Economia

Investimenti esteri e riduzione delle imposte: così la nuova America di Trump punta forte sulla crescita del Made in Italy negli Usa 

di Mauro Bandelli

L'effettivo impatto dipenderà dalle specifiche politiche che verranno implementate e dal contesto economico globale

Come sarà l’America di Trump: le prospettive di crescita del Made in Italy negli Stati Uniti

È fuori dubbio come durante il suo primo mandato, dal 2017 al 2021, l'amministrazione Trump abbia avuto un impatto significativo sull'economia statunitense in termini di crescita economica e occupazione, con effetti che si sono protratti anche successivamente. Il PIL è aumentato con una media annua del 2,5%, in linea con l'ultimo triennio dell'amministrazione Obama, il tasso di disoccupazione è sceso fino al minimo del 3,5% nel dicembre 2019, mentre quello di partecipazione della forza lavoro è aumentato dal 62,8% al 63,2%. In politica fiscale ha ridotto significativamente le tasse per le imprese e gli individui, con l’implementazione del Tax Cuts and Jobs Act (TCJA), e l’aliquota dell'imposta sulle società è stata tagliata. Con il programma del "Buy American” Trump ha promosso una politica di acquisto di prodotti americani da parte delle istituzioni pubbliche, potenzialmente riducendo le opportunità per le aziende italiane negli appalti pubblici USA.

Durante il suo primo mandato, Donald Trump ha adottato una politica commerciale caratterizzata da un approccio protezionistico e dall'imposizione di numerosi dazi, avviando una guerra commerciale con la Cina, imponendo dazi su centinaia di miliardi di dollari di importazioni cinesi: nel 2018 ha introdotto tariffe del 25% su $50 miliardi di prodotti cinesi, poi estese al 10-25% su altri $200 miliardi di importazioni. Ha inoltre rinegoziato accordi commerciali, sostituendo il NAFTA con il nuovo accordo USMCA con Canada e Messico, si è ritirato dal Partenariato Trans-Pacifico (TPP), e ha avviato negoziati commerciali bilaterali con vari paesi. Alcune politiche hanno avuto un impatto diretto sull'economia europea: nel 2018 ha colpito in particolare settori come l'acciaio e l'alluminio, con dazi rispettivamente del 25% e 10%.

Di contro, grazie alla riduzione delle tasse sulle imprese, anche quelle italiane che hanno filiali e sedi negli USA hanno beneficiato delle politiche fiscali di Trump, impostazione che Trump ha annunciato di voler mantenere e consolidare rendendo quindi ancora più attraente per le aziende italiane investire o espandere le proprie operazioni negli Stati Uniti. In generale, la politica economica di Trump ha creato un ambiente più favorevole alle aziende che vogliono operare sul territorio, portando benefici fiscali e nuove opportunità di investimento.

Gli USA rappresentano ancora il mercato più importante per le aziende del Made in Italy: il 24% delle vendite per un valore di 72,9 miliardi di dollari nel 2023, cresciuto del 5,4% rispetto al 2022, sostenute da una maggiore spesa dei consumatori che hanno privilegiato prodotti di fascia alta durante la ripresa post-pandemia; numeri che rendono l’Italia l’11° paese fornitore, con una quota di mercato del 2,3%. Un risultato determinato dalla percezione altamente positiva del valore del Made in Italy nell’ambito alimentare, della cosmetica, dell’abbigliamento, del lusso in senso trasversale, dell’arredamento e della tecnologia in particolare collegata a questi settori.

Cosa ci dobbiamo allora aspettare per questo secondo mandato, che si concluderà nel 2029? 

Per prima cosa l’amministrazione Trump incentiverà gli investimenti esteri negli Stati Uniti. Nel 2017 Trump ha promosso una significativa riforma fiscale che ha ridotto l'aliquota dell'imposta sulle società dal 35% al 21%. Questa riduzione ha reso gli Stati Uniti più competitivi a livello internazionale per attrarre investimenti esteri. Ha inoltre ha perseguito una politica di deregolamentazione in vari settori, con l'obiettivo di ridurre gli oneri burocratici per le imprese e rendere più semplice fare affari negli USA. Ha spesso esercitato pressioni dirette su alcune grandi aziende straniere affinché investissero negli Stati Uniti, talvolta usando i social media per fare annunci o minacce. Ricordo come abbia spinto BMW ad aumentare gli investimenti negli impianti statunitensi esistenti. Tante pressioni dirette, spesso esercitate tramite tweet o dichiarazioni pubbliche, come parte della strategia "America First" per attrarre investimenti stranieri e creare posti di lavoro negli Stati Uniti. Non solo, Trump ha già annunciato ulteriori riduzioni delle imposte sulle società: la tassa federale sugli utili delle corporation dovrebbe passare dal 21% al 15%. Una politica fiscale espansiva che stimolerà l'economia americana, potenzialmente aumentando la domanda di prodotti italiani negli USA. Infatti il mercato USA non vuole rinunziare ai prodotti del made in Italy a cui si è abituato, soprattutto perché è la fascia di mercato con il maggior reddito e propensione alla spesa e se la politica dei dazi penalizza le importazioni, i macro aspetti analizzati fanno sì che per le aziende italiane sarà più utile e conveniente produrre o assemblare prodotti direttamente sul territorio USA, il che comporterà la necessità di costruire una struttura solida dal punto di vista della supply chain e da quello finanziario.

Quello degli Stati Uniti è un mercato eterogeneo, impegnativo e complesso, dove lo sviluppo commerciale richiede tempi lunghi e investimenti consistenti. Lo scenario che si presenta sulla base delle politiche adottate da Trump nel suo precedente mandato e sulle sue dichiarazioni elettorali prevede una crescita del PIL USA fino a 8 miliardi di dollari già nel primo anno. L'effettivo impatto dipenderà dalle specifiche politiche che verranno implementate e dal contesto economico globale. La rielezione di Donald Trump potrà rappresentare un'opportunità significativa per le aziende italiane che desiderano espandersi nel mercato statunitense purché adottino una strategia ben definita che permetta loro di operare direttamente all’interno del mercato. 

 

*CEO di Gen USA

 

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