Economia
Una leadership di servizio per generare inclusione
Una leadership di servizio per generare inclusione
Sempre più spesso nelle organizzazioni, soprattutto in quelle di grandi dimensioni, si parla di D&I (diversity and inclusion) e fortunatamente esistono veri e propri dipartimenti dedicati a valorizzare le differenze, garantire alle minoranze che lavorano in azienda pari diritti generando così un contesto inclusivo che tradotto significa mettere tutti nelle condizioni di esprimersi a prescindere dalle differenze anzi, cercando per quanto possibile di valorizzarle.
L’onda dell’inclusione è arrivata anche nelle scuole e si cerca per quanto si può di coinvolgere tutta la classe nell’esperienza dell’apprendimento e dei momenti destrutturati quali l’intervallo o la pausa mensa.
Per generare inclusione si lavora sugli ambienti prevedendo rampe per salire le scale, ascensori, banchi inclinati per facilitare chi ha un’ipovisione e così via. Quando questo non basta ci si appella a strumenti tecnologici o analogici: l’ingranditore, una sedia più ergonomica, programmi scolastici un pochino meno densi e-o tempi aggiuntivi per svolgere un compito in classe.
Lo stesso vale nel mondo professionale e le organizzazioni più sensibili garantiscono luoghi di lavoro accessibili e postazioni informatiche adeguate alle diverse disabilità. Addirittura a scuola è previsto un insegnante di sostegno che si occupi, nei casi che lo richiedono, di rendere fruibili lezioni e contenuti. Un aspetto meno noto e di grande rilevanza è l’indispensabile cambio di paradigma che dovrà nel tempo intraprendere la leadership, che non può non tener conto di questa rivoluzione culturale in cui finalmente le persone vengono valutate in base a quanto offrono a un team, a prescindere dal fatto che siano abili, donne, omosessuali o di colore.
Che ci piaccia o no gli stereotipi hanno spesso interferito sulla scelta di un candidato o sulla possibilità di essere promossi e vivere una traiettoria di carriera allineata al proprio valore aggiunto e non alle caratteristiche peculiari. Ci sono studi e testimonianze che raccontano di quanto impatti la propria etnia e il genere di appartenenza nel tempo che viene concesso in una riunione per esporre il proprio pensiero. Tradotto brutalmente, ai bianchi di mezza età magari vestiti bene viene d’ufficio garantito un tempo maggiore all’interno di un meeting per esprimere la propria opinione.
Va da sé quindi che non è sufficiente avere un ascensore o la sintesi vocale per generare un ambiente inclusivo. Questo passaggio è utile come primo passo e, se non è fatto semplicemente per sentirsi a posto con la coscienza, deve essere corroborato dalle sensibilità che i leader dovranno sempre più mettere in campo a favore del proprio gruppo di lavoro. Pertanto iniziamo a parlare di leadership al servizio, come l’allenatore di una squadra che è pronto a cambiare sistema di gioco per mettere le giocatrici o i giocatori in condizione di esprimersi al meglio. Non è più il gruppo che deve adeguarsi al mio modulo ma io leader, o allenatore, devo avere per forza di cose quella flessibilità nell’interpretazione del mio ruolo così da rendere più facile agli altri la possibilità di esprimersi.
Inoltre non basta più dire: “ho sempre fatto così e ha funzionato per 20 anni”. Ognuno è differente e i tempi cambiano e rendono le persone più o meno sensibili ad alcune dinamiche rispetto ad altre. Per questo i leader di oggi dovrebbero lavorare per essere autorevoli piuttosto che autoritari. Qui si può aprire un altro spazio di riflessione significativo. Intanto ci siamo presi del tempo per riflettere su come essere un leader moderno: e, senza troppo forzare la mano, avere confidenza con la leadership ha molto a che fare anche con l’essere un genitore più sicuro, un amico più consapevole o un compagno di squadra più rassicurante.
* Campione paralimpico, presidente onorario di Piramis onlus