi non esprime preferenze personali. E di quelli – anche i critici, i commentatori, gli analisi – cui non balza il cuore nel petto quando si pongono a confronto con una situazione “irresistibile” ed “emozionante”. Al di là del giudizio equilibrato, imparziale, obiettivo, politically correct e quant’altro.
Chi scrive ne ha. Almeno per tre pittori. Per l’unico, grande e misconosciuto espressionista italiano, Guido Pajetta. Per l’ondivago cesenate Mario Bocchini, i cui esiti migliori sono altissimi. E per lo schivo, sensibile e insieme schiena dritta e valori solidi, Angelo Morbelli, divisionista eccelso, di cui ricorre quest’anno il centenario della morte.
A quest’ultimo è dedicata una piccola, raffinata rassegna presso la Galleria Bottegantica di Milano, aperta fino al 16 marzo prossimo e titolata Angelo Morbelli: Luce e colore. Propone 20 opere per la gran parte di collezioni private e poco note, realizzate nel XX secolo, quando l’artista piemontese ha ormai raggiunto una buona fama, anche internazionale (ha esposto a Londra, vinto premi a Dresda, Parigi e Monaco, il Museu de Catalunya di Barcellona ha comprato la sua squisita “Alba”), mentre in Italia è nominato cavaliere e partecipa a esposizioni in tutto il Nord, compresa la prima Biennale di Venezia del 1895. E quando Morbelli, quasi sordo a causa di una mastodite infantile progressivamente peggiorata, vive ritirato, isolato nel proprio lavoro, deluso dal non essere riuscito a dare vita a un movimento divisionista italiano e intento a ripercorrere i due temi-cardine della sua carriera.
Innazitutto il paesaggio, sua ispirazione dominante in quest’ultima fase, dove “la minuziosa insistenza realistica, mentre ci immerge in una precisa realtà, la esaspera, fa sì che ci appaia in una diversa luce, che le toglie credibilità nella dimensione del reale, la immobilizza, la fissa in emblema”. Che spesso assurge a valori simbolici di rinascita, di silenzioso appagamento, di trasfigurazione del reale.
E poi la sua attenzione al realismo sociale, che interpreta con profonda sensibilità e capacità di analisi, rivolgendo la sua attenzione verso la sofferenza chiusa degli anziani (“Le Parche”, che rimanda alla serie-capolavoro realizzata presso il Pio Albergo Trivulzio), verso la privata insicurezza delle ballerine della Scala, verso l’autoindulgente disincanto della moglie distesa (“Riposo alla Colma”).
Tecnico raffinatissimo, cui il soggiorno parigino del 1889 aveva aperto la strada, oltre all’illuminazione divisionista della pennellata, ai nuovi colori industriali, Morbelli chiude la sua stagione toccando vertici di commozione innovativa, quando ci pone di fronte a una nuova intensità espressiva di elementi naturali, calli veneziane, montagne (l’inedito “Paesaggio” del 1918) e colline (l’altro inedito “Un angolo del giardino alla Colma”) piemontesi, figure adolescenziali (l’irridente “Maliziosa”), di cui la pennellata sottile e lievemente multicolore dell’artista esalta la luminosità interna e interiore, a volte con accenti quasi sacrali (“Era già l’ora che volge al desio”).
info
Angelo Morbelli. Luci e colori
Galleria Bottegantica – via Manzoni 45, Milano
fino al 16 marzo
orari: da martedì al sabato ore 10/13 e 15/19
ingresso libero
visite guidate: su prenotazione, € 5 cad. gruppi compresi tra le 10 e le 20 persone
informazioni: tel. 0235953308 – 0262695489; www.bottegantica.com
Iscriviti alla newsletter