Economia

Elkann manda in panne anche i trattori. Dopo Stellantis, crolla anche Cnh: stop alla produzione e tagli al personale

di Redazione Economia

A settembre l'impianto chiuderà per dieci giorni, e 127 dipendenti su 915 hanno già accettato l'uscita incentivata

Exor, anche i trattori vanno male: produzione ferma e centinaia di uscite volontarie

Non bastava il tracollo delle vendite e una produzione automobilistica che fatica persino a sfiorare il mezzo milione di unità. Ora anche Cnh, colosso nel settore agricolo e delle macchine movimento terra, segue la stessa parabola discendente di Stellantis. Due giganti, due fiori all'occhiello sotto la bandiera di Exor, la holding della dinastia Agnelli-Elkann.

A Jesi, noto stabilimento del gruppo di trattori, la crisi è ormai più che tangibile. I numeri parlano chiaro e sono spietati: su 915 dipendenti, ben 127 hanno accettato l’uscita volontaria (a fronte di importanti incentivi economici) preferendo l’incognita della disoccupazione a un futuro sempre più incerto. E non finisce qui. Secondo quanto riportato dal quotidiano La Verità, lo stabilimento marchigiano, che tre anni fa produceva oltre 17.000 mezzi agricoli, oggi arranca sotto le 10.000 unità. Senza contare che a settembre la produzione si fermerà per dieci giorni, un segnale tanto allarmante quanto sintomatico di un declino.

Dagli escavatori cingolati alle livellatrici e naturalmente, trattori. Macchine vitali per il settore agricolo e delle costruzioni, che fino all'inizio del 2023 macinavano profitti a tutto gas. Poi qualcosa si è rotto. In pochi mesi, dai proclami di crescita siamo passati agli annunci di solidarietà, cassa integrazione e stop alla produzione. Va detto, Cnh non è una realtà da poco: 14.000 dipendenti in Europa, di cui 4.500 solo in Italia. Eppure, la crisi ha colpito duro, costringendo l'azienda a tagliare le previsioni di profitto per il 2024.

Ma cosa c'è davvero dietro questa debacle? Una gestione cieca. La verità è che Cnh, come Stellantis, è diventata vittima di una politica aziendale miope, incapace di adattarsi ai cambiamenti del mercato. Non stiamo parlando di semplici "difficoltà economiche" o della solita "crisi congiunturale". No, qui oltre che aver subito il colpo micidiale dell’aumento dei tassi d’interesse e la crisi dell’edilizia, siamo di fronte a una vera e propria autodemolizione industriale, dove scelte sbagliate e mancati investimenti hanno portato un'azienda tanto prestigiosa a contare i giorni che la separano dalla chiusura. 

A Jesi si producevano trattori avanzati tecnologicamente, ma per una nicchia: piccoli agricoltori italiani ed europei che ora, con i tassi d’interesse alle stelle, non possono permettersi nuovi acquisti. E che dire dei mercati esteri, da sempre fondamentali per Cnh? La domanda crolla anche lì. Francia, Germania, Polonia: Paesi che un tempo erano sbocchi sicuri ora comprano altrove, perché Cnh, invece di innovare, si è fermata, attaccata a un modello superato, con trattori troppo piccoli. E questo mentre le aziende agricole europee si espandono e richiedono macchinari sempre più grandi e potenti.

I numeri non mentono: CNH ha chiuso il primo semestre del 2024 con un calo del fatturato del 16%, mentre i profitti sono crollati da 710 milioni a 438 milioni di dollari, e i sindacati parlano di "prospettive nere" per il 2025. Secondo l'azienda, oltre alla politica monetaria restrittiva della Bce e alla difficile congiuntura economica, pesano i conflitti in Palestina e Ucraina.  E così, nonostante gli incentivi, una parte significativa della forza lavoro ha già lasciato l'azienda.

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Il nuovo amministratore delegato, Gerrit Marx, dovrà proporre un piano di rilancio, mentre il ministro Adolfo Urso preme per anticipare la revisione dello stop ai motori endotermici al 2025 e sprona Stellantis a chiarire il progetto della gigafactory di Termoli. Ma cosa è successo alla "grande Italia" dell’industria agricola? Dove sono gli investimenti promessi? Elkann sembra più interessato a salvare la faccia davanti agli investitori che a garantire un futuro alla sua azienda. E intanto i lavoratori, quelli che per decenni hanno sostenuto con il sudore della fronte la crescita di Cnh, vengono lasciati a casa, incentivati ad andarsene. Il futuro di Cnh è appeso a un filo. E quel filo, nelle mani di Elkann e della sua dinastia, sembra destinato a spezzarsi.