Economia
La Lombardia torna a correre e guida la ripresa del Paese
Boom di ordini, export e fiducia. Vicini ai livelli di inizio 2020
Ottantuno trattori al giorno solo perché in termini produttivi andare oltre non si può. La saturazione dell’impianto Sdf di Treviglio, ormai da settimane arrivato al limite della propria capacità realizzativa, non è un’eccezione, legata alla ripresa decisa della domanda globale di meccanizzazione agricola. Rappresenta la spia di un movimento ampio, che riporta la Lombardia - si legge su Il Sole 24 Ore - su un sentiero di crescita sostenuto. Testimoniato dai dati del primo trimestre, così come dai racconti puntuali di molti imprenditori. A partire da chi opera a cavallo di più settori, come le minuterie metalliche, indicatore prezioso per tastare il polso al sistema.
«Mai avuto così tanti ordini, e infatti ho dovuto assumere in pochi mesi 15 persone», spiega Laura Colombi, dell’omonimo mollificio lecchese, 350 clienti, in rotta per il nuovo record storico di ricavi a quota 13 milioni di euro. «Il nodo è nella disponibilità di materie prime - spiega l’imprenditore bergamasco Raffaele Meles - perché dal punto di vista del lavoro non ci sono problemi: abbiamo ordini che coprono quasi sei mesi e lavoriamo anche il sabato». Scenario forse estremo ma non infrequente, guardando ai dati medi della regione, con le imprese del territorio a registrare ordini in grado di saturare la produzione per 74 giorni lavorativi, 17 in più rispetto a quanto accadeva dodici mesi prima.
Dai dati registrati da Unioncamere emerge in effetti una spinta soprattutto prospettica, non scaricatasi ancora appieno in termi ni produttivi, anche se la saturazione degli impianti sale a ridosso del 74%, non distante dai livelli di inizio 2020. La ripresa della domanda tedesca, visibile nel balzo del 30% dell’export di marzo verso Berlino, è un toccasana per i distretti meccanici dell’area e non a caso sono proprio Brescia, Lecco e Bergamo (oltre a Cremona) a vantare le performance più robuste tra gennaio e marzo in termini di produzione, con recuperi superiori al 10%. Percorso di risalita - si legge ancora su Il Sole 24 Ore - che tuttavia non è per nulla lineare, con il tessile-abbigliamento, ad esempio, a scontare ancora ritardi evidenti nella ripresa. E un comparto auto che vede immatricolazioni ancora in deficit rispetto al 2019, così come in calo rispetto al periodo pre-Covid è la produzione di Berlino, principale cliente della nostra filiera.
«Problemi - spiega Paolo Pozzi, ad di Agrati (2400 addetti e 600 milioni di ricavi nei sistemi di fissaggio) - che si aggiungono ai nodi della supply chain: abbiamo clienti che ad aprile e maggio hanno tagliato anche del 25-50% la produzione per mancanza di componenti, soprattutto elettronici. E questo si riverbera sui nostri volumi: se il primo trimestre è stato ottimo ora si fa più fatica, così come si fatica a gestire i forti aumenti delle materie prime». Il clima resta tuttavia positivo, con indicazioni di crescita dei ricavi superiori al 5% che in Lombardia sono in arrivo dal 55% delle imprese, il massimo storico nelle rilevazioni. Ottimismo che spinge verso l’alto gli investimenti: la Lombardia si conferma prima regione in Italia per richieste di finanziamenti nella nuova Sabatini, spinta che tra gennaio e maggio vale un miliardo di euro.
«Aprile e maggio sono altri mesi di recupero - spiega il presidente di Confindustria Lombardia Marco Bonometti - per un’industria lombarda trainata dall’export e che ha continuato ad investire in tecnologie e digitalizzazione. Per grandi e medie imprese la ripresa è evidente, anche oltre i livelli pre-covid, mentre le Pmi soffrono ancora. Ora è fondamentale sfruttare al massimo l’opportunità del Recovery Plan, concretizzando i progetti. Riformando in parallelo fisco, Pa, giustizia e politiche del lavoro, perché solo attraverso le riforme si può alzare in modo strutturale la competitività del Paese. Le materie prime? Il problema è serio, a partire dall’acciaio. Ed ecco perché credo che in assenza di interventi a livello europeo dovrebbe essere l’Italia ad agire, imponendo lo stop all’export di rottame».
Il Piemonte cresce del 5% e recupera il gap 2020
In Piemonte la manifattura cresce, sì, ma a velocità dimezzata rispetto alla media italiana. È quanto emerge dall’ultima congiuntura elaborata dall’Ufficio Studi di Unioncamere Piemonte che registra, su un campione di oltre 1.800 imprese, un output in crescita in media del 5% rispetto al primo trimestre del 2020. Dunque il Piemonte recupera quasi completamente il gap accumulato nel corso del 2020 – produzione industriale in calo del 5,9% – ma cresce ben al di sotto della media italiana. Meccanica e trasporti - scrive Il Sole 24 Ore - hanno trainato la ripresa dell’industria – rispettivamente +6,4% e +7,8% – anche se il rimbalzo nell’automotive in realtà corrisponde ad un recupero dei volumi persi con le chiusure dell’anno scorso, non con una ripresa dei volumi vera e propria. In particolare, rileva Unioncamere, la performance positiva del primo trimestre risulta il frutto di una consistente crescita della componentistica a fronte di dati ancora negativi per l’assemblaggio di autoveicoli e per l’aerospazio. Bene anche le filiere del legno e le aziende dell’elettronica, in recupero rispettivamente del 5,4% e del 5,2%. Continua, e preoccupa, la crisi del tessile innescata dalla pandemia e mai di fatto arrestata: nel primo trimestre di quest’anno l’indice di produzione ha registrato un calo del 4,6% su gennaio-marzo del 2020.
Il settore agroalimentare, che l’anno scorso ha retto svolgendo una funzione anticiclica, ha registrato nel primo trimestre dell’anno un assestamento dell’1,9%. La ripresa del Piemonte dunque ha il “freno tirato” come dimostrano anche i dati sull’occupazione: l’ultima rilevazione del ministero del Lavoro e di Bankitalia rivela che in Piemonte da gennaio ad aprile sono stati 4.065 le attivazioni nette di rapporti di lavoro rispetto alle 19mila della Lombardia, alle 14mila del Veneto e alle 16mila dell’Emilia Romagna. Meglio del Piemonte fanno anche Toscana, Lazio, Sicilia e Campania, segno di una difficoltà del tessuto industriale ed economico a ripartire. Pesa la dinamica ancora non brillante dell’export: il risultato negativo evidenziato dal Piemonte nel corso del 2020 – meno 12,7% – è più consistente rispetto alla media nazionale, -9,7%. E la dinamica degli ordinativi esteri registrati dall’industria stenta a decollare, con un +3,4% rispetto al primo trimestre del 2020.