Culture

“Sei personaggi in cerca di autore”. Fra pregiudizi e consensi

di Antonio Magliulo

Chissà come si sarebbero comportati quegli scalmanati che la sera del 9 maggio 1921, al Teatro Valle a Roma, dopo aver visto: Sei personaggi in cerca d’autore, contestarono aspramente Pirandello, se avessero potuto prevedere che stavano insultando un futuro Nobel!

Da quella infausta serata, in cui volarono ingiurie e monetine, è passato tanto tempo e molte cose sono cambiate, l’opera del grande Siciliano è stata rivalutata e riconosciuta come capolavoro assoluto del Teatro del Novecento, tradotta in molte lingue e rappresentata in tutto il mondo. Memorabile, anche se un po' "accademico", l’allestimento firmato da De Giorgio De Lullo, con Romolo Valli e Rossella Falk, interpreti superbi. 

Nonostante i consensi,  la commedia risulta ancora un po’ “indigesta” al grosso pubblico e rimane appannaggio quasi esclusivo di studiosi, appassionati di prosa e addetti ai lavori.

C’è da considerare che nel frattempo i gusti della gente sono cambiati, orientandosi verso un teatro più leggero; inoltre nessuno (o quasi) ha provato a semplificare il contenuto di Sei Personaggi…, invogliando così tutti a vederla.

Eppure, l’opera non è impenetrabile, contiene sì delle riflessioni filosofiche, ma verte su temi che riguardano un po’ tutti.

La vicenda, già nota a molti, è quella che si definisce “Teatro nel Teatro” e parla di una compagnia di Attori intenta a provare Il giuoco delle parti (una commedia dello stesso Pirandello) quando a un tratto irrompono sul palcoscenico sei individui: un Padre, una Madre, il Figlio, la Figliastra, il Giovinetto e la Bambina, personaggi ripudiati dall’autore, senza un motivo preciso. Costoro, che non hanno l’aspetto dei fantasmi, ma di persone in carne e ossa, chiedono al Capocomico di dar loro vita (o se si preferisce: compimento)  attraverso la messinscena del proprio dramma.

Dopo molte perplessità, la compagnia acconsente e i Personaggi raccontano la loro storia, affinché gli Attori possano rappresentarla:

Il Padre ha lasciato la Madre, dopo che lei gli ha dato un Figlio.

La Madre, sollecitata dal Padre, si ricostruisce una famiglia col collaboratore che lavora presso di loro come segretario, e ha da lui tre figli: la Figliastra, la Bambina e il Giovinetto.

Morto il collaboratore e privata di sostentamento, la famiglia cade in miseria, tanto che la Figliastra è costretta a prostituirsi nell'atelier di Madama Pace (che viene evocata, ma non compare mai in scena) dove la Madre lavora come sarta. Qui si reca spesso il Padre. Padre e Figliastra non si riconoscono, ma l'incontro viene scongiurato appena in tempo dall’intervento della Madre. Tormentato dalla vergogna e dai rimorsi, il Padre accoglie in casa la Madre e i tre figli. Ciò provoca il risentimento del Figlio e la convivenza diventa complicata.

Compresa la vicenda, gli Attori cominciano le prove del futuro spettacolo, ma ben presto nasce un vivace contrasto con i Personaggi.

Nonostante le buone intenzioni, gli Attori non riescono a rappresentare il dramma reale dei Personaggi: il dolore della Madre, il rimorso del Padre, la vendetta della Figliastra, l’indignazione del Figlio. Sulla scena tutto appare falso e artefatto. I Personaggi sono decisamente insoddisfatti e protestano anche col Capocomico. Questa incomunicabilità fra le parti culmina nella scena finale in cui la storia finisce tragicamente, senza offrire la possibilità di comprendere se essa sia reale o meno: tutti escono di scena e la Bambina, lasciata sola, annega nella vasca del giardino, mentre il Giovinetto, in preda allo sconforto, si suicida con un colpo di rivoltella.

A questo punto la confusione è notevole e lo stesso pubblico, quello vero presente in sala, non è più in grado di distinguere tra finzione e realtà.

Alla fine, calato il  sipario, ci si accorge che Pirandello ha sostituito al dramma la dimostrazione dell'impossibilità di rappresentarlo, a causa dell’incomprensione esistente fra Attori e Personaggi.

Sembra abbastanza chiaro che Sei personaggi... , oltre a trattare il tema del conflitto fra realtà e finzione, è un preciso atto d’accusa nei confronti del Teatro borghese del primo Novecento, un teatro prevalentemente fantasioso e “decorativo”, impegnato a rappresentare soltanto storie romantiche, portate in scena in modo manieroso e artefatto, lontano mille miglia  dai temi e dalla stessa naturalezza recitativa richiesta dai nuovi tempi e dagli importanti mutamenti intervenuti nella società.

Con Sei Personaggi…, Pirandello inaugura un nuovo Teatro e aderisce al Realismo dei suoi illustri corregionali: Verga e Capuana, che raccontano la vita nel suo reale svolgersi, senza provvedere a romanzarla, cioè a edulcorarla per renderla più accettabile.

In tal modo, l’Agrigentino si allinea pure con le tendenze della drammaturgia europea, che trova in Bertolt Brecht uno dei suoi rappresentanti più autorevoli, propugnatore per altro del cosiddetto "Straniamento", una vera e propria forma di rivoluzione del linguaggio teatrale.

In conclusione, va detto che non si potrà capire Sei Personaggi… sino in fondo, se non si tiene conto che tutte le creature pirandelliane, sia quelle del teatro che quelle dei romanzi, presentano problemi psicologici ed esistenziali e sono alla ricerca della propria identità, un’identità spesso alterata a causa di grette convenzioni sociali che affliggono e deprimono l’individuo.

Gli uomini, secondo Pirandello, indossano una maschera per compiacere il mondo, e dunque assumono varie forme, rinunciando ad essere se stessi; da qui la lacerazione, il tormento di chi è costretto a vivere in una società nella quale l’apparenza è il valore più ambìto.

Soltanto i personaggi sono autentici perché, essendo fissati nella forma ricevuta dal loro creatore, non cambiano mai.

E’ questo il nucleo di Sei Personaggi…, il cui scopo primario è quello di rivendicare l’utilità dell’autore e riaffermare la dignità del teatro, specialmente se impegnato a rappresentare la vita autentica e gli esseri umani senza maschera, nella loro cruda nudità.

L’opera ha anche il merito di aver innovato la tecnica teatrale, attraverso l’abbattimento della quarta parete, ovvero l’ invisibile barriera che separa la scena dal pubblico, ma più di tutto evidenzia le difficoltà che incontrano le persone vere a realizzarsi in questo nostro bizzarro mondo.