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Economia
Pnrr, Italia acchiappatutto. Così il debito pubblico è diventato monstre

Italia acchiappatutto sui fondi del Pnrr: così il debito pubblico ha prosciugato i conti. Il commento

Non si sono ancora spenti del tutto gli echi della polemica scatenata dalle parole del commissario Gentiloni, che ha semplicemente svelato una ovvietà. I fondi del Pnrr sono stati ottenuti dal nostro Paese non per il lavoro diplomatico dell’allora premier Giuseppe Conte, che su questo ha costruito gran parte della sua immagine di leader autorevole (ahinoi smentita dai fatti e corroborata dalla ridicola scenetta ripresa dalle telecamere del suo colloquio con Angela Merkel, ai margini di un Consiglio europeo del 2019).

L'entità dei soldi stanziati dalla Unione europea ai vari paesi sono il risultato di semplici calcoli matematici effettuati da un algoritmo, sulla base di determinati criteri oggettivi. Ma la questione importante non è tanto questa, a meno che non si sia fedeli seguaci dei grillini e del suo assai vanitoso leader, ma sul perchè al contrario di tutti gli altri paesi sia stata fatta la scelta di prendere tutti i fondi e subito, sia quelli a fondo perduto che quelli a prestito. Questa sì una scelta da addebitare tutta a Giuseppe Conte. Come scrivono in un bell'editoriale su Repubblica gli economisti Tito Boeri e Roberto Perotti, sarebbe stato certamente meglio prendere subito le sovvenzioni a fondo perduto, e poi ragionare (tanto il tempo c’era, la Spagna, per esempio, ha chiesto 95 miliardi di prestiti del piano a giugno del 2023) su quando e soprattutto quante sovvenzioni a prestito richiedere. In molti casi e soprattutto in casi di conti pubblici a rischio come quelli italiani, si sa la fretta è cattiva consigliera. Ed è indubbio che forse qualche errore dettato dalla scarsa ed attenta valutazione degli impatti futuri della misura, sia stato fatto dal governo Conte nell’estate del 2021.

LEGGI ANCHE: Fitto: "Pnrr modificato per scelta con l'Ue. Quinta rata in arrivo"

Il problema non è affatto secondario, considerando che già adesso il nostro Paese ha il secondo debito pubblico più grande della Unione, ed in previsione sembra destinato a diventare il primo, stando alle previsione che vedono il rapporto debito Pil italiano superare entro due anni anche quello della Grecia, che occupa il primo posto attuale di questa poco virtuosa classifica. Ecco che quindi, come giustamente dicono i due economisti nel loro articolo, ma come ribadisce da oltre un anno e mezzo Raffaele Fitto (troppo spesso criticato quando invece il suo certosino lavoro sul Pnrr sta cercando di mettere una pezza ai grossolani errori commessi da altri), forse era meglio essere più prudenti e non lasciarsi andare all’euforia o addirittura da una sorta di delirio di onnipotenza, e comprendere come ulteriore debito tra le altre cose da spendere a condizioni assai stringenti (prima tra tutte la tempistica, come sempre da mesi cerca di far capire Fitto, che ha per questo motivo concordato con la Commissione un rimodulazione del piano, assolutamente necessaria se non indispensabile) fosse una scelta che avrebbe potuto avere ripercussioni pesanti sui conti pubblici.

Senza contare che qualche mese prima il governo Conte aveva deliberato la misura che definire azzardata è poco, del Superbonus 110%, che ha raggiunto fino ad ora la cifra monstre di 150 miliardi di euro di oneri per le casse pubbliche. Questo mix di misure ha intaccato una situazione debitoria già complicatissima, togliendo inevitabilmente ulteriore spazio di manovra per interventi su sanità, scuola e lavoro. Alla kermesse organizzata da Affaritaliani.it in collaborazione con Aepi, il ministro Fitto, glissando molto diplomaticamente sulla querelle legata ai criteri di scelta della Unione, ha in qualche modo fatto intendere per l’ennesima volta che forse in quel caso sarebbe stata necessaria una maggiore cura ed attenzione soprattutto in merito ad ulteriori prestiti che gravano sui conti pubblici. La disastrosa situazione dei conti pubblici è proprio figlia di questo modo di approcciarsi alla politica economica del paese poco prudente se non in alcuni casi addirittura azzardato. La sensazione purtroppo è che sul Pnrr siano stati ripetutti gli stessi drammatici errori.






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