Economia

Carige, anche Crédit Agricole entra nella partita. Attesa per le mosse di Bper

di Marco Scotti

Crédit Agricole avrebbe rotto gli indugi e sarebbe pronta a presentare un’offerta per rilevare Carige: si tratta del secondo tentativo

Crédit Agricole, guidato in Italia da Giampiero Maioli, sarebbe disposto a presentare un’opa sul 100% dell’istituto genovese per un euro e una dote di 700 milioni

Neanche il tempo di archiviare le vacanze invernali funestate dalla nuova variante, e già il mondo delle banche è di nuovo in fermento. Crédit Agricole avrebbe rotto gli indugi e sarebbe pronta a presentare un’offerta per rilevare Carige. Si tratta del secondo tentativo di acquistare la banca genovese dopo quello di metà dicembre del 2021 portato avanti da Bper e rispedito al mittente dal Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi. 

L’istituto modenese, guidato da Piero Luigi Montani e in cui Ubi detiene il 18,89% del capitale, aveva chiesto una ricapitalizzazione da un miliardo prima di procedere all’acquisto (per un euro) di Carige. Proposta bocciata dal Fitd che avrebbe ritenuto la richiesta troppo alta. L’organismo, tra l’altro, avrebbe anche negato l’esclusiva a Bper, pronto a vedere quali fossero le intenzioni del mercato.

E così l’Epifania si apre con la notizia che Crédit Agricole, guidato in Italia da Giampiero Maioli, sarebbe disposto a presentare un’opa sul 100% dell’istituto genovese per un euro e una dote di 700 milioni. Per ora dalla banque verte arriva soltanto un “no comment”. Nei giorni scorsi il ceo, durante l’assemblea Fabi, aveva ribadito che non c’erano ulteriori novità in ambito M&A dopo l’opa sul Creval.

Ma nessuno era sembrato particolarmente convinto dalle dichiarazioni del manager. Prova ne sia il fatto che è stato annunciato un aumento di capitale da 500 milioni di euro che dovrà essere avallato dai soci il prossimo 25 gennaio attraverso l’emissione di quasi 122 milioni di azioni ordinarie.

Si apre la stagione del risiko bancario

A questo punto, dunque, potrebbe essere tutto pronto per dare il via alla stagione del tanto atteso risiko. Dall’arrivo di Andrea Orcel al timone di Unicredit, infatti, in molti hanno pensato che i tempi fossero maturi per una nuova ondata di M&A dopo la maxi-fusione tra Intesa Sanpaolo e Ubi Banca e quella tra Crédit Agricole e Creval.

I nomi sul tavolo dei possibili acquirenti sono i soliti. Da una parte c’è proprio l’istituto di Piazza Gae Aulenti che, dopo il primo fallimento della trattativa con Mps, potrebbe decidere di tornare alla carica per accaparrarsi l’istituto senese. Rocca Salimbeni a dicembre ha annunciato un nuovo piano industriale per il periodo 2022-2026 che prevede un aumento di capitale da 2,5 miliardi, una maggiore concentrazione su pmi e retail e l’obiettivo di arrivare a circa 700 milioni di utile pre-tasse entro il 2024.

Sempre Mps potrebbe finire anche nel mirino di Banco Bpm. Dopo mesi passati a smentire, tre settimane fa Giuseppe Castagna si è mostrato quantomeno possibilista sull’eventualità di creare un polo alternativo che si sviluppi tramite aggregazione di banche di pari dimensione. E Siena sarebbe un partner adatto per sviluppare una strategia di questo tipo.

Tra l’altro non va dimenticato che l’istituto di credito senese avrebbe dovuto uscire dal perimetro del governo entro il 31 dicembre scorso. Cosa che ovviamente non è avvenuta e che ha impegnato l’esecutivo in trattative con la commissaria Ue alla Concorrenza Margrethe Vestager (un habitué dei dossier italiani vista anche la vicenda Alitalia). 

Carlo Cimbri e l'ipotesi terzo polo

Infine c’è da capire che cosa vorrà fare Carlo Cimbri, l’amministratore delegato di Unipol. La compagnia assicurativa bolognese, infatti, è il primo azionista di Bper, ma ha anche una quota intorno al 9% di Banca Popolare di Sondrio, che dallo scorso 29 dicembre si è trasformata in una società per azioni. Le possibilità sono varie: portare alla creazione del terzo polo è sicuramente un obiettivo, ma con quali protagonisti?

Si potrebbe pensare a una fusione tra Bper e Sondrio, ad esempio. Cimbri durante l’evento della Fabi, ha dichiarato testualmente che l’istituto lombardo ha due possibilità: “La prima – ha detto – è di restare come sono e noi saremmo felici di accompagnarli in questo percorso ma se dovessero cercare strade diverse, penso che Bper per continuità culturale e per le tante società prodotto che sono in comune sia uno degli interlocutori”.

La banca modenese dovrà anche decidere se rilanciare su Carige o lasciare la palla ai francesi. Dopo il rifiuto di Fitd (che può acconsentire a doti fino a 6-700 milioni e comunque sotto il miliardo) la banca guidata da Montani si è detta disponibile a inviare una nuova offerta migliorativa. 
Si vedrà, insomma. Quel che è certo è che le grandi manovre sono appena iniziate