Economia

Coronavirus, più ricorso al telelavoro: dall'epidemia opportunità per Tim

Il coronavirus promuove il telelavoro, per Tim può crescere la domanda di connettività. Così il titolo perde meno rispetto al tonfo del Footsie-Mib

Il coronavirus contribuirà a cambiare l’organizzazione del lavoro anche in Italia? E’ noto da tempo che il nostro Paese ha accumulato un gap rispetto ad altri paesi per quanto riguarda il ricorso a forme di smart working e telelavoro che secondo i dati dell’Osservatorio smart working del Politecnico di Milano lo scorso anno coinvolgevano 570 mila persone. Un dato in crescita del 20% rispetto a 12 mesi prima, ma che non basta a recuperare la distanza da paesi come l’Olanda dove questa forma di lavoro interessa il 40% dei lavoratori attivi, mentre in Italia si è attorno al 3,6%. 

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Un dato che appare migliore solo rispetto a quelli di paesi come l’Ungheria, la Turchia, la Grecia, la Croazia, la Romania e la Bulgheria, non proprio noti per le caratteristiche “all’avanguardia” dei rispettivi mercati del lavoro. Fare maggiormente ricorso al lavoro “da remoto” è tecnicamente fattibile, visto che almeno i due terzi delle posizioni da lavoratore dipendente nel nostro paese riguarda mansioni impiegatizie che prevedono la gestione e trasferimento di informazioni e dunque non richiederebbe di essere svolta necessariamente in luoghi diversi da casa propria. 

Ma perché una simile rivoluzione avvenga occorrerebbe un cambio di mentalità che duecento anni di rivoluzione industriale e adozione di modelli fordiani di controllo dei processi e delle persone, anziché dei risultati, rendono difficile. Ammesso dunque che rivoluzione sia, a chi potrebbe convenire lo “smart working”? A società che producono e vendono infrastrutture e servizi in grado di consentire ai lavoratori da remoto di accedere ad una postazione lavorativa “virtuale” da cui gestire e trasferire informazioni, che si tratti di servizi di consulenza agli investitori, call center, redazioni giornalistiche o altro. 

piazza affari ftsemib borsa
 

Non a caso a Piazza Affari in una giornata resa molto pesante dalle notizie giunte durante il fine settimana (in cui si sono registrati 212 nuovi casi di contagio tra Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Piemonte e il numero dei decessi è salito a 5) a fronte di un indice Ftse Mib che cade del 4,7% a metà seduta, il titolo Telecom Italia limita il rosso al 2,5%, mentre Atlantia, cui fa capo Autostrade per l’Italia, cede il 4,2%. Mentre nel primo caso siamo di fronte ad un gestore di infrastrutture “2.0” che consentono connettività e traffico dati, il secondo gestisce una infrastruttura fisica che rischia di vedere significativamente ridotto i flussi di traffico, almeno per alcune settimane o mesi.

Nel frattempo il ricorso sia pure su base temporanea al telelavoro è stato adottato anche dalla Banca d’Italia nel caso dei dipendenti che “possono trovarsi a rientrare da periodi di ferie in Paesi limitrofi alla Cina (Thailandia, Vietnam, Cambogia e Singapore)”. Visto che “questo può creare preoccupazione tra i colleghi”, ha fatto sapere nei giorni scorsi Via Nazionale con una mail del dipartimento Risorse Umane poi fatta filtrare alle agenzie di stampa italiane, “i capi dei servizi possono concordare l’opportunità di utilizzare il lavoro delocalizzato per un periodo continuativo di 20 giorni”

Se può farlo la Banca d’Italia, si chiedono stamane a Piazza Affari molti operatori, quanto tempo occorrerà ad altre banche e uffici, pubblici o privati, perché si adeguino? E quali saranno gli impatti su Atlantia-Autostrade per l’Italia, Autogrill (oggi in caduta libera a Piazza Affari), Marr o altri gestori di infrastrutture fisiche colpite da un calo del traffico quotidiano?

Luca Spoldi