A- A+
Economia
Le ragioni dell’impegno sociale e civile di Intesa Sanpaolo

Qual è la ragione ultima - e in un certo senso anche la legittimazione - dell'impegno sociale e civile di Intesa Sanpaolo al servizio dell’Italia? Cercherò di rispondere brevemente, richiamando la profonda trasformazione che si è verificata nel sistema bancario (e in particolare in quello italiano) negli ultimi decenni. Ancora alla fine degli anni Ottanta la natura imprenditoriale delle banche italiane era tutt’altro che pacifica. A prevalere era la cornice pubblicistica: l’intermediazione creditizia si configurava sostanzialmente come un “mercato amministrato”. Con la globalizzazione dei mercati e il susseguente mutamento in senso fortemente liberista della normativa, anche le banche italiane hanno assunto la configurazione giuridica di imprese, cioè di soggetti che perseguono l’obiettivo del profitto per i propri azionisti in un quadro competitivo ed essendo esposti al rischio del fallimento.Si deve a questa svolta (e, mi sento di aggiungere, ad una indiscutibile capacità di visione strategica dimostrata da manager e azionisti di controllo) il fatto che i nostri istituti abbiano saputo realizzare progressi tali – in termini di crescita, modernizzazione e solidità – da permettere ad alcuni di essi di misurarsi con i migliori concorrenti internazionali.

L’equiparazione delle banche alle imprese ha dunque rappresentato una conquista fondamentale per il nostro sistema bancario. Ma è un’equiparazione che incontra limiti precisi. Perché l’esercizio del credito, pur essendo volto a perseguire obiettivi reddituali, coinvolge alcune fondamentali funzioni di primario interesse pubblico.

In primo luogo, come sappiamo, la tutela del risparmio, nelle diverse forme assunte dalla raccolta; in secondo luogo, la funzione di organo di trasmissione della politica monetaria (non a caso soggetta al monitoraggio dell’autorità pubblica che presiede il governo della moneta); infine, il processo di erogazione del credito, che comporta la funzione cruciale di valutare il “merito del credito”, ossia di selezionare e assistere le aziende nella valutazione delle opportunità e dei rischi presenti sul mercato, al fine di raggiungere risultati stabili e di lungo periodo. Tutto ciò spiega, tra l’altro, la fitta rete di regole e i controlli pubblici che gravano talvolta in modo opprimente sul settore creditizio.Questa è la ragione che induce a qualificare la banca come un’impresa “sui generis”, cioè un’impresa “speciale”.

Ma, come sin dall’inizio della mia attività ho sempre sostenuto, la banca va considerata e concepita come un’impresa speciale anche sotto un altro profilo. Il “banchiere” – e mi servo di questo termine per indicare la complessa governance di una banca, che comprende sia i manager sia gli amministratori apicali – non può limitarsi a rispettare regole di correttezza e di efficienza. Deve anche dimostrarsi capace, nell’ampio spazio di libertà che gli deve essere riconosciuto, di soddisfare le attese di progresso economico e civile della comunità in cui opera (che si tratti di comunità locali o dell’intera comunità nazionale). Questa capacità di far crescere intorno a sé un’economia sostenibile manifesta la specificità dell’operatività bancaria. Identifica il “modo di fare banca” e rappresenta quindi un requisito indispensabile per realizzare al meglio gli stessi obiettivi aziendali.Non per generosità, ma per lungimiranza – è stato autorevolmente affermato – il banchiere deve anteporre gli interessi dell’economia del Paese a quelli aziendali immediati e transitori.

In questa sensibilità e intelligenza nel comprendere i bisogni del tessuto sociale di riferimento e nel trovare adeguate risposte si manifesta tutta la difficoltà, ma insieme la nobiltà e il fascino del mestiere del banchiere. Il quale è gravato, nello svolgimento del suo compito, che è una vera missione, da un’enorme responsabilità, perché – si è detto – “le sue cautele non sono mai troppe, i suoi errori sono sempre troppo grandi e la sua azione dev’essere audace e cauta insieme, legata alla realtà di oggi ma in armonia con la realtà di domani”: un domani che in una certa misura è sempre imprevedibile.Ma è stato pure detto che “La funzione più propria e più bella del banchiere è precisamente quella di perseguire insieme i propri interessi e quello generale. Una funzione un tempo umiliata e che però corre il rischio di esserlo di nuovo. Perché, paradossalmente, il fatto di essere divenuta impresa sembra comportare ormai per la banca la convenienza a rassomigliarle troppo”, rischiando cioè di perdere la propria specificità e smarrire la propria vocazione.

Ma che cosa significa farsi carico degli interessi generali, delle attese di crescita civile, oltre che economica, delle comunità di riferimento?Mi pare che proprio i temi illustrati qui oggi servano a rispondere in modo esemplare a questa domanda. Abbiamo infatti sentito descrivere interventi e programmi, che vanno dal sostegno ai giovani, in particolare nel loro percorso di studi, alla lotta alla povertà, dalla tutela dell’ambiente naturale, alla difesa dei beni culturali (lasciatemi dire una parola in più a questo riguardo, perché nel capitolo dedicato a questo tema occorre ricordare che alcuni straordinari interventi immobiliari e museali hanno arricchito l’immagine stessa e l’attrattiva di grandi città come Milano, Torino e Napoli).Si tratta di impegni che, esplicitamente o implicitamente, sono tutti riconducibili a obiettivi assunti come propri dalla nostra Repubblica, e la cui assunzione da parte della banca si configura come una perfetta applicazione del principio costituzionale di sussidiarietà. Da questo punto di vista non può allora apparire sorprendente un’affermazione estrema come la seguente, pronunciata da Raffaele Mattioli, uno dei più strenui difensori dell’autonomia del banchiere: dire che la banca opera “al servizio del Paese è una frase fatta e ha ormai sapore pubblicitario. Diciamo piuttosto, parafrasando Abramo Lincoln, che il nostro lavoro è il lavoro del Paese, con il Paese e per il Paese: in questo programma riponiamo intere la nostra tenacia, la nostra fede e la nostra speranza”.

Questa concezione di banca è scritta nel DNA di Intesa Sanpaolo, anche perché rientra nell’eredità storica degli innumerevoli istituti, grandi e piccoli, confluiti nel Gruppo. Dall’Umanesimo al Novecento va infatti ricordato che le banche italiane hanno sempre avuto una vocazione morale e culturale nella storia civile dell’Italia.

La grande crisi sociale e culturale, seguita al dissesto economico-finanziario del 2008, ha minato quello che era il maggiore capitale sociale del nostro Paese, fatto di coesione sociale, di imprenditorialità diffusa, di senso civico, di reti di solidarietà e strutture intermedie tra istituzioni e cittadini.La conseguenza peggiore che ne è derivata è la diffusione della sfiducia: sfiducia nei confronti delle istituzioni, nei confronti delle elités, nei confronti di chi è altro da sé (oggi gli stranieri, domani qualcos’altro). Con un conseguente clima di insicurezza e di paura.Io penso che anche su questo terreno – cioè per ridare fiducia ai nostri cittadini, alle associazioni no-profit, alle imprese – l’impegno sociale e culturale di un istituto come il nostro possa giocare un ruolo importante.

Rimaniamo indifferenti alle polemiche ricorrenti – legate a correnti e mode ideologiche che si avvicendano e si contraddicono rapidamente – sulla “banca di sistema”. Intesa Sanpaolo è stata criticata in passato per essere tale; ora sarebbe criticata per non esserlo! Guardiamo con un sorriso a queste polemiche sollevate da chi – ignorando i principi fondanti della nostra Costituzione, che attribuiscono a tutti i cittadini il compito di concorrere al progresso materiale e spirituale della società – non vuole ammettere che soggetti privati si facciano carico di interessi generali (la cui cura spetterebbe in modo esclusivo allo Stato). Noi procediamo sulla strada sempre seguita del rispetto dei valori in cui crediamo: i valori di cui abbiamo parlato oggi e che ci hanno portato ad essere una delle banche più apprezzate d’Europa.

Nel suo cammino Intesa Sanpaolo dispone anche della grande risorsa di un azionariato dove – come è stato sottolineato in apertura dei lavori da Messina – permane un nucleo stabile di soggetti portatori degli stessi valori. Ed è stato bellissimo sentire questa mattina le parole di condivisione di questi programmi e di questi valori sociali e culturali da parte del presidente di BlackRock.La sintonia tra management e azionisti, fondata su una comune visione ideale e valoriale della banca, è stata sempre il punto di forza di Intesa Sanpaolo. Lo sarà anche per le strategie future, garantendo che tutte le grandi scelte che attendono in futuro la nostra banca saranno assunte in coerenza e nel rispetto dei valori che hanno contraddistinto la sua storia.

Commenti
    Tags:
    banca intesa




    
    in evidenza
    "Ricomincio da Taaac e dal gol di Gabbia". Milanese Imbruttito tra cinema e gli aneddoti sul suo Milan

    Arriva il film. L'intervista a Lanzoni

    "Ricomincio da Taaac e dal gol di Gabbia". Milanese Imbruttito tra cinema e gli aneddoti sul suo Milan


    motori
    Opel apre gli ordini del nuovo Combo Electric in Italia, il multispazio 100% elettrico e versatile

    Opel apre gli ordini del nuovo Combo Electric in Italia, il multispazio 100% elettrico e versatile

    Testata giornalistica registrata - Direttore responsabile Angelo Maria Perrino - Reg. Trib. di Milano n° 210 dell'11 aprile 1996 - P.I. 11321290154

    © 1996 - 2021 Uomini & Affari S.r.l. Tutti i diritti sono riservati

    Per la tua pubblicità sul sito: Clicca qui

    Contatti

    Cookie Policy Privacy Policy

    Cambia il consenso

    Affaritaliani, prima di pubblicare foto, video o testi da internet, compie tutte le opportune verifiche al fine di accertarne il libero regime di circolazione e non violare i diritti di autore o altri diritti esclusivi di terzi. Per segnalare alla redazione eventuali errori nell'uso del materiale riservato, scriveteci a segnalafoto@affaritaliani.it: provvederemo prontamente alla rimozione del materiale lesivo di diritti di terzi.