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Economia
Unicredit, al via l’Italy Tech Day: il Made in Italy si fa digitale

UniCredit, in collaborazione con lo studio legale Orrick, ha organizzato l’Italy Tech Day 2020, in occasione del quale le migliori scale-up italiane hanno incontrato una platea selezionata di “campioni” dell’innovazione e investitori internazionali

L’emergenza Coronavirus ci ha reso tutti spettatori del grande trionfo del digitale, accelerando anche un processo di consapevolezza di massa: trasformazione digitale (ormai è chiaro) significa innanzitutto una vera e propria rivoluzione nella vita quotidiana di ognuno di noi.

Smartworking, e-commerce o DAD non sono solo delle nuove modalità di lavorare, di acquistare o di apprendere, ma nuovi stili di vita che implicano una nuova serie di schemi valoriali, ambientali, esistenziali.

Come spesso la storia dimostra, quando l’habitat umano tende a mutare, il grande motore dell’ecosistema dell’innovazione non tarda a mettersi in moto. In Italia questo ecosistema è un motore pulsante fatto di startup e scale-up in continua crescita: basti pensare che nei primi sei mesi del 2020 gli investimenti nelle startup italiane hanno raggiunto i 260 milioni di euro (fonte: Startupitalia).

Oggi UniCredit, in collaborazione con lo studio legale Orrick, ha organizzato “l’Italy Tech Day – Disruptive Lifestyle”, un evento che riunisce alcune delle principali scale-up italiane rappresentative del settore Lifestyle, società che hanno già fatto il primo salto dimensionale e hanno un business strutturato e con potenzialità di ulteriore sviluppo, per un momento di presentazione e confronto con una platea di investitori internazionali.

Olivier Khayat, Co-CEO Commercial Banking Western Europe di UniCredit, ha inoltre aggiunto: “Oggi investire in innovazione non è un'alternativa, è la priorità. Il periodo che stiamo vivendo è complesso e la ripresa dell’intero sistema è indubbiamente legata alla capacità di trasformare i modelli di business per essere più flessibili e rispondere a tutti i cambiamenti, coniugando le nuove possibilità offerte dal digitale ai tratti distintivi del Made in Italy. Questo è vitale per soddisfare i bisogni dei clienti ed essere competitivi in questo scenario in evoluzione senza precedenti. In UniCredit possiamo contare su un’expertise di altissimo livello e possiamo essere facilitatori in tutte le relazioni tra imprese, istituzioni e investitori. Vogliamo essere un partner strategico per i nostri clienti, pronti a offrire le migliori soluzioni per sostenere la crescita di tutti i business, che siano già consolidati o appena avviati.”

Più nel dettaglio, sono 6 le aziende che si presentano, tutte selezionate all’interno del Founders’ Club, il progetto che, frutto dell’esperienza di UniCredit Start Lab (la piattaforma di business che ha portato all’analisi di oltre 5.300 start-up innovative dal 2014 ad oggi ed alla selezione di 350 progetti che sono stati supportati nel loro percorso di crescita) riunisce 60 scale-up operanti nei settori Life Science, Clean Tech, Innovative Made in Italy e Digital che hanno registrato ottime performance in termini di ricavi, attrattività di capitali e percorsi di crescita internazionale.

 

Elena Belli, Head of WEU Strategic Marketing & Business Development di UniCredit ha spiegato:“L’innovazione è un trend irreversibile. Neppure l’emergenza di quest’ultimo anno ha messo uno stop all’innovazione, anzi il contrario. Unicredit da sempre sostiene gli innovatori, e in modo particolare quelli che portano innovazione ‘dal basso’. Pensiamo ad esempio all’Unicredit Start Lab, grazie al quale dal 2014 ad oggi abbiamo preso in considerazione e analizzato oltre 5.300 startup fino a selezionarle circa 350 che sono state oggetto del nostro sostegno. Si pensi inoltre al progetto Founders Club. Oggi ci proponiamo di unire questo sostegno all’innovazione con la nostra vocazione internazionale: abbiamo l’obiettivo di creare un ecosistema virtuoso fatto di relazioni e scambi reciproci che permetta ai campioni italiani dell’innovazione di crescere ancora. Questa volta lo facciamo focalizzandoci sul Lifestyle, un settore dove l’Italia è certamente leader. Abbiamo selezionato sei progetti estremamente promettenti e ad alto valore aggiunto con grande potenziale di mercato che hanno una grandissima possibilità di esprimersi a livello internazionale”

 

Attilio Mazzilli, partner responsabile dell’Italian Tech Group di Orrick, ha sottolineato: “Stiamo ormai osservando da alcuni anni un trend positivo che vede le startup italiane farsi spazio a livello internazionale e guadagnarsi meritatamente la considerazione di investitori di tutto il mondo, che ne premiano la competenza e ne favoriscono lo sviluppo, anche grazie a funding importanti. Con UniCredit abbiamo voluto ideare un evento che si concentrasse per quest’anno su un segmento, quello del Lifestyle, in cui l’Italia eccelle e in cui ha dimostrato una spiccata capacità di individuare la perfetta sinergia con il mondo del digitale. Il Tech Day è una delle numerose iniziative di cui Orrick si fa promotore, con l’obiettivo di favorire l’ecosistema tech del nostro Paese, creando opportunità di mentoring e matchmaking tra i principali player del mercato.”

Sono 6 scale-up che partecipano all’iniziativa e i cui founders sono stati intervistati da “opinion leaders e investitori” internazionali riconosciuti nel mondo dell’innovazione quali Simon Beckerman, Frederic Court, Riccardo Pozzoli, Ash Puri, Reshma Sohoni e Jeremy Uzan.

Le scale-up selezionate sono: BOOM Imagestudio, “marketplace” di servizi fotografici on-demand a scala internazionale e un luogo di incontro per una generazione di creativi e autori in cerca di ispirazione, apprendimento, confronto e lavoro; BUDDYFIT, la nuova applicazione disponibile per Android ed iPhone creata per consentire alle persone di allenarsi in qualsiasi luogo con il supporto di un personal trainer, tramite workout personalizzati o allenamenti in diretta;

EVERLI, prima realtà ad applicare un modello innovativo che permette al cliente di scegliere il supermercato di fiducia, ordinare la spesa online e affidarsi a un personal shopper che la consegnerà all’indirizzo desiderato entro un’ora o nella fascia oraria richiesta. FREEDA, media brand per le giovani generazioni di donne presente in Italia, Spagna e Regno Unito con oltre 7 milioni di follower sui più importanti social network; SHOPFULLY, leader nel Drive-to-Store grazie allo sviluppo di soluzioni in grado di connettere i consumatori con i rivenditori fisici tramite tecnologie e strategie digitali; VELASCA: brand globale di scarpe e accessori di alta qualità, totalmente Made in Italy, con un modello di vendita Direct to Consumer.

Le Interviste di Affari alle startup

Ma come si fa oggi a sfidare il mercato e a realizzare la propria idea di azienda? Qual è l’ingrediente del successo? Come invece, questa particolare congiuntura emergenziale ha influito su queste aziende ancora giovani ma in rapidissima espansione? Ne abbiamo parlato con alcune di loro, che ci hanno raccontato la loro storia fatta di resilienza, d’innovazione, di lavoro di squadra nonché di grande consapevolezza dei propri valori guida.

Dolci (Boom): “Una startup deve essere resiliente, deve essere capace di adattarsi ai cambiamenti e alle opportunità perché deve lottare sempre con i grandi, che sia un virus o un competitor. Una startup deve saper cavalcare l’onda”

“Abbiamo aperto il sipario a gennaio 2018: eravamo dei ragazzi con poca esperienza ma con tanta passione, il che è stato fondamentale all’inizio. La grande sfida è stata quello di creare una società legata all’imprenditoria italiana ma anche al futuro digitale e all’innovazione, settore che non era tanto diffuso in Italia”, racconta Federico Mattia Dolci, CEO di Boom.

Armi vincenti, secondo il CEO, sono state la condivisione degli obiettivi e la valorizzazione dei talenti: “La verità è che abbiamo scommesso soprattutto sulle persone, un’azienda non è fatta solo del prodotto che commercializza, ma anche della società stessa che la compone”.  

L’emergenza sanitaria, confessa il CEO, è stata per alcuni aspetti difficile, ma anche molto stimolante, permettendo lo sviluppo di una fase creativa: “Noi digitalizziamo le società, permettiamo alle società di vendere online, offrendo tutti i prodotti visivi di cui necessitano. Quindi per noi in realtà è un momento molto propizio: durante il lockdown abbiamo aperto in altri 22 paesi e ad oggi operiamo in 70”

“Viviamo quindi certamente un’accelerazione delle nostre attività, ma dall’altra parte anche noi abbiamo sofferto per l’impasse lockdown: cresciamo con un ritmo di dieci assunzioni al mese, quindi non è stato facile gestire questi ritmi”.

Ma l’iniziale difficoltà di gestione, si è presto trasformata in un’opportunità: “Abbiamo fatto della società il più grande motore: non era il CEO che doveva resistere da solo. È diventato quindi un momento per creare allineamento e consapevolezza sulle sfide che avevamo di fronte come azienda, e questo onestamente è stata la cosa vincente”.

“Sicuramente è stato un momento importante per riflettere a fondo sul tipo di società che vogliamo diventare da grandi, tenendo bene a mente i valori che hanno sempre guidato le nostre scelte: portare la cultura fisica sull’online, puntando sull’interazione con le persone. Abbiamo creato un sistema che digitalizza tutta l’operatività connettendo migliaia di fotografi nel mondo con le esigenze delle aziende: quello che stiamo facendo avrà un grandissimo impatto perché per necessità e per natura l’e-commerce online si sta spostando sui computer e sui telefoni. La nostra grande sfida per il futuro è quindi quella di creare la prima grande società tecnologica che aiuta a scalare in maniera diversa il contenuto visivo, quindi un investimento fortissimo sulla tecnologica, in un ambito nuovo”.

La fotografia infatti, con l’avvento sempre maggiore del digitale, non è più solo un contenuto personale o artistico, ma la vera e propria “architrave del web”, come la definisce il CEO di Boom, che conclude: “Ci aspettiamo non soltanto di aprire in nuovi paesi, ma anche in altre industry: lanceremo altre categorie e altri servizi per creare un’offerta più ampia possibile. Sostanzialmente quello che vogliamo essere è un vero e proprio server provider”.

Calderini (Freeda): “Ci facciamo ispirare dalla nostra community, sempre più ampia nel mondo. Ascoltiamo i loro bisogni e cerchiamo di rispondere al meglio. Durante il lockdown è aumentato il consumo ma anche la necessità di affrontare tematiche psicologiche: siamo stati accanto alla community rispondendo alle richieste d’aiuto anche con enti specializzati”

Un’altra interessante testimonianza ci è stata fornita da Andrea Scotti Calderini, CEO & Co Founder di Freeda, che ha raccontato: “Abbiamo lanciato il brand nel febbraio del 2017 perché percepivamo una distanza tra le nuove generazioni con quelle tradizionali: vedevamo un forte gap rappresentativo. Ecco perché abbiamo pensato di costruire Freeda con la volontà di rappresentare in maniera autentica le nuove generazioni, e nello specifico le nuove generazioni di donne.

Ma quali sono oggi gli elementi per costruire una media company di successo? Il CEO individua cinque pilastri strategici sulle quali si basano anche gli elementi cardine della crescita: “Innanzitutto la volontà di concepire un brand che abbia il valore a centro, quindi per noi la rappresentazione della diversità, della collaborazione e della cultura.  Il secondo pilastro è l’ispirazione che traiamo dalla nostra community: ogni giorno raccogliamo milioni di informazioni per costruire contenuti che possano rispecchiare i loro bisogni. Quindi il marketing e la tecnologia ispira l’aria creativa. Il terzo fattore punta sul fatto che siamo un editore senza un sito, un giornale o un canale televisivo ma abbiamo costruito tutto direttamente sulle piattaforme social, la casa nativa dei nostri contenuti dove costruiamo la relazione con le nuove generazioni. Il quarto pilastro è quello di puntare sulla qualità, e non sulla quantità: pochi contenuti, fatti bene e ben studiati. Infine l’obiettivo chiaro di costruire un brand che sia globale”.

Su questo ultimo aspetto infatti le scale up sembra puntare davvero molto: “Siamo partiti dall’Italia poi a maggio nel 2018 abbiamo raggiunto la Spagna, permettendo lo sviluppo della community anche in sud America.  A settembre del 2019 siamo entrati negli UK che per noi rappresenta un po' la finestra per il resto del mondo. I contenuti in lingua inglese ci stanno già permettendo oggi di parlare a persone in India, nelle Filippine, fino ad arrivare al nord America. È chiaro che si tratta di un’opportunità enorme sulla quale continueremo a puntare”.

Freeda ha quindi vissuto in poco tempo un’espansione straordinaria, inglobando e facendo da collante anche tra culture, realtà e lingue diverse, cercando di riempire un vuoto identitario oggi sempre più diffuso e profondo e rappresentando una generazione caratterizzata dalla grande voglia e necessità di dialogare e di esprimersi.

A maggior ragione, in seguito agli sconvolgimenti mondiali ai quali abbiamo assistito, fondamentale è stato l’ascolto attento della community. Spiega il CEO: “Da marzo a oggi l’attività social è incrementata perché le persone avendo una libertà limitata hanno comunque bisogno di continuare un dialogo e un confronto. Abbiamo quindi, in prima battuta, notato un aumento del consumo. L’altra cosa che abbiamo notato è la ricerca dell’autenticità del contenuto: un video girato dal salotto di casa o dal bagno, è molto apprezzato perché permette una maggiore identificazione. Poi sicuramente c’è stato un incremento delle tematiche psicologiche: abbiamo notato tante richieste da parte della nostra community di supporto e di aiuto. Abbiamo cercato sempre di rispondere con la nostra presenza e i nostri consigli e al tempo stesso collaborando con enti specializzati in tematiche delicate, come problemi psicologici o violenze domestiche”.

Di recente infine Freeda ha cambiato il proprio business model introducendo un modello b2c con Superfluid, marchio di prodotti per la cura della persona attivo in Europa, e Goovi, che crea prodotti naturali per le donne.

Portu, Shopfully: “Una startup nasce da un’intuizione, ma per trasformare un’idea in un’azienda di successo è necessario saper attrarre professionisti che contribuiscano alla crescita questo progetto: siamo riusciti a costruire un team molto forte”

“Shopfully collega ogni mese 30 milioni di consumatori con 250mila negozi ed è il terzo player di shopping dopo Amazon ed eBay per traffico”, ha raccontato ad Affaritaliani.it il suo founder e CEO, Stefano Portu. Tre sono i fattori che hanno decretato il successo dell’app: “Il nostro core business stesso, perché risolve un problema importante: quello di poter collegare il consumatore digitale con il negozio fisico vicino a casa”. Le tecnologie stanno infatti mutando i connotati del settore del retail e le abitudini d’acquisto dei clienti. “Il 90% delle vendite del settore continua ad avvenire fisicamente in negozio, ma sono quasi sempre precedute da un’esperienza digitale. Con il nostro servizio agevoliamo e acceleriamo questa relazione”.

Anche un team solido e variegato ha contribuito alla crescita di Shopfully. “Una startup nasce da un’intuizione, ma per trasformare un’idea in un’azienda di successo è necessario saper attrarre professionisti che contribuiscano alla crescita questo progetto. Possiamo dire di essere stati bravi a costruire un team molto forte”. A trainare le performance positive dell’azienda è anche l’elevato tasso di fedeltà - e soddisfazione - dei partner con cui operano. “Abbiamo reso felici sia i nostri clienti consumer, sia i clienti business che lavorano per noi. Questo ci gratifica, perché significa che stiamo offrendo un servizio utile ed efficace”.

Come molte imprese “native digitali”, Shopfully si prepara a chiudere l’anno con il segno più. “E’ stato un anno di vera rivoluzione, nonostante le criticità scatenate dalla crisi. Nella clausura del lockdown c’è stata un’impennata dell’uso dello smartphone per effettuare acquisti e per i retailer con cui lavoriamo in Italia e all’estero, il digitale è diventato il primo strumento attraverso cui far comunicare i negozi del vicinato con i clienti finali, superando gli strumenti tradizionali. Il retail sta virando sempre più sul digitale e noi possiamo essere i partner chiave degli operatori del settore in questa transizione”.

Quanto al futuro, “vogliamo dare una dimensione ancora più internazionale alla leadership tecnologica che abbiamo sviluppato”, ha spiegato Portu. “Per il consumatore, lo smartphone è diventato il telecomando della propria esperienza di acquisto: sia comprando online, sia in negozio, il cliente vuole avere la possibilità di cercare i prodotti che gli interessano con il telefono. Shopfully si candida a essere partner dei retailer nei prossimi anni per trasformare questa prospettiva in realtà”. 

 

Innovare non è solo un cambio di processi e infrastrutture, ma significa lasciare un nuovo segno, costruire una nuova idea di futuro, possibilmente sempre migliore, perché innovare significa anche avere la consapevolezza che quello che si è fatto fino a ieri non può bastare oggi, né tantomeno domani. 

In questa particolare congiuntura storica, che porta in sé il seme di una profonda svolta, la sensazione è che abbiamo forse ancora più bisogno di guardare verso questa direzione vocata al nuovo e l’anima avveniristica che abita le start up potrebbe essere una giusta guida per ridisegnare il nostro futuro, in nome di un’innovazione che viene dal ‘basso’ e per sua natura pone al centro del suo sviluppo le idee, le persone e i talenti, per un vero e proprio umanesimo digitale.

 

 

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