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Descalzi: "Per la sostenibilità serve un approccio multifattoriale"

di Redazione Economia

Le energie rinnovabili, escluse quelle idroelettriche, non superano il 12% della produzione globale

Descalzi: "Per la sostenibilità serve un approccio multifattoriale"

Nel 2015, quando si è svolta la Cop21, la produzione mondiale di energia generava 35 gigaton di CO2 equivalente. Otto anni dopo, nonostante gli impegni profusi e gli investimenti elevati nella transizione e nelle energie rinnovabili, la quantità non solo non è diminuita, ma è aumentata a 37 gigaton. Questa è la cruda realtà descritta al SOle 24 Ore da Claudio Descalzi, CEO dell'Eni, che dista molto dalle speranze coltivate e dai traguardi immaginati. "Ottanta per cento dell'energia elettrica è ancora prodotta utilizzando carbone, petrolio e gas", sottolinea Descalzi. "Il carbone, il più inquinante, rappresenta oltre il 36% della produzione elettrica, generando circa il 72% delle emissioni di CO2. Nonostante gli incentivi, le energie rinnovabili, escluse quelle idroelettriche, non superano il 12% della produzione globale di energia elettrica."

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La Cop28, attualmente in corso, ha evidenziato le difficoltà nel raggiungere accordi concreti tra Occidente e Paesi in via di sviluppo. L'Eni, con la sua esperienza come grande gruppo energetico, si trova al tavolo dei negoziati, affrontando il nodo cruciale della riduzione dei combustibili fossili. Descalzi sottolinea la difficoltà di eliminare immediatamente le fonti che attualmente rappresentano l'80% della produzione di energia. Propone un approccio multifattoriale, comprendente l'efficienza energetica, il cambiamento delle modalità di consumo, l'impiego dell'idrogeno e lo stoccaggio della CO2, oltre alla promozione delle fonti rinnovabili e di tecnologie nucleari avanzate. La transizione energetica è necessaria, afferma Descalzi, ma deve essere gestita con attenzione per evitare impatti insostenibili sulla sicurezza, lo sviluppo economico e l'inflazione. L'Eni suggerisce di ridurre il ricorso al carbone, privilegiare il gas, e utilizzare tecnologie per decarbonizzare le fonti tradizionali finché le energie pulite non riescono a coprire completamente la domanda.

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Riguardo alla fusione nucleare, Descalzi conferma che l'Eni è stato il primo grande gruppo energetico a investire in questa tecnologia. La ricerca ha raggiunto un livello di maturità avanzato, e l'obiettivo è avere una centrale funzionante entro i primi anni del 2030. In merito all'impatto ambientale, l'Eni ha sviluppato un energy mix sostenibile con 3 GW di capacità installata nelle rinnovabili, una crescita del 36% rispetto all'anno precedente, e investimenti in biocarburanti e progetti di cattura e stoccaggio della CO2. L'Eni sta anche aderendo a iniziative globali, come la piattaforma per azzerare le emissioni Scope 1 e 2 entro il 2050. La società mira a raggiungere questi obiettivi entro il 2035.

Infine, l'Eni sta esplorando nuovi modelli di business, come il "modello dei satelliti", che permette di estrarre singole aree di business, collocandole fuori dal perimetro del gruppo per attrarre maggiori investimenti e accelerare la transizione energetica. In conclusione, Descalzi sottolinea che la sfida è esistenziale e universale. Invita a trovare posizioni ragionevoli che proteggano i più deboli e permettano lo sviluppo dei Paesi in ritardo, nel rispetto delle persone e dell'ambiente. La transizione energetica deve essere gestita con urgenza, evitando ritardi che potrebbero rivelarsi fatali per il pianeta.