Economia

Cina, i magnati si scoprono generosi ma la Borsa fiuta l’inganno e li bastona

di Marco Scotti

Alibaba annuncia una donazione da 15,5 mld e i mercati le fanno perdere il 4%, non più impressionati da iniziative sempre meno spontanee e più propagandistiche

Dall’inizio dell’anno i paperoni cinesi hanno versato 13 miliardi di dollari delle proprie fortune personali in iniziative che hanno a oggetto il “benessere condiviso”. Sembra una gran bella iniziativa, e invece è soltanto l’ennesimo strumento della propaganda del Dragone. La quale sta cercando in ogni modo di mostrare un lato umano mentre mantiene livelli di libertà molto bassi e si ostina a condannare qualsiasi forma di opposizione.

Come ha fatto notare Bloomberg, dall’inizio dell’anno il presidente Xi Jinping ha pronunciato per 65 volte in occasioni pubbliche le parole “benessere comune”, incentivando i magnati del tech a fare la loro parte. Detto, fatto. 

L’apripista, come ha scritto Affari&Finanza, è il numero uno di Tencent, la società proprietaria del social network (ma in realtà è una sorta di mondo omnicomprensivo, dai contatti con gli amici ai pagamenti), Pony Ma. Il quale ha annunciato che donerà 50 miliardi di yuan, ovvero oltre 6 miliardi e mezzo di euro, per un “fondo speciale per la prosperità comune”.

Questo accadeva il 18 agosto, appena un giorno dopo che Xi aveva richiamato all’ordine le società più importanti della Cina. L’obiettivo è chiaro: se la classe media dovesse ampliarsi, il Partito ritroverebbe improvvisamente un’arma fantastica per la sua propaganda, appannata dai continui attacchi che arrivano dal blocco atlantico.

Tant’è vero che pochi giorni dopo Pinduoduo, l’azienda che ha lanciato la più importante piattaforma tecnologica dedicata all’agricoltura, ha annunciato la donazione di 10 miliardi di yuan proprio destinati a progetti per sviluppare l’agricoltura. 

Da notare come, in entrambi i casi, i mercati abbiano ampiamente premiato le azioni delle aziende. Pinduoduo ha guadagnato oltre il 22% e il fondatore Colin Huang, che detiene il 28,1% delle azioni, ha ottenuto un incremento della propria ricchezza di circa 6 miliardi di euro, quattro volte quanto donato. 

Da sempre la finanza, in un estremo tentativo di lavarsi la coscienza, ha riconosciuto alle iniziative benefiche un “premio” durante le sedute di Borsa. Lo sa bene Elon Musk, che ha guadagnato montagne di soldi solo chiedendo (come fa notare Italia Oggi) a quali iniziative di charity dedicarsi.

Lo sa bene il fondatore di Airbnb Brian Chesky, che ha guadagnato oltre un miliardo dopo aver annunciato che gli host offriranno gratuitamente asilo a 20mila profughi afghani. E lo sa anche Jack Dorsey – fondatore di Twitter e di Square Inc – che ha visto aumentare il suo patrimonio dopo l’annuncio di aver devoluto un miliardo di dollari per la ricerca sul Coronavirus.

Dunque essere buoni conviene, giusto? Non esattamente e forse non più. La borsa, infatti, ha iniziato a mangiare la foglia e ha iniziato a bastonare i furbastri. Jack Ma, fondatore di Alibaba, aveva donato 23 milioni di dollari per aiutare le vittime delle alluvioni nella regione dell’Henan. E ne ha ottenuto in cambio oltre 650 milioni di dollari.

Ma, evidentemente, repetita non iuvat perché Alibaba ha annunciato una donazione da 15,5 miliardi per contribuire allo sviluppo del bene comune in Cina. E tutti si aspettavano una reazione entusiasta dei mercati. Che invece hanno fatto perdere il 4% all’azienda, forse non più impressionati da iniziative sempre meno spontanee e sempre più propagandistiche.

Difficile, infatti, non pensare che dietro alla mossa di Ma ci sia un obbligo da parte del governo cinese che, criticato dall’imprenditore lo scorso anno, ha deciso di mettersi di traverso. Prima ha bloccato la quotazione in borsa di Ant Group, la holding che detiene Alibaba e che sarebbe stata la più grande Ipo della storia. Poi ha costretto al silenzio per mesi Jack Ma. Infine gli ha intimato di donare entro il 2025 una cifra superiore ai 100 miliardi di yuan. Il magnate ha accettato, ma il rischio è che il giocattolo si sia rotto.

Se dovesse definitivamente passare il messaggio che la Cina è un mercato regolamentato in modo ferreo senza possibilità di iniziativa privata, quale investitore straniero sarebbe disposto a puntare sul Dragone?