Economia

Pietro Paganini: "La Cina opera in modo scorretto e infrange qualsiasi regola"

di Mirko Crocoli

Intervista all'economista docente della John Cabot University di Roma e della Temple University di Philadelphia

L’economista Liberale ed esperto di geopolitica Dott. Pietro Paganini, d’estrazione montessoriana e innamorato del metodo scientifico, Presidente del Centro Studi “Competere.eu, Policy for Sustainable Development” (think-tank che promuove analisi e studi a favore della sostenibilità e dell’innovazione), docente presso la John Cabot University di Roma e la Temple University di Philadelphia. È anche fondatore dell’Istituto Italiano per la Privacy e la Valorizzazione dei Dati. È stato Direttore Generale della Fondazione Luigi Einaudi, ci parla di pandemia, strategia europea sui vaccini e collocazione italiana nel contesto internazionale. Egli ha scritto anche per il Corriere della Sera, il Wall Street Journal, il Jakarta Post, Bangkok Post, La Stampa, Il Sole 24 Ore, il Fatto Quotidiano, l’Huffington Post e Formiche.

D. Professore. È di questi giorni l’ok del Parlamento Europeo alla sospensione dei brevetti sui vaccini per accelerare la somministrazione delle dosi nei Paesi più poveri. A stretto giro però è arrivato anche il commento del presidente del Consiglio Ue Charles Michel che ha sottolineato come la sospensione non sarebbe una panacea per il problema. È davvero così? Quanto può essere funzionale sospendere i brevetti per velocizzare la vaccinazione del mondo?

R. Il Parlamento ha votato una risoluzione inutile, che serve solo a mettere in imbarazzo la Commissione UE che di sospendere i brevetti, infatti, non ci pensa lontanamente. È il solito voto emotivo, di politici che inseguono sogni e utopie invece di attenersi ai fatti e lavorare per trovare soluzioni concrete che migliorino la vitta dei cittadini del pianeta, invece di illuderci con le favole. La sospensione dei vaccini non risolve il problema. La proposta di Biden era geopolitica: rispondere alla Cina che sta regalando vaccini a molti paesi in via di sviluppo, anche ai confini dell’Europa, come l’Algeria. Ma era anche una mossa furba: obbligare chi accede al brevetto (Pfizer, quindi USA) a rivolgersi all’industria americana per avere il knowhow necessario. Infatti, con i brevetti in mano non ci si fa nulla se non si sa produrre e distribuire in modo adeguato. Uso l’esempio del risotto della mia mamma, il migliore al mondo. La ricetta è nota, condivisa, ma nessuno riesce a emulare mamma. Così per farmaci, terapie e vaccini. Non basta la formula segreta, serve la capacità produttiva e distributiva. Va poi detto, che il brevetto non interessa ai paesi così detti poveri, ma a quelli, come Cina e India, o il Sud Africa, che vogliono produrre e vendere loro i vaccini ai paesi in via di sviluppo. Ma spesso, come è successo, non sono capaci di fare farmaci e così in Africa, per esempio, arrivano farmaci scaduti o mal prodotti. Con conseguenze tremende. Esiste il programma Covax, si investa in quello, e parallelamente, se si vogliono aiutare i paesi in difficoltà, gli si fornisca il capitale e il know-how per far sì che sviluppino la loro industria farmaceutica. 

D. A un anno e mezzo dall’arrivo della pandemia in Europa, non c’è ancora certezza sull’origine del Covid19. Che idea si è fatto? Sapremo mai la verità? La Cina non dovrebbe ammettere le sue gravi responsabilità davanti al mondo intero?    

R. L’assenza di trasparenza è la conferma che l’ipotesi più valida resta quella dell’incidente al laboratorio di Wuhan. Se fosse vera, non sapremo mai la verità. Immaginate le razioni. Per un anno, compresi molti virologi e sedicenti uomini e donne di scienza italiani, ci è stato detto che quella del laboratorio è cospirazione mentre quella del pipistrello, o meglio del passaggio naturale, è la verità. Ma non ci è stata portata alcuna prova, nessun pipistrello con il covid-19. Mentre sappiamo che in quel laboratorio si potenziavano i coronavirus (gain of function), pratica molto pericolosa, perché dalle conseguenze sconosciute, in condizioni di sicurezza scarse. Ora, alcuni virologi, fanno il salto della quaglia, riconoscendo che forse il virus è uscito dal laboratorio per sbaglio, ma non è colpa della scienza. Meglio tardi che mai. Certamente non è colpa della scienza, ma come ho scritto la scienza necessità di regole soprattutto quando si lavora in condizioni che potrebbero generare conseguenze incontrollabili dall’uomo. Paradossalmente sarei più preoccupato se la trasmissione fosse stata naturale, perché vuole dire che potrebbe succedere continuamente. Il laboratorio è un errore umano che implica una riflessione sul ruolo della scienza e degli scienziati. Certa ricerca non va fatta finché non si è in grado di controllarne le conseguenze. Errore che potrebbe avere responsabilità, se non si è operato, come pare dai report USA, in condizioni di adeguata sicurezza. Da maggio con il mio think tank chiediamo al governo italiano di ottenere chiarezza dal governo cinese, dall’OMS, ma anche da USA e Francia che finanziavano la ricerca. 

D. Con l’arrivo di Draghi alla presidenza del Consiglio come è cambiato il posizionamento dell’Italia a livello negoziale in Europa? Stiamo guadagnando terreno rispetto ai nostri competitor internazionali? E’ cambiato il passo almeno per ciò che concerne la credibilità? 

R. Pare che Draghi si stia divertendo e prendendo gusto con questo incarico. Io sono sempre all’opposizione, da buon liberale. Sempre costruttivi per aiutare in modo critico chi governa. L’opposizione è più importante della maggioranza, perché ha il privilegio di criticare. Ma è difficile proporre a Draghi perché sta facendo molto bene, soprattutto in politica estera, prendendo posizioni inusualmente forti per la diplomazia italiana. Alla Farnesina gli chiedevano di ritrattare su Erdogan, e non lo ha fatto. Ha mandato un chiaro messaggio alla Cina. Ha rimesso l’Italia al centro dell’Atlantico. E in politica economica lo ascoltano. Parla, propone. Rispetto ai predecessori è altra pasta. Mi auguro possa restare almeno due anni, e portare avanti le riforme paventate, a cominciare da quella fiscale, che è fondamentale.