Petrolio, Trump non attaccherà l'Iran e Riad presto alla normalità: prezzo -5%
Dopo le impennate del prezzo del greggio, la produzione saudita tornerà a regime prima del previsto. Così il costo del barile è crollato. Anche perchè Trump...
Giornata no per i grandi nomi dei servizi petroliferi mondiali, con perdite tra i 4 e i 5 punti percentuali per titoli come l’italiana Saipem o l’americana Schlumberger dopo che fonti dell’Arabia Saudita citate da Reuters hanno circa la possibilità per Riad di ripristinare entro “due o tre settimane” la produzione dell’impianto di raffinazione di Aramco presso Abqaiq, colpito sabato da 20 droni e vari missili.
Un attacco che ha costretto per ora Riad a ridurre del 50% (5,77 milioni di barili al giorno) la capacità produttiva, pari al 5% della produzione petrolifera mondiale, con immediate e violente ripercussioni sui prezzi del greggio (il future sul petrolio Wti è schizzato a 62 dollari al barile, il Brent ha sfiorato i 68 dollari). Prezzi che però dopo la notizia riferita da Reuters sono tornati rapidamente a scendere, col future sul petrolio texano a poco più di 59 dollari e quello sul petrolio del Mare del Nord scivolato poco sopra i 65 dollari.
Fino a ieri si temeva che l’attacco, condotto “con precisione chirurgica” e che gli Stati Uniti sospettano abbia l’Iran come mandante (per quanto l’attacco sia stato ufficialmente rivendicato da Houthi, i ribelli yemeniti comunque filo-iraniani), avesse creato danni molto più seri e che le riparazioni potessero durare alcuni mesi. Il rischio infatti, come aveva fatto notare Didier Saint-Georges, managing director e membro del Comitato investimenti di Carmignac, era che fosse stato “danneggiato il cuore del sistema di raffinazione saudita” e pertanto le riserve di greggio saudite fossero “poco rilevanti se non possono essere raffinate”.
Anche in quel caso, peraltro, Trump aveva subito l’utilizzo delle riserve strategiche americane per garantire la regolarità dell’offerta, mentre l’Arabia Saudita avrebbe rassicurato gli altri membri dell’Opec chiedeno loro di non incrementare la produzione, ritenendo possibile circoscrivere i danni. Sullo sfondo resta difficile “dare un senso a questo evento nel contesto degli apparenti progressi diplomatici compiuti nelle ultime settimane tra Stati Uniti e Iran”, ha aggiunto Saint-Georges, ma è “certamente un nuovo mal di testa per l’amministrazione Trump” che a un anno dalle prossime elezioni presidenziali tutto cerca meno che un conflitto in Medio Oriente.
Così se Trump ha tuonato che gli Usa sono “pronti e armati” a rispondere ad altri attacchi, mentre le forze armate saudite hanno segnalato che le indagini iniziali condotte da Riad suggeriscono che gli attacchi “non siano stati lanciati dallo Yemen”, ma utilizzando “armi iraniane”, di fatto la Casa Bianca per ora resta alla finestra in attesa di capire che ripercussioni ci saranno sul ventilato incontro tra Trump e il presidente iraniano Hassan Rohani a margine dell’assemblea dell’Onu la prossima settimana.
Per ora la prudenza di Trump, che la scorsa settimana ha licenziato il “falco” Bolton, prevale anche per i riflessi che una maggiore conflittualità con Teheran potrebbe avere sui negoziati commerciali con la Cina, che del petrolio iraniano è il principale acquirente mondiale. Ma il crescere della percezione “di una maggiore vulnerabilità dell’offerta saudita” e l’aumento del rischio politico in Medio Oriente potrebbe non essere privo di conseguenze per quanto riguarda la fiducia globale dei consumatori.
(Segue...)
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