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Economia
Scuole: più restano chiuse più il Pil cade. Ancora 300mila studenti senza pc

Scuole: la chiusura aumenta la caduta del Pil 

In tutta Europa si sta sempre più parlando di lockdown e chiusure settoriali a causa della pandemia da Covid-19. Francia e Germania ad esempio hanno già optato per lockdown più o meno morbidi, con una misura comune: tenere aperte, per quanto è possibile, le scuole. Nel resto d'Europa si sta via via consolidando l'idea che la chiusura delle scuole oltre che arrecare un danno al singolo, generando una perdita sulla qualità dell'apprendimento, produce rischi e pericoli anche sull'intera collettività. 

Da quanto si apprende dal Sole 24 Ore un recente studio dell’Ocse testimonia che la perdita di un terzo di anno scolastico perso potrebbe comportare a un calo del Pil dell’1,5% fino alla fine del secolo. Questi numeri andrebbero considerti anche nel nostro Paese, nel quale molti governatori hanno innalzato dal 75 al 100% l’asticella delle lezioni a distanza alle superiori e in un paio di casi (Campania e Puglia) hanno esteso la serrata anche a medie e elementari. 

Scuole: lo studio Ocse

Il Sole 24 Ore fa sapere che partendo dal lockdown di primavera lo studio The Economic impacts of learning losses rilasciato a fine settembre esamina il costo economico della perdita degli apprendimenti. Partendo dal singolo studente che, a causa della chiusura delle scuole già subita, rischia di lasciare sul terreno fino al 3% dei suoi guadagni futuri. Ma è una stima che prevedeva l’immediato ritorno ai livelli di istruzione pre- crisi. Figurarsi adesso che l’emergenza si sta protraendo. Il passaggio ulteriore contenuto nel paper dell’Ocse è quello di provare a calcolare anche la perdita per l’intero paese: con la perdita di ¼ dell’anno scolastico il calo del Pil sarebbe dell' 1,1%, con la perdita di 1/3  andrebbe a – 1,5%, con metà anno a -2,2%, con 2/3 a  -2,9% e con un annto intero a -4,3%. Questi numeri dovrebbero portare a una riflessione più profonda per gli studenti svantaggiati. L'invito è infatti quello di adottare un modello di istruzione online la più individualizzata possibile per cercare di recuperare anche a distanza chi resta indietro. 

Scuole: la situazione in Italia 

Da quanto si apprende dal Sole 24 Ore un paese come l’Italia, che già in partenza soffre di forte divaricazioni territoriali nel campo dell’istruzione, questi rischi sono ancora più rilevanti. Anche Mario Rusconi, presidente dell’Associazione presidi del Lazio, ha più volte sottolineato: “Trasformare tutto l’insegnamento in Dad vorrebbe dire non tenere conto della necessità dei contatti tra gli studenti e i professori e tra studenti, relegando la presenza a scuola a una misura poco significativa. Molti docenti, non per colpa loro ma per l’insorgenza imprevista dell’epidemia la diversa tecnica comunicativa uno strumento “freddo” come lo schermo del pc imporre per rendere le lezioni online efficaci e veramente formative”. E invece in Italia due regioni come Campania e Puglia hanno deciso di lasciare la didattica tutta a distanza, aggravando ancora di più il livello di apprendimento degli studenti, monitorati durante le Invalsi. Il ritorno a una situazione "normale" sarà per alcune regioni davvero difficile, con o senza pandemia. 

Scuola a distanza: 85 milioni non bastano per tutti 

La didattica a distanza prende ora il nome di didattica digitale e integrata (Did). 2 milioni di studenti sono tornati a fare scuola in questo modo, ma con il nuovo Dpcm in arrivo, la platea potrebbe crescere ancora di più. Ma per molti studenti il passaggio alle lezioni via web potrebbe essere ancora molto complicato. Come spiega oggi Il Sole 24 Ore, gli 85 milioni di euro stanziati dal decreto ristori per acquistare pc e chiavette usb rischiano di non bastare. E a questo quadro già complesso vanno aggiunti i ritardi cronici e i gap italiani nella diffusione della banda ultralarga. Il decreto ristori dovrebbe permettere alle 8mila scuole statali italiane di acquistare e concedere in comodato d’uso gratuito agli studenti meno abbienti 211.469 dispositivi digitali e 11.727 accessi a Internet. Ma sulla base dei monitoraggi ministeriali, allo scorso 1 settembre, mancavano ancora 283.461 pc, mentre 336.252 alunni non avevano una connessione a casa. Ci sarebbero quindi, già in partenza, 300mila richieste destinate a restare inevase.

 

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