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Economia
Mediobanca, capriole di Del Vecchio tra italianità e linea del Piave dei soci

Mediobanca e Assicurazioni Generali? Devono essere due soggetti indipendenti nei propri business ma legati da una partecipazione azionaria, quella di Piazzetta Cuccia che detta legge nel Leone e da una mission comune che è quella supportare le imprese nazionali nel loro cammino di crescita, anche internazionale (sulle orme del campione dell'occhialeria EssiLux) e il nostro intero sistema economico. I due capi di una catena societaria da far rimanere, attraverso un azionariato stabile, rigorosamente a controllo italiano, ora che il player a monte Mediobanca senza il vecchio patto di sindacato e orfana di UniCredit è più contendibile, come lo è anche a valle la compagnia assicurativa triestina guidata da Philippe Donnet.

Del vecchio leonardo ape
 

A sorpresa, il giorno successivo alla comunicazione del piano industriale di Piazzetta Cuccia, Leonardo Del Vecchio, primo socio di Mediobanca con quasi il 9,88%, esce allo scoperto e rivela il motivo della sua salita repentina nel capitale della merchant bank guidata da Alberto Nagel

Mediobanca e Assicurazioni Generali, spiega il presidente di Delfin in una nota diffusa a borsa chiusa in cui commenta le nuove scelte strategiche di Nagel, "rappresentano un pezzo strategico del nostro sistema economico e hanno bisogno di stabilità. Per questo il mio obiettivo è contribuire a creare un azionariato stabile che aiuti le società a crescere e avere successo nel mondo".

All'Italia, ha aggiunto Mr Luxottica che è anche l'uomo più ricco del nostro Paese, "servono investitori e imprenditori in grado di sviluppare le sue imprese". "Sono un imprenditore italiano - aggiunge - e il mio percorso testimonia, da sessant'anni e con fatti concreti, il mio amore e l'attaccamento per questo Paese. È con tale spirito che, sostenuto dalla mia famiglia, ho deciso di realizzare questo investimento in un settore  (quello bancario e assicurativo, ndr) in cui l'Italia deve giocare da protagonista".

Nagel
 

A giudicare da quanto scritto da Del Vecchio, bastava dunque vedere le scelte che l'imprenditore di Agordo ha fatto la scorsa settimana in occasione del varo di Progetto Italia, in cui ha deciso di partecipare all'operazione di sistema del gruppo Salini-Impregilo e Cdp che, appoggiati da Banca Intesa e da UniCredit, hanno investito in un nuovo gruppo italiano delle costruzioni per risollevare le sorti del settore salvando altri soggetti nazionali finiti in difficoltà. Insomma, nero su bianco, un imprenditore italiano che vuole spendersi ancora per il sistema Italia.

Quello che emerge dal comunicato di Delfin è che Mediobanca, secondo le richieste fatte in precedenza da Mr Luxottica e cioè subito dopo il suo ingresso nel capitale di Piazzetta Cuccia, deve fare la merchant bank per aiutare le imprese italiane a crescere, mentre Generali attraverso l'attività assicurativa e di asset management supportarne ulteriormente il rafforzamento. Due big player a loro volta da accrescere di dimensione (secondo alcune fonti, tra gli obiettivi di Del Vecchio, che a Trieste è azionista con quasi il 5%,  vi è anche un'operazione internazionale per Generali, su cui in passato pare che Mediobanca abbia sempre frenato) e da far rimanere italiani nel loro ruolo di spina dorsale finanziaria del sistema economico del nostro Paese. 

ennio doris banca mediolanum
 

La nota di Del Vecchio, ed è quello che ha destato sorpresa, esordisce con un apprezzamento per il nuovo business plan di Nagel. "Il piano di Mediobanca presentato dall'amministratore delegato Alberto Nagel presenta obiettivi sfidanti che vanno nella direzione auspicata da Delfin", scrive infatti l'imprenditore di Agordo che aggiunge di "apprezzare lo sforzo fatto dal management" e di essere "soddisfatto dei risultati economici raggiunti" dall'istituto.

Insomma, un cambio di rotta a 360° perché nelle prime dichiarazioni fatte filtrare a ridosso dell'acquisto della prima quota di quasi il 7%, Del Vecchio chiedeva di ridurre la dipendenza dell'utile di Piazzetta Cuccia dai mega dividendi di Generali e dall'attività di credito al consumo di Compass.

Philippe Donnet
 

Il pressing era quello di spingere Nagel a ritornare sulle orme corporate originarie del gruppo milanese e, attraverso grandi acquisizioni, farlo diventare un campioncino europeo del merchant banking, più di quanto dichiarato da Nagel in sede di presentazione del piano e cioè che sul tema il banchiere intende "far diventare Mediobanca l'interlocutore privilegiato delle imprese medio-grandi nei tre Paesi di riferimento, Italia, Francia e Spagna". Mission ora cancellata con un colpo di spugna grazie ai nuovi "obiettivi sfidanti" che Nagel si è messo. Così come sono state archiviate subito le incomprensioni delle ultime settimane e le critiche per un banchiere, il Ceo di Mediobanca, a detta di Del Vecchio troppo "seduto sugli allori".

Eppure, come ricorda l'agenzia MF-DowJones, questa mattina proprio i target comunicati da Mediobanca sono stati a piu'' riprese definiti dagli analisti - che pure hanno apprezzato il progetto industriale messo a punto da Nagel e dalla sua prima linea di manager - "realistici" e "in linea con le stime". Non certo una sorpresa, dunque.

generali ape
 

A ciò si aggiunge che anche dalla merchant negli scorsi giorni erano arrivate indicazioni di un piano in sostanziale continuità rispetto al precedente e che pertanto non avrebbe impresso cambi repentini di direzione legati alle osservazioni taglienti mosse dal fondatore di Luxottica, nel frattempo diventato primo socio dell''istituto proiettato, si dice, verso il 20% del capitale.

Come spiegare dunque l'apparente cambio di rotta del re dell'occhialeria? E' probabile che Del Vecchio possa essere rimasto sorpreso dalla linea del Piave che in pochi giorni si è creata spontaneamente a difesa dell'operato di Nagel sia per iniziativa di alcuni storici azionisti di Mediobanca - primo tra tutti Ennio Doris - oltre che di diversi grandi soggetti isituzionali. Fra cui i fondi internazionali, quel mercato che nel capitale di Piazzetta Cuccia ha in tasca oltre il 70% delle quote azionarie.

Un fronte comune e compatto che potrebbe aver portato l'imprenditore milanese a riconsiderare la propria richiesta di abbandonare le storiche rendite di posizione di cui Mediobanca ha beneficiato in questi anni e che in un periodo di vacche magre quasi per tutti si sono tradotte in capitale e dividendi.

In più, secondo altri osservatori, ci sarebbe in ballo la richiesta di Delfin a Bce di crescere oltre il 10% del capitale di Mediobanca: rivendicare una posizione non ostile al management potrebbe giocare a favore del via libera all’84enne imprenditore che per centrare l'obiettivo deve mostrare alla Vigilanza una strategia di crescita credibile della banca e che sia a vantaggio di tutti gli azionisti/stakholders, oltre a esperienza bancaria. 

twitter11@andreadeugeni

 

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