Economia
Assegno unico, ok del Cdm. Massimo di 167,5 € per ogni figlio al mese
Misura "ponte" fino al primo gennaio 2022
Eravamo rimasti tra i pochi ad avere un sistema di assistenza al reddito per le famiglie con figli da Medioevo. Non per niente l’Italia aveva – prima della tragedia della pandemia – uno dei tassi di natalità più bassi in Europa: 1,3 per famiglia. Tenendo presente che per mantenere invariato il numero di abitanti (senza contare ovviamente stranieri che diventino cittadini) ogni nucleo dovrebbe dare vita a due persone, siamo sotto media in maniera preoccupante.
E tra una sviolinata retorica sull’incapacità dei giovani di assumersi le responsabilità e una, altrettanto vetusta, per cui la colpa è delle condizioni di lavoro precarie, finalmente ci si è accorti che in un paese in cui – appunto – i figli guadagneranno meno della generazione che li ha preceduti era necessario intervenire con strumenti di sostegno. Nel 2018, l’Italia era all’ultimo posto nell’Europa a 27 per importo speso per assegni familiari come quota complessiva della spesa sociale: il 4,1%. La Francia era al 7,5%, la Germania all’11,5%.
Mentre scriviamo il cdm sta deliberando un provvedimento che porterà un massimo di 167,5 euro per ogni figlio al mese. Per questi sei mesi sarà realizzato un meccanismo “ponte” che conduca le famiglie fino al 1° gennaio del 2022, quando la norma entrerà a regime e diventerà operativa.
Dicevamo, un sostegno che ci porta finalmente in una dimensione più europea. Basti pensare che siamo ora molto simili alla Germania, che ha due provvedimenti specifici. Il primo, il Kindergeld, prevede l’elargizione di un importo pari a 204 euro al mese per ogni figlio. Per supportare le famiglie in difficoltà durante la pandemia è stato stanziato un bonus da 300 euro una tantum, da corrispondere in tre rate da 100 euro ciascuno.
Il secondo provvedimento è l’Elterngeld, un sussidio familiare che è stato portato a un minimo di 300 euro a figlio a condizione che il genitore che si occupa del bambino non lavori più di 30 ore a settimana. Questi, inoltre, ha il diritto di percepire fino al 67% del salario medio guadagnato nell’ultimo anno per integrare il suo reddito.
La Francia è ancora più avanti di noi. Dal 1° gennaio 2021, per i nuclei familiari con redditi fino a 42.892 euro ricevono un premio una tantum di 953,03 euro per ogni nascita e di 1.906,05 per ogni adozione di bambini o ragazzi di età inferiore ai 20 anni. A questo si aggiunge un assegno di base per ogni figlio di minimo 86,38 euro al mese.
Non basta: c’è anche l’assegno subordinato a requisiti di reddito, viene erogato per ogni figlio di età compresa tra i 6 e i 18 anni che frequenti la scuola. Una tantum: 372,17, per figli tra i 6 e i 10 anni; 392,70, per figli tra gli 11 e i 14 anni; € 406,31, per figli tra i 15 e i 18 anni.
Più simile a noi è la Spagna, non per niente agli ultimi posti in Europa per spesa in assegni familiari. Lì però c’è un aiuto concreto, pari a circa 100 euro al mese, per gli asili nido.
Con la riforma voluta fortemente da Draghi in prima persona e da Elena Bonetti, ministro per le pari opportunità e la famiglia, l’Italia inizia a darsi un aspetto più moderno e soprattutto più realista: se si vuole crescere, se si vogliono continuare a pagare le pensioni di una popolazione che sarà sempre più vecchia non è più pensabile non incentivare le persone a fare figli.