Economia

Il Sigaro Toscano torna in mani italiane: Montezemolo & co. lo ricomprano

di Marco Scotti

Il 2022 si è concluso con un volume d'affari di 123 milioni di euro, registrando una crescita del 5% rispetto al 2021

Il Sigaro Toscano torna in mani italiane: Montezemolo, Gnudi, Regina e Valli lo ricomprano

“Certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano” cantava Antonello Venditti nel 1991. E oggi questo suono riecheggia negli stabilimenti di Sigaro Toscano. Perché la Leaf BidCo, in mano a un gruppo di investitori formato da Luca di Montezemolo, Piero Gnudi, Aurelio Regina e Francesco Valli, ha deciso di rilevare il 50,01% della storica fabbrica e di diventare quindi unici azionisti. Per farlo hanno dovuto comprare le quote dal fondo americano Apollo per circa 108 milioni totali, compresa la rinegoziazione del debito. Per farlo si sono appoggiati a un pool di banche composto da Mps, Bpm, Bper, Db e Cassa di Ravenna.

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Brevemente la storia della Manifattura Sigaro Toscano. Il fondo di private Equity Apollo ha rilevato la holding Seci, di proprietà della famiglia Maccaferri, che deteneva le quote della fabbrica di sigari, nel dicembre dello scorso anno. La famiglia bolognese, infatti, era stata dichiarata insolvente a causa degli oltre 800 milioni di euro di debiti. Apollo aveva acquistato il 50,01% delle quote, lasciando la restante parte alla Leaf BidCo. Nella disponibilità del fondo americano anche una quota di Palazzo Zambeccari. II dossier è nelle mani dei curatori della società. Apollo aveva offerto 200 milioni per rilevare Seci nell’estate dello scorso anno, quando i Maccaferri stavamo lavorando al piano di concordato. La famiglia, però, aveva rifiutato l’offerta del fondo e di tutti gli altri (da Carlyle in giù) che si erano fatti avanti. Poi era arrivata la decisione del fallimento, prima chiesto dalla Procura, e poi avallato dal Tribunale. 

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E i curatori avevano attaccato duramente la gestione di Seci, prendendo di mira l’assoluta mancanza “di un adeguato assetto organizzativo, amministrativo e contabile”. I curatori hanno puntato il dito contro la totale sovrapposizione tra azionisti e gestori della società, una sistema di deleghe inadeguato e la mancanza di requisiti di imparzialità degli organismi deputati al controllo. A verificare i conti di un gruppo da un miliardo di fatturato, dicono i curatori, era una persona fisica e non una società di revisione. Anche per questo motivo l’azienda aveva ritardato a certificare lo stato di dissesto che l’ha portata al fallimento. Da lì la richiesta dei 322 milioni di danni agli ex amministratori, di cui Apollo si era fatto carico. Si era così chiusa la storia della holding creata dai Maccaferri nel 1949 per mettere insieme tutte le attività di un impero che ora è passato di mano.

L'operazione con cui Seci è tornata interamente in mani italiane è stata curata da Ernst & Young e dallo studio legale Chiomenti, come scrive Il Sole 24 Ore. Il consiglio di gestione della società, riunitosi ieri, 4 dicembre, sotto la guida di Luca di Montezemolo, ha designato Marco Nuzzo, Matteo Tamburini e Francesco Valli in sostituzione dei tre consiglieri indicati dal Tribunale di Bologna. Stefano Mariotti è stato confermato nel ruolo di amministratore delegato.

Nonostante le complicazioni tra gli azionisti di maggioranza, Manifatture Sigaro Toscano non ha mai interrotto la sua attività. Il 2022 si è concluso con un volume d'affari di 123 milioni di euro, registrando una crescita del 5% rispetto al 2021, e un utile netto di 17,2 milioni. Nonostante l'impatto dell'aumento delle tariffe energetiche e del costo del tabacco, l'azienda ha proseguito senza sosta. Nell'anno appena trascorso, sono stati venduti 232 milioni di sigari in 40 paesi, con le esportazioni che rappresentano il 25% del totale e con una crescita costante negli ultimi anni. I principali mercati di sbocco includono Turchia, Germania, Spagna e Francia, ai quali si sono aggiunti gli Stati Uniti dal 2018. Attualmente, Mst conta 400 dipendenti, di cui 180 sono operai, e detiene il 92% della quota di mercato in Italia.

Ora, con la stabilità dell'azionariato nelle mani di un gruppo consolidato di soci, l'azienda può intraprendere un percorso di sviluppo più solido e, eventualmente, affrontare la questione della quotazione, un tema a cuore per Luca di Montezemolo.