Economia

Mercato pubblicitario, il sorpasso delle Big Tech sulle tv è un rischio per il pluralismo

I dati Agcom parlano chiaro: Google, Meta, Netflix e Amazon ormai incalzano Rai, Mediaset e Sky. Internet è il primo mercato. E chi non tiene il passo rischia di scomparire

di Mauro Indelicato

Mercato pubblicitario, il sorpasso delle Big Tech sulle tv è un rischio per il pluralismo

Il mercato pubblicitario è ciò che muove l'editoria. È difficile immaginare una qualsiasi impresa impegnata nel settore in grado di crescere senza avere ampio accesso alla torta pubblicitaria. Per questo capire in che modo si muove questo tipo di mercato nel nostro Paese, è fondamentale per comprendere lo stato di salute dell'intero settore.

Come raccontato da Affaritaliani.it, nell'ultimo rapporto dell'Agcom le sorprese non sono mancate. Con riferimento al 2022, i dati presentati dall'agenzia garante delle comunicazioni hanno fotografato uno scenario in continua evoluzione dove, al fianco del ridimensionamento dei media tradizionali, si assiste invece alla crescita delle Big Tech. Quelle società con sede nella Silicon Valley cioè che, tra social e canali di ricerca, oramai hanno iniziato a intestarsi fette più ampie della torta economica dell'editoria.

I dati dell'Agcom

Il valore del mercato pubblicitario viene identificato con l'acronimo di Sic, ossia Sistema Integrato delle Comunicazioni. Si tratta del termometro usato dall'Agcom per le sue valutazioni, in termini sia numerici che sotto il profilo dei movimenti di mercato. Per il 2022, il Sic è stato stimato in 19.4 miliardi di euro. Una cifra non indifferente, considerando che essa corrisponde grossomodo all'1% del Pil.

La fetta più consistente del Sic è andata a mamma Rai: l'azienda del settore pubblico infatti è riuscita a incassare dal Sic poco oltre il 13%. Non si tratta di una novità: la storia della società, il suo ruolo e la sua tradizione le assegnano da sempre una quota di maggioranza relativa tra gli introiti provenienti dal Sic.

L'avanzata delle Big Tech

Le sorprese arrivano scorrendo la classifica alle spalle della Rai. Ad avanzare sono infatti proprio le Big Tech. Google è salita al secondo posto, raccogliendo l'11% dei profitti derivanti dal Sic. Negli anni precedenti, la percentuale era costantemente rimasta a una cifra e l'azienda di Mountain View era costantemente fuori dal podio. Incrementa gli introiti anche Meta, la società di Mark Zuckerberg che sale dal 6.9% al 7.6% e inizia a tallonare due storici marchi dei media tradizionali: Sky e Mediaset, rispettivamente al 9.9% e 9.8%.

Molto indietro gli altri, con la Cairo Communication al 3.5% e il gruppo Gedi al 2.7%. Entrambe sono state scavalcate da un altro gigante Usa che, anche se non ha sede in California, rappresenta ugualmente un colosso in ascesa a livello mediatico: il riferimento è ad Amazon, con l'azienda di Seattle capace di portare a casa il 3.7% della torta pubblicitaria. A suo favore gioca il ruolo di Amazon Prime, con le dirette di alcune delle partite di Champions e con le varie offerte cinematografiche incluse negli abbondamenti.

Questo spiega anche la scalata di Netflix, in grado di superare Gedi e di accaparrarsi così il 3.2% del Sic. I risultati illustrati da Agcom mostrano dunque una rapida avanzata delle Big Tech e dei colossi d'oltreoceano, oramai capaci di spezzare definitivamente il duopolio Rai/Mediaset al vertice, già peraltro da tempo messo in discussione con l'ingresso nel mercato di un attore come Sky.

Un rischio per il pluralismo?

Ma ad essere messo in discussione, di questo passo, sarà lo stesso primato della Rai. E non si tratta di un cambiamento soltanto riguardante le curiosità delle future classifiche dell'Agcom. I dati testimoniano infatti che la scalata delle Big Tech è resa possibile dal profondo cambiamento in corso nel mondo mediatico.

C'è infatti un'altra cifra da tenere in considerazione e cioè quella inerente le fonti di ricavi da cui deriva il valore del Sic. Ad avanzare è soprattutto la pubblicità online, la quale ha scavalcato di gran lunga quella televisiva e degli altri media tradizionali. La crescita della pubblicità online è stata del 55% in due anni, con una cifra che ha raggiunto il 32% complessivo del Sic. Vuol dire che 6.3 miliardi di introiti derivano dalla pubblicità in rete.

La strada per il futuro appare quindi piuttosto chiara: a comandare saranno i nuovi media e una fetta sempre più larga del mercato avrà internet come riferimento e non più la tv. Se da un lato questo appare un cambiamento inevitabile dovuto principalmente all'avanzata delle nuove tecnologie, dall'altro i dati impongono una riflessione sul rischio di vedere spente molte voci informative.

Con uno spazio sempre più ristretto fuori dall'online, molte realtà potrebbero non reggere il confronto. E si sa come, nel mondo mediatico, ogni voce spenta è un colpo in più inferto alla sacrosanta necessità di avere un sempre maggiore pluralismo.