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Economia
Bene il governo sul lavoro, ma ora serve alzare i salari, abbattere l'evasione e aumentare la produttività

Chiosa finale sulla qualità del lavoro. Mentre si discute di settimana corta, di riduzione dell’orario d’impiego e di altri temi interessanti, bisognerebbe anche incentivare un lavoro qualitativamente migliore. Il grande problema dell’Italia, oltre al gigantesco debito pubblico, è la bassa produttività, ovvero la scarsa capacità di crescere. Secondo le elaborazioni dell’Ufficio Studi di Confindustria Udine su dati Eurostat, dalla crisi del 2008 ad oggi, il divario di crescita della produttività, intesa come valore del Pil per ora lavorata, tra l’Italia e i principali paesi europei si è ulteriormente ampliato.

In particolare, tra il 2010 e il 2019 la produttività italiana è aumentata solo di 1,2 punti percentuali, a fronte di un incremento di 8,6 punti in Germania e Francia e di 7,8 in Spagna e nell’Area Euro. I motivi sono molteplici. Uno di questi è sicuramente che le imprese investono poco in ricerca e sviluppo: in media l’1,7% del pil contro il 3% della Germania e il 2,2% della Francia.

Non solo: abbiamo un’enorme carenza per quanto concerne la formazione. Nel 2021 era il 62,7% dei 25-64enni ad avere almeno un diploma di scuola secondaria superiore in Italia, contro il 79,3% della media UE27. Il differenziale con alcuni Paesi di riferimento è ancora più netto: ne è un esempio l’84,8% della Germania e l’82,2% della Francia. Per quanto riguarda l’università, tra i cittadini italiani tra i 25 e i 64 anni la percentuale di laureati crolla al 20%, risultando anche in questo caso più bassa della media europea (33,4%). Corrispondendo, inoltre, circa alla metà di quella registrata in Francia e Spagna (40,7% in entrambi i Paesi).

Ecco allora che un quadro più composito inizia a prendere forma: lavorare meglio, aumentando il famoso valore aggiunto, accrescendo i salari, riducendo le tasse e abbattendo l’evasione fiscale. Un circolo virtuoso bellissimo. E realizzabile?

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