Economia

Famiglia Benetton, gli affari si spostano in Argentina. Hanno 300 mila mucche

Interessi anche in Francia con i palazzi sugli Champs-Élysées e il nuovo business degli aeroporti. Male la moda

Famiglia Benetton, gli affari si spostano in Argentina. Hanno 300 mila mucche

I Benetton sono usciti ufficialmente dalla gestione di Autostrade. Dopo l'accordo raggiunto con Cdp la famiglia esce definitivamente di scena, ma ha già pronti nuovi investimenti. Ripartono - si legge su Repubblica - da un tesoretto personale di 10 miliardi. E che spazia dagli Autogrill agli aeroporti, dalle mucche, in Argentina ne hanno quasi 300 mila capi, ai palazzi sugli Champs-Élysées, dalle torri per telecomunicazioni ai maglioncini. Passata la mano in Italia, i Benetton continuano a occuparsi di autostrade all’estero. E Atlantia, paradossalmente, potrebbe usare una parte degli 8,18 miliardi incassati dallo Stato italiano e dai fondi per puntellare gli investimenti di Abertis, la controllata spagnola che gestisce una rete di 8.700 chilometri (più del doppio del network di Aspi) in 16 Paesi del mondo e che ha appena fatto acquisizioni negli Usa e in Messico. Il vero buco nero per la famiglia trevigiana, come accade da tempo, sono le attività nella moda. Benetton Group aveva già perso 300 milioni tra il 2018 e il 2019. La pandemia ha peggiorato la situazione e l’ultimo esercizio è andato in archivio con un rosso di 325 milioni.

L’assenza di dividendi da Atlantia e Autogrill, il profondo rosso dei maglioncini e la travagliata vicenda della cessione di Autostrade - prosegue Repubblica - non sembrano comunque aver intaccato la solidità finanziaria dei Benetton. Edizione holding, la cassaforte di famiglia, è riuscita secondo le indiscrezioni a chiudere il 2020 cancellando il debito e con 200 milioni circa di liquidità in portafoglio, merito soprattutto all’ottimo andamento di Cellnex: negli ultimi dodici mesi la società che gestisce torri per le telecomunicazioni ha avviato una ricapitalizzazione durante la quale Ponzano Veneto ha limato dal 13% all’8,5% la sua partecipazione cedendo i diritti di sottoscrizione a nuovi soci, con un incasso vicino agli 800 milioni finito tutto in tasca ad Edizione. E la quota che è rimasta in portafoglio vale comunque 2,84 miliardi.