Economia

EssiLux, scenari per Del Vecchio: compromesso o spettro della conta

Luca Spoldi e Andrea Deugeni

Gli investitori temono impatti negativi da una guerra tra soci che dimostra come le fusioni “tra uguali” siano solo illusioni

Le governance duali non sono mai di facile gestione e quella che viene da Essilor-Luxottica è l’ennesima conferma. Con una breve nota giunta ieri sera il patron di Luxottica, Leonardo Del Vecchio, ha sparato una bordata contro Hubert Sagnieres, già numero uno di Essilor e attuale vicepresidente di Essilor-Luxottica, e i rappresentanti francesi nel board del colosso da 16 miliardi di ricavi annui e 22 miliardi di capitalizzazione nato dalla fusione tra il gruppo italiano e quello transalpino. 

Nella sostanza Del Vecchio rimprovera a Sagneres comportamenti contrari alla “leale cooperazione e buona fede richiesto dall’accordo di combinazione del 2017 tra Essilor e Delfin”, comportamenti che rischiano di rompere il rapporto di fiducia tra i due, e per questo annuncia di volersi riservare azioni opportune per tutelare il proprio interesse. Ma cosa avrebbero fatto i francesi? 

Preoccupati dalle reiterate dichiarazioni di Del Vecchio circa il suo gradimento per la nomina quale Ceo di Essilor-Luxottica di Francesco Milleri, già Ceo di Luxottica oltre che designato come sostituto dello stesso Del Vecchio (che ricopre la doppia carica di presidente e direttore generale) nel caso di suoi impedimenti, i francesi si sono rivolti a un cacciatore di testa per selezionare i profili tra cui scegliere il nuovo Ceo, cosa prevista dalla lettera di attuazione del patto parasociale alla base della governance di Essilor-Luxottica ma che avrebbe infastidito fortemente Del Vecchio. A tutto questo, i soci transalpini hanno risposto accusando l'imprenditore veneto di “menzogne” e di muovere “accuse gravi".

Se è vero che la governance formalmente è perfettamente equilibrata, prevedendo pari poteri tra il presidente e il vicepresidente, pari numero di componenti in Consiglio di amministrazione (8  per parte su 16 componenti), pari componenti anche nei comitati nomine e remunerazioni, responsabilità sociale d’impresa, controllo interno e comitato strategico, con due presidenti degli stessi espressi dai francesi e due dagli italiani (e in ogni caso nessun voto decisivo ai presidenti in caso di parità di voto nelle deliberazioni dei singoli comitati), è anche vero che Sagnieres avrebbe nominato quattro dirigenti Essilor per altrettante posizioni di vertice in Essilor-Luxottica. Nomine che come minimo sarebbero dovute passare per il comitato nomine e da qui per il Cda, secondo gli italiani. 

Insomma: la luna di miele tra Luxottica ed Essilor rischia di essere finita dopo soli sei mesi di convivenza e sebbene il patto parasociale scada solo tra 3 anni e preveda un tetto ai diritti di voto che Delfin (la holding di Del Vecchio) può esercitare, pari al 31% (a fronte di una partecipazione del 32,8%), a questo punto per evitare una completa paralisi organizzativa le strade possono essere solo due.

La prima: Del Vecchio e Sagnieres potrebbero trovare il modo di superare le reciproche diffidenze e incomprensioni, magari accettando da parte francese che Del Vecchio attribuisca una parte delle proprie deleghe a Milleri nominandolo direttore generale accanto ad un Ceo scelto dai francesi e dai soci italiani stessi in base alla procedura già avviata, mantenendo così fino alla scadenza del patto parasociale il delicato equilibrio nel capitale. Lo scenario appare però difficile dopo che Sagnieres ha denunciato come “gravi e false” le accuse di Del Vecchio. 

La seconda: mentre il titolo continuerà a registrare l'immobilismo nella governance, i due soci litigiosi andranno allo scontro in assemblea, organo sovrano cui spetta dare “l’interpretazione autentica” di come stiano le cose, in cui gli azionisti decideranno di andare alla conta appoggiando le richieste di Sagnieres o quelle di Del Vecchio. In questo secondo caso Del Vecchio pare in vantaggio visto che manager e dipendenti francesi hanno in mano solo il 4% di Essilor Luxottica.

Stante però un ampio flottante (pari al 64,7% del capitale), se Sagnieres riuscisse a chiamare a raccolta un numero sufficientemente ampio di investitori istituzionali, la battaglia potrebbe essere fino all’ultimo voto. Tra i grandi fondi nel capitale di EssiLux vi sono: Capital Research che ha una partecipazione complessiva attorno al 2,5%, Vanguard, Amundi Asset Management e BlackRock che stanno tra l’1% e l’1,6% a testa, mentre Norges Bank, Massachusetts Financial Services e Wellington Management stanno tra il mezzo punto e il punto percentuale.

Sotto la soglia rilevante del 3% ma con una partecipazione importante, vicina al 2%, dovrebbe esserci ancora Giorgio Armani (già azionista al 4,6% in Luxottica prima di aderire all’Opa di Essilor sul gruppo bellunese), sodale dell'imprenditore di Agordo che giocherebbe a favore del socio italico. Nell’attesa di vedere se lo scontro si consumerà in tempi rapidi e consentirà di superare un’empasse che rischia di costare caro al gruppo, il titolo a Parigi continua a perdere rapidamente quota. 

Gli analisti vedono un matrimonio già alla prese con la crisi del settimo anno. Il broker francese Aurel Bgc nota come le “fusioni tra uguali“sono spesso solo un’illusione”, mentre Jefferies sottolinea: “Gli investitori continuano a riconoscere la logica che sta dietro l’integrazione, ma sono preoccupati delle evidenti distanze tra i due leader del gruppo”. Tanto è vero che mentre il Cac40 da inizio anno segna +15%, Essilor-Luxottica è in rosso del 10%.