Economia

Sci, il Cts: "Impianti da non riaprire". Speranza firma: stop fino al 5 marzo

Ma il settore ha già perso 8 miliardi

Dopo il parere del Cts, il ministro della Salute Roberto Speranza "ha firmato un provvedimento che vieta lo svolgimento delle attività sciistiche amatoriali fino al 5 marzo 2021, data di scadenza del Dpcm 14 gennaio 2021". Una decisione mette definitivamente a terra le speranze di un intero settore: "Per l'economia delle Regioni è una mazzata all'ultimo secondo, perché dopo due rinvii arriva un altro stop. Le Regioni in zona gialla si erano organizzate per attuare un protocollo di sicurezza e ingaggiare personale adeguato, ma si rispegne una macchina che si era messa in moto nel rispetto delle regole", ha subito commentato il coordinatore della Commissione speciale Turismo ed Industria alberghiera della Conferenza delle Regioni, Daniele D'Amario.

Il Dpcm di venerdi' aveva dato il via libera alla riapertura di buona parte delle stazioni sciistiche, fatto salvo il divieto di spostamento tra le Regioni che permane. La Lombardia, il Piemonte, l'Emilia Romagna, dovevano essere le prime Regioni a riaprire i battenti lunedì ma con affollamento contingentato: accesso agli impianti di risalita previa prenotazione online degli skipass, e capienza del 30% su cabinovie, funivie e seggiovie. Obbligatorio, naturalmente, l'uso della mascherina e nei rifugi il rispetto delle norme in vigore per bar e ristoranti.

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Walter Ricciardi


 

Rispondendo alla richiesta del ministro della Salute Roberto Speranza di "rivalutare la sussistenza dei presupposti per la riapertura" dello sci, i tecnici del Comitato tecnico scientifico (Cts) avevano nuovamente l'allarme, dicendo che sarebbe stato meglio stoppare tutto.

Alla luce delle "mutate condizioni epidemiologiche" dovute "alla diffusa circolazione delle varianti virali" del virus, "allo stato attuale non appaiono sussistenti le condizioni per ulteriori rilasci delle misure contenitive attuali, incluse quelle previste per il settore sciistico amatoriale", aveva detto il Cts, "rimandando al decisore politico la valutazione relativa all'adozione di eventuali misure piu' rigorose". 

La nuova analisi del Comitato tecnico scientifico, che lo scorso 4 febbraio aveva dato il via libera allo sci in zona gialla seppur con una serie di limitazioni (vendita degli skipass contingentati e impianti al 50%), è scaturito dallo studio condotto dagli esperti dell'Istituto superiore di sanita', del ministero della Salute e della Fondazione Bruno Kessler proprio sulla diffusione delle varianti del virus in Italia. Un'analisi condotta in 16 regioni e province autonome dalla quale e' emersa la presenza delle varianti nell'88% delle regioni esaminate, con percentuali comprese tra lo 0 il 59%.

Alla luce di cio' lo studio raccomandava di "intervenire al fine di contenere e rallentare la diffusione, rafforzando e innalzando le misure in tutto il paese e modulandole ulteriormente laddove piu' elevata e' la circolazione, inibendo in ogni caso ulteriori rilasci delle attuali misure in atto". Rispondendo a Speranza, gli esperti avevano sottolineato innanzitutto che la situazione epidemiologica "rimane un presupposto fondamentale" per poter procedere alle riaperture e che in ogni caso ogni azione "va valutata con cautela rispetto al possibile impatto" sui territori. Anche perche' le misure previste per le zone gialle "dimostrano una capacita' di mitigare una potenziale crescita dell'incidenza ma non determinano sensibili riduzioni" che, invece, si osservano nelle zone arancioni e rosse. C'e' poi da tener conto di altri due fattori: la ripresa della scuola in presenza, il cui "impatto andrebbe monitorato prima di valutare ulteriori rilasci", e, appunto, la presenza delle varianti del virus che, dice lo studio, stanno provocando una nuova crescita dell'epidemia, "con un impatto sostenuto sui sistemi sanitari".

"E', pertanto, evidente - avevano detto gli esperti - che la riapertura degli impianti...non puo' prescindere da una attenta valutazione dall'impatto di quanto sopra rappresentato". Per questo, era la conclusione del Cts, spetta al decisore politico la valutazione, ma "allo stato attuale non appaiono sussistenti le condizioni per ulteriori rilasci delle misure contenitive attuali, incluse quelle previste per il settore sciistico amatoriale". 

Dal punto di vista economico però, le perdite fin qui accumulate sono ingenti, e risalgono alla prima ondata della pandemia, quando gli impianti sportivi e le localita' montane hanno assistito, rispetto allo stesso periodo del 2019, al crollo dell'83% di visitatori stranieri, che rappresentano l'80% della clientela totale. La perdita economica stimata da Confturimo e' di circa 8 miliardi, ai quali andranno aggiunti a consuntivo gli effetti del ritardo della stagione in corso.