Economia

Pandoro-gate, Morgese: "Il business della Ferragni fermo da un anno"

di redazione economia

L'influencer che sognava di conquistare il Natale italiano è finita, ironia della sorte, a dover salvare il suo brand da una slavina mediatica

Ferragni, l'azionista Morgese senza troppi giri di parole: "Business fermo dopo lo scandalo pandoro"

Il pandoro di Chiara Ferragni non è solo un dolce diventato bersaglio di critiche e polemiche, ma anche il simbolo di un'azienda, la Fenice Srl, che si ritrova a fare i conti con un crollo nelle vendite e una reputazione da ricostruire.

Pasquale Morgese, uno dei principali azionisti con il 27,5%, parla senza troppi giri di parole: 'Ho investito dodici anni della mia vita in questa società, ma da un anno a questa parte siamo bloccati. Il business nel 2024 è crollato drammaticamente, e nessuno ha fatto nulla per cambiare le cose'. Dura constatazione? Forse, ma Morgese non è uno che si nasconde dietro mezze verità.

Fenice Srl, che porta il nome di un mitico uccello destinato a rinascere dalle ceneri, oggi si trova a un bivio. Il 32,5% dell'azienda è ancora nelle mani di Chiara Ferragni, mentre Paolo Barletta, detentore del 40%, ha appena lasciato la presidenza a Claudio Calabi, nominato amministratore unico all'unanimità nell'assemblea. Una mossa di speranza? Morgese, intervistato da Radiocor, sembra crederci: 'Calabi ha davanti a sé una sfida impegnativa, ma nella sua carriera ha risolto problemi ben più grandi. Spero che lavori con la stessa determinazione anche per Fenice'.

A questo punto, il piano è chiaro: trovare nuove risorse e fare ciò che finora è mancato—un vero piano industriale. Serve una strategia e serve subito, magari aprendo le porte anche a investitori esterni, se necessario. Perché, al di là dei pandori e delle polemiche, questa vicenda mette in luce qualcosa di più grande: un sistema che funziona solo finché tutto va bene, ma crolla appena arriva il primo scossone. E la Ferragni, l’imprenditrice digitale che sembrava invincibile, ora si trova a imparare a sue spese che l'industria non perdona."