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Economia
Export delle bollicine è storico boom, ma è in aumento il falso Made in Italy

Con l’inizio della vendemmia l’Italia festeggia il record storico delle esportazioni di vino che fanno registrare un aumento del 4% rispetto allo scorso anno quando avevano raggiunto su base annuale circa 6 miliardi di euro, la prima voce dell’export agroalimentare nazionale. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti su dati Istat relativi ai primi cinque mesi del 2018 in occasione della presentazione delle previsioni vendemmiali 2018 di Ismea e Unione italiana vini con il ministro delle Politiche Agricole Gian Marco Centinaio. La vendemmia -sottolinea  Coldiretti- in Italia impegna 310 mila aziende agricole e quasi 46 mila aziende vinificatrici su una superficie a vite di 652 mila ettari. Si tratta di una attività che attiva un motore economico che genera oltre 10,6 miliardi di fatturato dalla vendita del vino, realizzato più all’estero che in Italia, che offre opportunità di lavoro nella filiera a 1,3 milioni di persone tra quelle impegnate direttamente in vigne, cantine e nella distribuzione commerciale e quelle presenti in attività connesse e di servizio. Le vendite -precisa Coldiretti- hanno avuto un incremento in valore del 3,7% negli Usa che sono di gran lunga il principale cliente, ma l’aumento è stato del 3,6% in Germania e un vero balzo del 12,2% si registra in Francia storico concorrente del Made in Italy ma che dal punto di vista produttivo dovrà accontentarsi anche quest’anno del posto di onore a livello mondiale con 46,1 milioni di ettolitri da imbottigliare secondo le stime di Agreste, il servizio statistico del ministero dell’Agricoltura francese.

In controtendenza rispetto all’aumento generale -precisa l’organismo- sono le esportazioni in Canada che risultano in calo dell’1% dopo l’entrata in vigore dell’accordo di libero scambio Ceta. Ma a preoccupare per il futuro sono i rischi connessi agli accordi internazionali siglati, o in via di definizione con i Paesi sudamericani, dove sono centinaia le Doc italiane che potrebbero rimanere senza tutele. In Canada ad esempio -rileva  Coldiretti- non trovano al momento tutela importanti vini quali l’Amarone, il Recioto e il Ripasso della Valpolicella, il Friularo di Bagnoli, il Cannellino di Frascati, il Fiori d’arancio dei Colli Euganei, il Buttafuoco e il Sangue di Giuda dell’Oltrepo’ Pavese, la Falanghina del Sannio, il Gutturnio e l’Ortrugo dei Colli Piacentini, la Tintillia del Molise, il Grechetto di Todi, il Vin Santo di Carmignano, le Doc Venezia, Roma, Valtenesi, Terre dei forti, Valdarno di Sopra, Terre di Cosenza, Tullum, Spoleto, Tavoliere delle Puglie, Terre d’Otranto. Mentre l’accordo con il Giappone prevede la protezione da parte del Paese del Sol Levante di appena 25 denominazioni italiane, dall’Asti al Brunello di Montalcino, dal Franciacorta al Soave, dal Marsala al Lambrusco di Sorbara fino al Vino Nobile di Montepulciano solo per citarne alcuni. Non va meglio per la trattativa in corso con i paesi del mercato comune dell’America meridionale di cui fanno parte Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay (Mercosur), con una forte vocazione vitivinicola. Il negoziato -sottolinea Coldiretti- appare molto complesso anche per la presenza in Brasile di diversi produttori di Prosecco specialmente nella zona del Rio Grande che rivendicano il diritto di continuare a fare questo vino italiano anche perché la varietà vitis vinifera “prosecco tondo” risulta iscritta nella banca dati brasiliana del germoplasma sin dal 1981. E tutto questo – spiega la Coldiretti – mentre nel mondo proliferano falsi di ogni tipo con il Prosecco che guida la classifica dei vini più taroccati con le imitazioni diffuse  e le vendite su Internet dei kit per il vino liofilizzato “Fai da te” con false etichette dei migliori vini Made in Italy.

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