Economia

Salvare il clima non interessa più a nessuno. Transizione green, l'Europa e i colossi finanziari fanno marcia indietro

Dalle potenze europee come la Germania ai grandi fondi come BlackRock: ecco perchè la svolta verde ha perso appeal

di Francesco Crippa

Salvare il clima non interessa più a nessuno. L'analisi 

In un comizio tenuto il 13 gennaio a Bochum, il leader dei Cristiano-democratici e probabile futuro cancelliere tedesco Friedrich Merz ha annunciato di essere pronto a rivedere l’impegno di Berlino in tema di transizione energetica. Durante l’era Scholz, ha detto, le nostre politiche economiche sono state “quasi esclusivamente orientate alla protezione del clima”. Dopo il 23 febbraio, però, ci sarà una svolta: “Lo dico chiaramente: vogliamo e dobbiamo cambiare questo situazione”.

L’obiettivo di Merz è tutelare l’economia tedesca. “Negli ultimi anni abbiamo concordato spesso sulle fonti di energia da eliminare gradualmente”, ha detto riferendosi sia al carbone che al nucleare. Tuttavia, “finché non avremo un sostituto, smantellare quello che abbiamo è fuori discussione. Se continueremo a farlo, metteremo fortemente a repentaglio il ruolo della Germania come sede industriale, e non siamo disposti a farlo”.

Tra le proposte di Merz vi è, per esempio, quella di catturare e poi smaltire le emissioni di carbonio prodotte dalle acciaierie invece che cercare di eliminarle del tutto. Al di là delle difficoltà tecniche di questa idea – secondo gli esperti la tecnologia da usare è molto energivora e comunque non disponibile nella scala necessaria per coprire tutta la Germania – bisogna rilevare che, non volendo governare con l’estrema destra di Afd, Merz si troverà probabilmente costretto a cucire una coalizione con la Spd o con i Verdi, che si opporrebbero a una consistente revisione delle politiche energetiche di Berlino.

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In ogni caso, le promesse di Merz non sono un unicum. È livello globale, infatti, che la sensibilità rispetto a questi temi è cambiata. In Europa, sono molti i partiti che lottano per una revisione al ribasso degli obiettivi energetici – in Italia basti pensare alla Lega ma anche a Fratelli d’Italia. Contrario al Green deal è anche il probabile futuro cancelliere austriaco Herbert Kickl, leader del partito di estrema destra Fpö. Dello stesso avviso è l’olandese Geert Wilders, il cui Partito delle libertà (estrema destra) è parte della coalizione di governo nei Paesi Bassi. Wilders in primavera, durante la campagna elettorale, ha dichiarato non solo di essere favorevole a un ritiro dagli accordi di Parigi sul clima ma di essere proprio contrario alle rinnovabili.

Difficile che riesca a metterle in pratica, poiché queste idee non piacciono ai suoi partner, ma proverà comunque a ostacolare la transizione energetica dell’Olanda. Allo stesso modo, l’Ungheria di Viktor Orban è scarsamente impegnata: formalmente, Budapest ha come obiettivo quello di raggiungere le emissioni zero nel 2050, ma il suo impegno è minimo. Per fare un esempio, una sola centrale a carbone è responsabile del 14% delle emissioni del paese: si prospetta di chiuderla per il 2030, ma per ora si prevede di sostituirla con solo due nuove centrali a gas. In generale, l’Ungheria dipende ancora molto dai combustibili fossili e, inoltre, a più riprese Orban ha cercato di ostacolare le normative Ue per evitare un rincaro dei costi dell’energia nel suo paese.

Non sono solo gli Stati ad abbandonare, o a minacciare di farlo, la transizione green. Negli ultimi due anni, infatti, anche nel mondo della grande finanza si è registrato un crescente disimpegno. Da ultimo Blackrock, il più grande gruppo finanziario al mondo, che ha annunciato pochi giorni di lasciare la Net zero asset managers initiziative (Nzma), l’alleanza globale degli assicuratori per raggiungere l’azzeramento delle emissioni di carbonio. A spingere in questa direzione ci sarebbe l’avvento di Donald Trump alla Casa Bianca, meno incline a dare corda alle politiche sul clima. Negli Stati Uniti, inoltre, sono diversi gli Stati a guida repubblicana che negli anni hanno attaccato la Nzma accusandola di impedire investimenti sui combustibili fossili e di violare le leggi sull’antitrust.

Difatti, l’uscita di Blackrock dall’alleanza segue quella di altri grandi attori: nel 2023 hanno lasciato la Nzma Scor, Axa e Allianz, poi è stato il turno di Goldman Sachs, Wells Fargo, Citi, Bank of America, Morgan Stanley e JPMorgan Chase. Dal canto loro, quasi tutti questi grandi nomi hanno annunciato che continueranno in modo autonomo a perseguire gli obiettivi climatici, ma il disimpegno da accordi comuni sembra indicare un rallentamento.  Anche nel mondo della produzione industriale ci sono state delle svolte. Basti pensare alle strategie di “pooling” dei costruttori di automobili che per aggirare le sanzioni europee sono pronti a “scambiarsi” i crediti di emissioni, con i più virtuosi che compenseranno gli inadempienti.