Economia

Illy, la spinta per l'uscita di Pogliani. Polo del Gusto, niet di De Agostini

di Andrea Deugeni

Nell'annunciare l'arrivo a Trieste della Scocchia, il gruppo del caffè parla di "volontà di Pogliani di perseguire altre esperienze professionali”, ma...

Rumors: la volontà della famiglia Illy per il cambio di governance

Nessun nuovo incarico in mano e un rapporto che si stava deteriorando in particolare con due esponenti dei rami di famiglia: Francesco, liquidato nella holding a inizio anno grazie all’ingresso nella controllata Illycaffè del fondo newyorkese Rhone Capital e Andrea, presidente dell'azienda del caffè. Anche se nel comunicato è stata usata la formula della “volontà del top manager di perseguire altre esperienze professionali” per annunciare il cambio alla guida della Illycaffè affidato Cristina Scocchia, indiscrezioni raccolte da Affaritaliani.it all’interno dell’azienda triestina rivelano che l'uscita del Ceo Massimiliano Pogliani e il cambio di governance siano effetto di una precisa volontà della famiglia di affidare le redini del gruppo all’ex capo di Kiko e che Pogliani, il primo amministratore delegato del gruppo giuliano del caffè esterno alla famiglia, al momento non abbia altre opportunità concrete. Occasioni tali da spingerlo a terminare con largo anticipo il terzo mandato e a lasciare fra un mese, come comunicato dalla Illycaffè, la società.

La mission di Cristina Scocchia

La Scocchia, già nel Cda dal 2019 della controllata della holding le cui quote sono suddivise fra i tre fratelli Andrea, Anna, Riccardo e la madre Anna Rossi e strappata all'imprenditore bergamasco Antonio Percassi, avrà una mission precisa: in primis, rimettere la Illycaffè su un sentiero di redditività più robusto (utile esiguo di cinque milioni nel 2020, dai 19 dell’anno precedente). Consolidarne, poi, l’espansione all’estero e in particolare nel mercato americano (con aperture di punti vendita nelle metropoli, negli aeroporti e nelle stazioni a stelle e strisce) dove sono stati investiti 100 milioni di euro (poco meno di un quarto del fatturato del 2020) e che in prospettiva dovrà diventare il primo mercato del gruppo, triplicando le vendite in cinque anni. Portare in borsa, a fine percorso, il business (forte) del caffè consentendo alla famiglia triestina di liquidare Rhone Capital.

I ritardi nel progetto di sviluppo del Polo del Gusto e il niet di Dea Capital

All’accelerazione nel ramo del caffè non corrisponde invece uguale scatto nel Polo nel Gusto, newco del gruppo Illy costituita nel giugno del 2019 che raggruppa tutte le aziende del cibo e del vino, escluso il caffè come il cioccolato di Domori (controllata al 100%), il di Dammann Freres (al 94,78%), il Brunello Mastojanni (al 100%), le confetture di alta qualità di Agrimontana (al 40%) e il business del bar e delle gelaterie di Fgel (al 23,5%) e alla ricerca di un partner finanziario con cui avviare poi in futuro il processo di quotazione a Piazza Affari.

Secondo quanto risulta ad Affaritaliani.it, a inizio 2021 i fratelli Riccardo e Andrea Illy avevano bussato la porta a DeA Capital attiva anche nel private equity rivolto al profittevole business del food&beverage, ma dal gruppo De Agostini hanno declinato l’invito spiegando che per il momento la strada della borsa appare difficile: non solo perché a differenza del caffè il Polo del Gusto racchiude marchi meno noti al grande pubblico, ma soprattutto perché il fatturato complessivo del ramo di business non aveva sufficiente massa critica per la quotazione (89,5 milioni di euro i ricavi nel 2019 in calo a 75 nel 2020).

(Segue: il termine per l'apertura del capitale fissato prima per l'estate e slittato poi a fine anno...)