Economia
Pensioni, riforma: quota 41 e lavoratori precosi. I conti non tornano. Novità
Pensioni, riforma: quota 41 con troppi limiti per i lavoratori precoci. Ecco cosa dice la Cgil
Pensioni, riforma: quota 41 con troppi limiti per i lavoratori precoci
Pensioni, per la Cgil luci ed ombre. Dopo la presentazione ufficiale della manovra per il prossimo anno il sindacato guidato dalla Camusso ha fatto un primo bilancio delle misure predisposte dal Governo all'esame della Commissione Bilancio della Camera. Alcune misure sono positive ricordano dalla Cgil: "L'unificazione della no tax area, l'aumento e l’estensione della platea delle quattordicesime, legate alla storia contributiva. È questo - aggiungono dalla Cgil - un risultato necessario, dopo anni di non rivalutazione delle pensioni che deve trovare il suo completamento in un sistema stabile di rivalutazione. Così come sono positive le soluzioni individuate sulle ricongiunzioni contributive, l’eliminazione strutturale delle penalizzazioni sulle pensioni di anzianità, il cambiamento della legge sui lavori usuranti per renderla fruibile, insieme alla cancellazione della finestra mobile e dell’attesa di vita".
Se aver introdotto 41 anni di contributi come riferimento per l'anzianità è "senz'altro positivo", al contrario il capitolo sui lavoratori precoci "è certamente lontano dall'obiettivo che ci eravamo proposti, e soprattutto distante dalle aspettative suscitate. Infatti pur avendo determinato un'area di lavori gravosi ampia, ancora tanta strada serve fare per affermare che i 41 anni sono sufficienti per il riconoscimento della pensione anticipata". Poi il passaggio sull'Ape, l'Anticipo pensionistico. "Il riferimento legato all'Ape sociale, (come più volte detto un 'super-ammortizzatore' per affrontare alcune emergenze), è stato però reso molto labile dall'introduzione dei due vincoli (36 anni di contributi e 6 anni di consecutività), che diminuiscono di molto, a nostro avviso, la platea potenziale. Nel dibattito parlamentare abbiamo chiesto di ridurne i vincoli".
L'Ape generale "pur introdotta in via sperimentale e su cui ribadiamo la nostra contrarietà, invece continua ad avere le caratteristiche di uno strumento finanziario che scarica sui pensionandi le sbagliate rigidità del sistema". Sulla fase 2, inoltre, "riaffermiamo che i titoli sono utili e necessari per ricostruire una prospettiva previdenziale per i giovani e i lavoratori discontinui a partire dalla pensione di garanzia". Un intervento sulla previdenza che non affronti il futuro rischia di rendere instabile il sistema. In coerenza con la piattaforma unitaria di Cgil, Cisl, Uil e l'obiettivo di modificare la Legge Fornero, infine, la Cgil "impegna tutte le sue strutture ad una campagna di assemblee che oltre ad informare sul verbale di sintesi, articoli il giudizio e costruisca le condizioni di prosecuzione della vertenza anche in relazione alla flessibilità in uscita".
Secondo il segretario della Cgil, Susanna Camusso sul ricambio generazionale nelle imprese occorre trovare un punto di equilibrio dando una prospettiva previdenziale per i giovani e consentendo di uscire a chi ha superato i 62 anni di età eliminando il controverso meccanismo dell'adeguamento alla speranza di vita. “II primo problema - ha continuato - è che bisognerebbe avere politiche che creino lavoro per i giovani, che ne stabilizzino il lavoro e che garantiscano salari e condizioni dignitose. Perché la previdenza è sempre lo specchio del mercato del lavoro. Poi c'è il tema dell'ordinamento previdenziale che si è costruito nel nostro paese. E' un ordinamento fatto in nome dei giovani, e che in realtà, con un sistema contributivo puro porterà i giovani in pensione oltre 70 anni, con tassi di sostituzione assolutamente bassi. Così sarà impossibile avere una società coesa”.
fonte: http://www.pensionioggi.it