Economia

Il protezionismo di Trump? Lo pagano i piccoli del Made in Italy

Franco Vergnano

Ecco le prime indiscrezioni sul Summit Ambrosetti di Villa d’Este

Il protezionismo di Trump? Lo pagano i piccoli del Made in Italy

La svolta protezionista del presidente Usa Donald Trump sta destabilizzando i mercati mondiali, anche perché avviene dopo decenni di tendenza alla liberalizzazione degli scambi internazionali. Ed il made in Italy paga un prezzo salatissimo, con la penalizzazione delle proprie esportazioni. In questo scenario le piccole e medie aziende risultano particolarmente colpite. Il tutto in uno scenario che vede una debole “ripresina” in balia dei venti di guerra dei dazi, un elemento che rischia di mandare all’aria i refoli di crescita delle economie ancora deboli, come ad esempio quella italiana, alimentata dai mercati esteri. Il record mondiale delle esportazioni 2017 spetta alla Ue, con quasi 8 trilioni di dollari e un saldo commerciale 2016 di quasi 650 miliardi; “L’Unione europea – spiega Matteo Zaupa dell’Ambrosetti - si trova oggi nel mezzo di una guerra commerciale che, considerando le sole sanzioni su acciaio e alluminio, potrebbe costare alla sua economia oltre 2,3 miliardi di euro”.

Ecco le prime indiscrezioni sul Summit Ambrosetti di Villa d’Este

Il punto della situazione è stato fatto - a porte chiuse e con un ristretto numero di invitati - ieri a Cernobbio nella sessione di preapertura del Forum the European House Ambrosetti organizzato a Villa d’Este. E tra questi c’è appunto anche un rapporto che si chiama  the “The dangerous path to protectionism” e che spiega i danni causati dall’aggressiva politica di Trump.

Il forum Ambrosetti rappresenta l’incontro politico-economico che, ogni primo week end di settembre, segna l’effettiva della stagione produttiva dopo la pausa estiva. Insomma, il vero capodanno economico-finanziario, dal momento che in Italia esiste da sempre un “prima e dopo Ferragosto” che segna l’inizio della nuova stagione del business. Non per niente è un appuntamento ormai tradizionale e noto a livello internazionale, ormai giunto alla quarantaquattresima edizione, dal momento che la prima si svolse agli inizi degli anni settanta. Capi di Stato e di Governo, massimi rappresentanti delle istituzioni internazionali, ministri, premi Nobel, circa 200 imprenditori, manager e guru di tutto il mondo si riuniscono per confrontarsi sui temi di maggior impatto per l’economia globale e la società nel suo complesso.

Il rapporto Ambrosetti sui dazi denuncia come Trump stia minando i due pilastri sui quali si reggono gli scambi mondiali regolati dalla Wto, la World trade organization di Ginevra (Organizzazione mondiale del commercio): la reciprocità e la non discriminazione. Un numero per tutti: dal 1947 la riduzioni dei dazi era stata in media dell’85%, dando ossigeno alla crescita. Infatti dal 1980 al 2007 lo sviluppo degli scambi internazionali era cresciuta di sette volte, sorpassando l’andamento del Prodotto interno lordo a livello mondiale. Che cosa fare in questa situazione? Alcuni margini esistono per rimodulare la governance del commercio interazionale. Da un lato la Ue condivide con gli Usa molte istanze di riforma della governance del commercio internazionale (sussidi, aziende di stato, proprietà intellettuale). Dall’altro gode di una posizione negoziale con gli Usa più forte rispetto alla Cina grazie ad una bilancia bilaterale delle partite correnti in sostanziale equilibrio. La Ue è quindi nella posizione, volendo, di giocare un suo ruolo nella riforma delle nuove regole del commercio.

Alla discussione di ieri ha preso parte anche Niall Ferguson, il prestigioso studioso di Harvard che si è appunto soffermato sullo scontro economico tra titani in atto tra la Cina e gli Stati Uniti: in meno di un decennio Pechino ha raddoppiato la sua quota sul commercio mondiale, su un valore complessivo 2017 di quasi 23 trilioni di dollari. La situazione italiana, con tutti i suoi rischi, è invece stata commentata da un guru del calibro di Nouriel Roubini, diventato famoso per avere previsto con un intervento tenuto presso il Fondo Monetario internazionale lo scoppio della bolla dei “subprime” statunitensi nel 2007, l’evento che scatenò la crisi internazionale di cui tutti stiamo ancora pagando le conseguenze.