Economia
Veneto Banca, case a Cortina e terreni in Puglia. Il tesoro dei banchieri

Le manovre degli ex vertici di Veneto Banca per occulatare i patrimoni aggredibili dall'azione di risarcimento da 2,2 miliardi chiesta per il risarcimento
Case a Cortina, garage, ville di lusso, proprietà a Roma, uffici a Padoa e Treviso e terreni in Puglia. Una lunga lista di beni che gli ex vertici di Veneto Banca, l'istituto di credito nordestino salvato dal crac grazie all'intervento del Fondo Atlante e di Banca Intesa sotto la regia del govervo e oggi in liquidazione, hanno sottratto al perimetro del futuro risarcimento per l'indennizzo di 2,2 miliardi di euro richiesto dall'ex amministratore delegato Fabrizio Viola contro gli amministratori passati che hanno portato l’istituto al dissesto. A partire dall'ex amministratore delegato Vincenzo Consoli.
Lo rivela il Corriere della Sera che spiega come dei 19 banchieri coinvolti nella gestione fallimentare di Veneto Banca, in 11 hanno reagito in modo simile a quello messo in atto dagli ex vertici dei cugini di Banca Popolare di Vicenza, cercando cioè di mettere i propri beni al riparo. Il meccanismo, spiega il quotidiano di via Solferino, è quello della creazione di fondi patrimoniali o delle compravendite-cessioni di immobili in famiglia.

Manovre che rischiano di risultare vincenti visto che in molti casi mancano pochi mesi alla scadenza dei cinque anni concessi dalla legge per rendere inattaccabile un fondo patrimoniale, di fronte a una richiesta di sequestro in sede civile legata a un’azione di responsabilità e Viola non ha ancora ancora chiesto i sequestri.
L’unico ad aver subito finora il blocco dei beni, spiega sempre il CorSera, è Consoli: i due provvedimenti notificati prevedono che si arrivi a indennizzi fino a 45,4 milioni di euro. Il provvedimento però non riguarda l’azione civile di responsabilità: è legato a un’inchiesta penale per aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza, partita su segnalazione della Banca d’Italia.
Alcuni casi di "occultamento"? Il primo è quello dell’ex presidente Flavio Trinca che il 19 dicembre 2013 ha vincolato in un fondo gli immobili che possiede a Montebelluna e Jesolo, lasciandone fuori uno di Roma. Un altro è quello del suo vice Franco Antiga che a maggio dello stesso anno ha venduto due appartamenti che aveva con la moglie e nel 2016 ha acceso un mutuo sull’abitazione a garanzia di un finanziamento da 250 mila euro.
Poi ci sono, sempre ad esempio delle confezionate ad hoc per mettere in sicurezza i patrimoni personali, altre azioni più aricolate come quella del consigliere Paolo Rossi Chauvenet che a fine 2013 ha posto "un vincolo di interesse storico e artistico" sugli appartamenti di cui era proprietario con la moglie e i figli. Due anni dopo ha effettuato una donazione alla prole degli stessi beni mantenendo la nuda proprietà e nel 2016 completa l’operazione di dismissione.